La risposta alla domanda diventa di cruciale importanza per comprendere chi ha voluto che le manifestazioni degenerassero in uno scontro violento tanto da portare all’intervento militare russo, ad una possibile secessione della Crimea, alla dura risposta da parte dei paesi NATO.
Russia Today ha immediatamente cavalcato l’onda dell’uccisione dei manifestanti colpiti da cecchini professionisti il 20 febbraio precisando che le uccisioni avevano le caratteristiche di un’operazione accuratamente pianificata ed erano accadute all’interno dello spazio di poche ore. Inoltre, le uccisioni erano coincise con le riunioni del presidente Viktor Yanukovich con una delegazione dell’UE. “Con amara ironia – si precisava nell’articolo – questi omicidi mirati sono stati usati come pretesto per rovesciare il governo e per emettere un mandato di arresto nei confronti di presidente Yanukovych”.
Seguivano le accuse agli Stati Uniti di aver sponsorizzato l’opposizione e che le vittime civili facevano parte di una strategia mirata ad accusare il presidente Yanukovich di “omicidio di massa”, fornendo in tal modo una giustificazione per un cambiamento di regime per motivi umanitari.
A confermare che i cecchini che avevano sparato contro i manifestanti e la polizia a Kiev sarebbero stati assunti dai leader Maidan, la conversazione telefonica intercettata tra il capo della politica estera dell’Unione europea Catherine Ashton e il ministro degli Esteri estone, Paet:
“Vi è ora la quasi certezza che dietro i cecchini, non era Yanukovich, ma era una persona dalla nuova coalizione”, aveva detto Paet durante la conversazione.
“Noi vogliamo indagare”, rispose la Ashton.
La chiamata aveva avuto luogo dopo che il ministro estone aveva visitato Kiev il 25 febbraio al culmine degli scontri tra i manifestanti pro-UE e forze di sicurezza nella capitale ucraina.
Paet ha anche ricordato durante la sua conversazione che manifestanti e poliziotti erano stati colpiti dagli stessi cecchini che sparavano su soggetti schierati su entrambi i fronti.
Il file della conversazione era stato caricato sul web da parte di funzionari del servizio di sicurezza dell’Ucraina (SBU) fedeli al deposto presidente Viktor Yanukovich che avevano violato i telefoni di Paet e della Ashton.
Che gli Stati Uniti potessero avere interesse a far sì che l’Ucraina si rendesse sempre più autonoma dalla Russia, non ci vuole molto a capirlo. Così come non è difficile credere al fatto che ci fossero a Kiev sniper che avevano il compito di sparare su manifestanti, poliziotti e occasionali passanti, per generare il caos con tutte le conseguenze che ne sarebbero derivate.
Ma siamo certi che a trarre vantaggio da queste azioni sarebbero stati gli americani, i quali certamente, così come i russi, erano intervenuti già molto prima che la crisi scoppiasse, al fine di garantirsi la collaborazione del governo ucraino?
Le più recenti indagini sui fatti del 18-20 febbraio, spostano l’attenzione dal governo del deposto presidente Viktor Yanukovich alla Russia di Vladimir Putin che ha veicolato la notizia secondo la quale i cecchini erano stati organizzati da leader dell’opposizione che cercavano di montare l’indignazione locale e internazionale contro il governo.
Lo stesso nuovo ministro della salute – un medico che ha contribuito a supervisionare le cure mediche prestate ai feriti durante le proteste – ha dichiarato all’Associated Press che la somiglianza delle ferite da proiettile subite dalle vittime dell’opposizione e dalla polizia indica che i cecchini stavano cercando di alimentare tensioni su entrambi i fronti per suscitare ancora maggiori violenze, con l’obiettivo di rovesciare Yanukovich.
Ma le indagini e le stesse affermazioni del ministro della Salute Oleh Musiy , portano oggi in una direzione diversa da quella degli Stati Uniti: “Penso che non era solo una parte del vecchio regime che (tracciata la provocazione), ma era anche il lavoro delle forze speciali russe che hanno servito e mantenuto l’ideologia del vecchio regime”, ha detto il ministro .
A negare responsabilità ucraine nell’uccisione di oltre cento persone, è anche il ministro dell’Interno Arsen Avakov:
“Posso dire solo una cosa: il fattore chiave in questa rivolta, che ha sparso il sangue a Kiev, era una terza forza. E questa forza non era ucraina”.
A riprova che i cecchini non potevano far parte del gruppo dei manifestanti, Il fatto che i bossoli dei proiettili sparati dagli sniper sono stati trovati sui tetti della Banca nazionale, dall’Hotel Ucraina e da una residenza ufficiale accanto al palazzo dell’amministrazione presidenziale ed era impossibile che cecchini assoldati dai manifestanti avessero potuto utilizzare in quel momento i tetti di quegli edifici ed in particolare quello di un edificio dell’amministrazione presidenziale.
In un commento pubblicato in tempi non sospetti, prima che ufficialmente la Crimea annunciasse il referendum per la secessione dall’Ucraina e per l’adesione alla Federazione Russa, avevamo già anticipato questi scenari, spiegando il perchè Putin avesse più di un valido motivo per giocare le carte di un’occupazione militare dell’Ucraina:
“La dissoluzione dell’Unione Sovietica ha comportato un arretramento dei confini della vasta area controllata da Mosca di circa 1.500 km. Questo ha portato alla perdita di posizioni strategiche che prima rientravano all’interno dei confini dell’URSS, seppur divise tra loro da semplici confini amministrativi.
In questo contesto va vista la Crimea e il porto di Sebastopoli concesso da Kiev ai russi che ne hanno fatto la base della loro flotta e che rappresenta l’unica via d’accesso diretta ad altri mari. Ovvio che Putin non voglia correre il rischio di vedersi tagliata fuori questa importante via che permette il controllo di mari altrimenti difficilmente raggiungibili.
Al presidente russo non rimane quindi che spingere in direzione di una secessione della penisola che porti la Crimea ad una annessione alla Federazione russa garantendo così il controllo di quell’area di particolare valenza strategica.
Resta tuttavia intatto il problema della mancanza di continuità territoriale con la Russia che di fatto, nel caso di uno stravolgimento degli equilibri politici interni all’Ucraina, metterebbe in discussione ogni certezza di controllo dell’importante base navale.
Da ciò il rischio che Putin possa pensare di invadere l’Ucraina”.
I fatti più recenti, purtroppo, hanno finito con il dare corpo ai nostri sospetti. Gli americani potranno forse essere accusati di aver influenzato la politica interna ucraina, di aver stanziato fondi neri per assicurarsi le simpatie del governo, esattamente come hanno fatto i russi, ma difficilmente si potrà ancora dar credito al fatto che gli sniper agissero per conto degli oppositori di Yanukovich o per conto dello stesso ex presidente ucraino, colpito in Russia da un provvidenziale infarto che potrebbe metterlo a tacere per sempre…
Gian J. Morici