La vicenda di Latorre e Girone i due Fucilieri della Marina Militare italiana da 22 mesi in ostaggio dell’India, rimane ancora avvolta da tanti misteri connessi alla gestione istituzionale dei fatti.
Dal rientro a Delhi dei due militari una coltre di silenzio è calata sul caso. Solo in questi giorni un improvviso accavallarsi quasi frenetico di notizie che lasciavano sperare che fosse stato deciso finalmente di informare gli italiani. Una speranza immediatamente disattesa dopo che è svanito il lampo accecante che per un attimo aveva distolto l’attenzione dai particolari oscuri di quanto avvenuto ed in itinere sotto il profilo gestionale. Elementi che, invece, se approfonditi potrebbero far emergere anche responsabilità oggettive di chi a suo tempo ha deciso di delegare all’India facoltà che palesemente non le appartengono.
I punti cardine dell’intera vicenda che portano ad affermare che siamo di fronte ad un altro mistero italiano sono almeno due. Il primo imperniato su chi abbia deciso che la Lexie rientrasse nelle acque territoriali indiane e disposto che i due Fucilieri di Marina si consegnassero agli indiani. Il secondo, forse più rilevante perché riferito ad obblighi costituzionali, basato sui motivi che il 21 marzo u.s. ha suggerito di estradare i militari per la terza volta in India, omettendo di richiedere un arbitrato internazionale.
Fatti incomprensibili che ancora oggi non vengono chiariti nonostante un repentino accavallarsi di informazioni che hanno rotto un silenzio che ormai durava da 7 mesi. Improvvisamente viene annunciato l’11 novembre che gli altri 4 Fucilieri di Marina componenti del NMP imbarcato sulla Lexie nel febbraio 2012 sono presso l’Ambasciata indiana, per essere interrogati dall’Agenzia investigativa indiana. Palese la soddisfazione del Commissario di Governo designato a seguire direttamente la vicenda, il dott. Staffan de Mistura, che con grande determinazione ci informa, pur non essendo stato presente all’interrogatorio come riferito da organi di stampa, che “è stata un’escussione dei quattro fucilieri che noi volevamo avvenisse perché sono testimoni della difesa e perché questo è l’ultimo tassello prima di chiudere le indagini suppletive. La posizione di Latorre e Girone è chiara ed è stata ancora più chiarita oggi”.
Non chiarisce, però, che l’interrogatorio di questi quattro militari più che un’esigenza difensiva è stato imposto da un diritto preteso dalla NIA indiana a seguito di un impegno italiano sottoscritto nel maggio 2012 (non è dato da sapere se dalla Difesa o dagli Esteri) e per una legge di procedura penale indiana la “Nation Investigation Agency, ACT, 2008”.
Abbagliante, quasi in contemporanea, la dichiarazione del Ministro Bonino, improvvisamente ufficializzata dopo mesi di silenzio e dopo che la stessa ci aveva detto solo il 7 novembre di preferire “la politica dei risultati a quella degli annunci. La riservatezza – ha detto quel giorno – non e’ segretezza e a volte aiuta”. Quali siano i motivi di questa inaspettata inversione di marcia è difficile comprenderlo. La Responsabile della Farnesina attraverso un’articolata intervista ci racconta quasi nel dettaglio come l’Italia abbia anticipato il dialogo con l’Iran per convincere Assad ad accettare i controlli delle Nazioni Unite sulle armi chimiche e si limita a dire sulla vicenda dei Marò, “L’India è pronta a chiudere l’incidente”.
Parole anche esse misteriose, che seguono le precedenti del Ministro quando ebbe a dire “non è accertata l’innocenza dei Marò” e che oggi ci ufficializzano che l’India è pronta a chiudere la vicenda, a fronte di un’Italia che ancora esita e continua a non pretendere il rispetto del Diritto Internazionale ed accetta che altri nostri militari siano interrogati ospitati nel territorio indiano quale è la Sede dell’Ambasciata a Roma. Un’Italia che di fatto condivide la decisione indiana di far giudicare i nostri Marò da una Corte Speciale, preoccupata di “rilanciare i nostri rapporti commerciali con l’India”.
Tutto ciò di fronte ad un altrettanto non chiaro impegno diplomatico italiano quando è stato deciso di delegare a rappresentare l’Italia al convegno ASEM (Asia – Europa) svolto in India, un Funzionario della Farnesina piuttosto che uno dei 4 Vice Ministri od almeno uno dei tanti Direttori Generali del MAE. Un incaricato con delega anche di parlare della vicenda dei Marò in un contesto internazionale dove il rango costituisce da sempre un elemento premiante ed al quale hanno partecipato 34 Ministri degli Esteri e di 11 Vice Ministri, rappresentanti il 60% della popolazione mondiale ed il 68% dell’interscambio economico globale.
In questo contesto, sicuramente non contribuisce a fare chiarezza l’invito del Commissario de Mistura in occasione dell’audizione del 13 novembre davanti alle Commissioni Esteri e Difesa riunite, a non fare un’analisi del passato e rispettare la “discrezione per risolvere la vicenda”.
L’enigma è destinato a crescere nel momento che lo stesso Commissario di Governo dice “ci siamo impelagati in un processo indiano perché sono scesi a terra”. Ma non ci chiarisce perché la Lexie rientrò a Kochi anche se lui potrebbe essere in grado di farlo essendo stato protagonista nella vicenda fin dal primo momento. Sicuramente tutto avvenne non per caso ma perché con ogni presumibile certezza lungo la catena di Comando e Controllo dei due Fucilieri di Marina, la Difesa aveva dato l’OK . Ricorda la “infelice discesa a terra” ma non chiarisce il motivo per cui sia avvenuta. Sicuramente non perché quel giorno Massimiliano e Salvatore decisero autonomamente di recarsi in visita a Koci senza dirlo a nessuno, piuttosto, in quanto qualcuno dispose che lo facessero.
Un punto nodale da dove tutto è partito e che ha dato l’opportunità agli indiani di affermare un falso diritto di competenza territoriale e quindi giuridica. Un momento decisionale sul quale dovrà essere fatta chiarezza come lo stesso Senatore Casini ha ribadito e che dovrà essere affrontato insieme ai motivi reali che hanno determinato il 21 marzo u.s. la decisione di consegnare per la terza volta i militari alle Autorità indiane. Una vera e propria estradizione, questo ultimo atto, in netto contrasto con quanto sancito dalla Suprema Corte Costituzionale con una sentenza (n. 223 del 27 giugno 1996) nella quale viene ribadito che la semplice garanzia formale della non applicazione della pena di morte è un atto insufficiente alla concessione dell’estradizione. Materia ulteriormente affrontata dalla stessa Corte che il 10 ottobre 2008 sentenzia che “ai fini della pronuncia favorevole all’estradizione , è richiesta documentata sussistenza e la valutazione di gravi indizi ……” elementi che non sembra siano stati tenuti in debito conto dall’Esecutivo del momento.
Molti i misteri che si dovranno chiarire, per ora un’unica certezza : Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sono stati svenduti per “trenta denari” .