Che gli appetiti della mafia sull’opera industriale ci fossero, era fin troppo logico. Fu dimostrato infatti con l’arresto del boss Gerlandino Messina, al quale vennero trovati quattro pizzini con indicati nomi di ditte interessate a grossi lavori pubblici come il raddoppio della statale 640, la Agrigento-Caltanissetta, e la realizzazione del rigassificatore di Porto Empedocle.
Il ritrovamento dei pizzini rese ancora più fosco ed inquietante l’affaire del rigassificatore. Ciò non mi meravigliò affatto, considerata l’ingerenza di “cosa nostra” negli affari milionari o miliardari che riguardano una delle più belle e maledette isole del Mediterraneo.
A certificare ancora una volta l’interesse mafioso verso i lavori, che riguardano la grande opera industriale, è l’apposizione dei sigilli all’area di conferimento del materiale necessario al compattamento del suolo e alla realizzazione della scogliera posta a protezione del rigassificatore effettuata dalla polizia su disposizione della Direzione distrettuale antimafia di Palermo.
Il provvedimento emesso dal tribunale di Palermo, su richiesta di tre magistrati della Dda Rita Fulantelli, Emanuele Ravaglioli e Geri Ferrara, è scaturito dalla presenza di un capocantiere esponente di una nota famiglia mafiosa di Porto Empedocle in una ditta subappaltante.
La vicenda ha portato all’iscrizione al registro degli indagati – secondo quanto riportato da altri organi stampa – di due funzionari di Nuove Energie gruppo Enel, con l’accusa di frode nelle pubbliche forniture e con l’aggravante di aver favorito la mafia.
Fin dall’inizio, la lunga e travagliata storia del rigassificatore empedoclino, è stata adombrata da aspetti a dir poco sconcertanti.
I lati oscuri si sono accumulati sin dal 2004, quando il progetto fu formalmente presentato da una società a responsabilità limitata, la Nuove Energie srl, di cui erano titolari al 90% il gruppo siderurgico bresciano Stabiumi ed al 10% la Gi Gas di Siderurgia Investimenti. L’Enel rilevò successivamente la quota Stabiumi, ma soltanto dopo che il progetto ottenne l’approvazione da parte della Regione.
Già all’epoca mi ponevo molte le domande:
“Perché l’Enel non ha presentato direttamente il progetto, visto che già si parlava di una sua acquisizione di Nuove Energie?”
“Che necessità aveva di mandare avanti una società dal capitale sociale irrisorio?”
“Perché la Regione aveva rilasciato le autorizzazioni a un’azienda che non solo non aveva nessuna esperienza sui rigassificatori ma non aveva neanche i soldi per realizzarlo?”
Tutte domande che mi valsero un processo, in primo luogo a causa di un articolo dal titolo “Gli appetiti della mafia e il segreto di Pulcinella”.
Processo del quale torneremo a parlare.
Che gli appetiti della mafia ci fossero, era quindi fin troppo evidente. Pare tuttavia che non fosse così chiaro a tutti visto che in molti tra politici, sindacalisti e rappresentanti di categoria, si trasformarono presto in paladini dell’impianto, tanto distratti da non vedere, o da non voler vedere, le numerose anomalie che caratterizzavano l’iter procedurale-autorizzativo dell’opera industriale.
L’atsmosfera che respiravo si appesantì ancora quando fondai il primo comitato “No rigassificatore’” e formalizzai la richiesta al Comune di Porto Empedocle affinchè venisse indetto un referendum.
Secondo lo statuto del Comune, affinché la richiesta di referendum venisse presa in considerazione da parte della Commissione di Garanzie Statutarie, era necessario raccogliere un certo numero di firme di cittadini residenti nel comune.
Il giorno dell’audizione da parte della Commissione di Garanzia, non si presentò quasi nessuno dei sottoscrittori della richiesta referendaria. Fatto che non mi meravigliò.
Cosa era accaduto? Non voglio e non posso mettere in relazione l’assenza dei firmatari dell’istanza con quanto abbiamo appreso a seguito dell’arresto di Messina, né con il recente sequestro del cantiere, ma appare quantomeno strano che persone che sostengono un’iniziativa del genere non si presentino al momento di far valere i propri diritti.
L’audizione si tenne lo stesso, grazie all’esistenza di deleghe fornite dagli “assenti”.
La Commissione respinse poi la richiesta.
Se ancora c’erano dubbi sull’aspetto scottante dell’affaire del rigassificatore, questi vennero fugati in due diverse circostanze e tanto più quando subii le minacce di morte più volte denunciate anche tramite organi di stampa.
Minacce di morte che furono riportate dalla stampa, come nel caso dell’articolo pubblicato su “Il Manifesto”, del giornalista Massimo Giannetti, o sul blog del giornalista Eric Valmir di Radio France che pubblicò lo stralcio di una mia intervista, mandata successivamente in onda dalla radio nazionale francese. Minacce che rientrarono poi in un’interrogazione parlamentare presentata nel 2010 a firma dell’onorevole Zamparutti Elisabetta avente come destinatari il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, il Ministero per i Beni e le Attivita’ Culturali ed Ministero dell’Interno.
Delle minacce ricevute, ebbi anche occasione di parlare anche con l’ex comandante della Capitaneria di Porto Empedocle. Una conversazione che registrai e feci ascoltare nel corso del Consiglio Provinciale del 2009 – quando il Consiglio deliberò contro la realizzazione del rigassificatore – chiedendo che la registrazione venisse inviata alla Direzione Investigativa Antimafia.
Alla mia vicenda personale si aggiungono le dichiarazioni dell’allora ex comandante della Capitaneria di Porto Empedocle, delle quali riporto uno stralcio:
“Io sul progetto non ho più niente da dire… il progetto è passato ormai al CTR per cui ora, ora lo scoglio del CTR che tra l’altro non lo ha passato per… io anzi le posso dire al CTR se lei vede, non so se ha accesso agli atti, ma il verbale che ho fatto io, cioè quando c’ero io nel gruppo di lavoro insieme all’ingegnere – omissis – all’ingegnere non mi ricordo dell’ARPA…più l’ingegnere – omissis – abbiamo messo, e io mi sono battuto, ventisette prescrizioni al CTR Palermo dove io mi sono rifiutato di andare perché ho detto: io già mi sono, per non alimentare polemiche, perché io ho detto io faccio parte di un gruppo di lavoro quello che dovevo dire l’ho detto a verbale: pigliativi u verbali e vu liggiti. Queste ventisette prescrizioni sono sparite… io non ho letto il verbale, ho letto sul giornale che è passata all’unanimità senza prescrizioni. Io le posso assicurare e gliele posso fare vedere, anzi gliele faccio vedere, che al verbale fatto a Porto Empedocle, al distaccamento Vigili del Fuoco, abbiamo messo ventisette prescrizioni. Dove sono finite queste prescrizioni io non lo voglio sapere. Sapendo che non avevo più niente da aggiungere e che mi sarei incazzato se quelle ventisette prescrizioni non passavano non ci sono andato… io non sono andato… alla cosa. Anche perché a quel comitato io non avevo avuto diritto di voto perché io sarei stato sentito come uditore perché avevo fatto il gruppo di lavoro…ma alla decisione finale non potevo votare.
A questo punto non potendo votare ho detto: ma che cazzo ci vado a fare! Scusate… per essere eventualmente complice di porcate..io complice di porcate non ci sono…le mie ventisette prescrizioni sono là… ce li ho in ufficio, se le vogliono mettere…le mettono”.
Non fu meno stupefacente la vicenda della mancata costituzione dinanzi al Tar-Lazio della Provincia Regionale di Agrigento a seguito della revoca del mandato all’avvocato Aiello, incaricato di presentare opposizione alla realizzazione dell’impianto da parte dell’allora Presidente provinciale, Eugenio D’Orsi, 48 ore prima dell’udienza.
Una vicenda che diede luogo ad un’interrogazione da parte del consigliere provinciale Orazio Guarraci, alla quale fecero seguito alcune sedute del Consiglio Provinciale dai toni piuttosto accesi e ben spiegata dallo stesso avvocato Giuseppe Aiello nel corso dell’intervista rilasciata in esclusiva al nostro giornale.
Il sequestro del cantiere, l’iscrizione al registro degli indagati di due funzionari di Nuove Energie Gruppo Enel, accusati di frode nelle pubbliche forniture con l’aggravante di aver favorito la mafia, vanno ad aggiungersi ai tanti lati oscuri che sotto tutti i profili hanno caratterizzato l’iter della realizzazione di questo discusso impianto e che continuano a caratterizzarne le opere ancora in atto.
Gian J. Morici