A causa della loro attività criminale, i cittadini della provincia di Taranto avevano subito un forte rincaro delle tariffe applicate dalle compagnie assicurative, ma gli agenti della locale sezione polizia stradale, al termine dell’operazione “Zeta”, hanno fatto luce sulle ripetute truffe messe in atto dall’organizzazione.
Sono state denunciate 115 persone con le accuse di associazione per delinquere finalizzata alla truffa ai danni delle maggiori compagnie assicurative italiane, falso materiale e ideologico, nonché fraudolento danneggiamento di beni assicurati.
L’indagine ha preso il via nel marzo 2009 quando la società assicurativa Zurich (da cui il nome dell’operazione) depose querela riguardo 34 sinistri in 9 mesi nei quali era coinvolta sempre la stessa auto.
Indagati alcuni pluripregiudicati per reati dello stesso genere, appartenenti a quattro nuclei familiari che ormai avevano fatto delle truffe la loro principale fonte di reddito.
Gli investigatori della stradale hanno accertato il pagamento di indennizzi per almeno 88 falsi incidenti avvenuti tra il 2008 e la metà del 2010, per un ammontare complessivo di oltre 400mila euro.
Fondamentali i riscontri ottenuti dalle intercettazioni telefoniche, grazie alle quali sono state ottenute le informazioni necessarie ad accertare l’attività dei truffatori.
L’organizzazione aveva collaboratori in diversi campi dell’infortunistica stradale.
In alcuni casi venivano utilizzati documenti falsi o falsificati, in modo da far risultare come proprietari dei mezzi, persone non risultanti già “sinistrate” e non destare quindi sospetti.
Indagati anche tre avvocati del foro di Taranto. Uno di questi risulta anche coinvolto in uno dei falsi incidenti, mentre gli altri due difendevano consapevolmente i soggetti coinvolti nei finti sinistri.
Spesso accadeva addirittura che gli stessi veicoli incidentati venissero utilizzati per più sinistri. A tal fine era determinante per il buon fine delle truffe, l’attività di sette periti assicurativi, che, in sede di perizia tecnica, attestavano la compatibilità dei danni riscontrati sui veicoli con la dinamica descritta nella denuncia, permettendo così la liquidazione di indennizzi per incidenti mai avvenuti.
Per eludere o limitare le attività di verifica e i controlli delle forze dell’ordine, gli indagati denunciavano quasi esclusivamente danni materiali, utilizzando la cosiddetta pratica del “parafango”.