Il PD prende tutto e il PdL ha dimostrato di non esserci quando Berlusconi non scende in campo candidandosi in prima persona. Giovani impalpabili e vecchie glorie a cui l’elettorato in queste amministrative ha voltato le spalle. Questa la fotografia che ben sintetizza la crisi di un PdL agonizzante. Il partito padronale per eccellenza che non ha più un sindaco in un capoluogo di regione – tra quelli in cui si è votato – e che in queste amministrative è stato umiliato da un PD che certamente non gode di ottima salute. Una tornata elettorale che si è caratterizzata per il forte astensionismo generato dal malcontento verso una classe politica percepita come autoreferenziale ed incapace di portare l’Italia fuori dalla crisi. E’ caduto Alemanno a Roma e Stancanelli a Catania, ma emblematica della debacle del PdL è stata la sconfitta di Brescia, dove Berlusconi si era reso partecipe di pesanti attacchi verso “certa magistratura” scendendo in piazza a sostegno del suo candidato sindaco. Inoltre, l’amara sconfitta di Claudio Scajola ad Imperia, proprio nella sua roccaforte elettorale.
Il PdL dimostra ancora una volta di vivere all’ombra del suo leader ed in questa “associazione” neppure l’ombra di un successore che possa subentrare al capo carismatico. Tutti sono consapevoli che il PdL è destinato ad implodere per l’incapacità dei propri dirigenti ad emanciparsi dal padre fondatore, ma, soprattutto, per la mancanza di un vero apparato di partito in senso strettamente politico, con una classe dirigente in grado di rinnovarsi traghettando il partito verso una nuova stagione che guardi oltre Berlusconi e il berlusconismo.
Adesso, sono in molti dall’interno del PdL a puntare il dito contro Angelino Alfano, scaricando sulle sue scelte le ragioni del fallimento elettorale della coalizione di centrodestra. Se da un lato Angelino Alfano è stato in grado di scalare in fretta i vertici del PDL e del governo accentrando nella sua persona le cariche di vice premier, ministro dell’Interno e segretario del partito, dall’altro lato gli viene rimproverata la mancanza di coraggio per non essere riuscito, da segretario del partito, ad imporsi come leader scalzando Berlusconi nel momento di massima difficoltà politica e personale. Evidentemente non è cosa semplice, probabilmente è, e sarà, impossibile prendere le redini di un partito di fatto proprietà di Silvio Berlusconi e Angelino Alfano abile a scalare i vertici del potere, ricoprendo incarichi e cariche politiche, di contro non sembra avere le caratteristiche di un leader carismatico. Il carisma del leader d’altronde non lo si acquista ricoprendo contemporaneamente così alte cariche sia di partito che di governo.
Il 17 a zero del centrosinistra, destinato quasi certamente ad aumentare con i prossimi ballottaggi siciliani, non rende giustizia dei problemi che attraversa il PD, il quale, nonostante il forte astensionismo cha ha caratterizzato queste amministrative, è riuscito ad imporsi sugli avversari grazie a una struttura di partito capillarmente organizzata e radicata sul territorio. Le larghe intese apparentemente sembrano non aver influito sul risultato finale di questa tornata elettorale. Apparentemente, poiché stavolta la disaffezione dell’elettorato verso la politica anziché convogliarsi verso l’antipolitica e la protesta anticasta, ossia verso il M5S, sembra essere sfociato nell’astensionismo. Di debacle, infatti, si può parlare anche per il M5S con un calo di consensi pauroso anche nella “roccaforte Sicilia”; il partito che alle ultime elezioni regionali siciliane aveva preso più voti in assoluto, in queste amministrative solo a Ragusa vede il proprio candidato al ballottaggio. Il deludente risultato elettorale, d’altro canto, non ha mancato di creare altri strappi interni al M5S. Il sen. Adele. Gambaro, dopo aver addebitato parte delle colpe della sconfitta elettorale a Grillo per i suoi toni violenti e gli attacchi contro quel Parlamento che non conoscerebbe perché “lui in Parlamento non è mai venuto”, è stata “dolcemente” invitata dal leader cinque stelle ad abbandonare il movimento: “Non vale niente, se ne vada”.
Se il PD non gode di ottima salute e il PdL Berlusconi dipendente è a rischio implosione, il M5S sicuramente non è messo meglio. Profetiche le parole del senatore penta stellato Bartolomeo Pepe, che dalle pagine del Messaggero ha dichiarato: “Siamo troppo Grillo dipendenti e Beppe, anche fisiologicamente, non può reggere, non dura un’altra legislatura. Ha quasi 65 anni. Lei lo vede a 70 nelle piazze che si incazza ancora. Dureremo una legislatura: siamo destinati ad autodistruggerci”.
Circa l’autodistruzione, il senatore Pepe può dormire sonni tranquilli, visto che in natura nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma.
Le amministrative restituiscono l’immagine dell’Italia quale un paese fragile, in declino e con un governo delle larghe intese troppo debole e incapace ad avviare le riforme necessarie ad imprimere un’inversione di tendenza alla crisi economica e sociale e al caos venutosi a generare dopo un ventennio di cattiva politica e malaffare.
Totò Castellana
In tutte le cose ci sono aspetti positivi…….Comune di Ravanusa, candidato consigliere comunale Giuseppe Arnone (proprio Lui Beppe…….) preferenze O (zero). Pensate che capirà che è ora di ritirarsi.Credo di no, continuerà e finirà in guai grossi perchè coloro che lo hanno usato adesso lo abbandoneranno.