Caso Marò: Il Generale Termentini scrive al Senatore Mario Monti

maròEgregio  Presidente, sono un modesto cittadino italiano che ha dedicato 40 anni della  propria vita allo Stato sacrificando anche una parte importante della propria  integrità fisica. L’’ho fatto vivendo ansie, pericoli e difficoltà insieme a  tanti altri cittadini italiani, giovani  militari coscritti che assolvevano i propri compiti consci  dell’’importanza del mandato ricevuto. Un periodo intenso durante il quale per  lunghi anni ho insegnato seppure non da una cattedra accademica, tecniche  fondamentali per eliminare il pericolo per le popolazioni costrette a vivere in  territori inquinati da materiale militare  ancora attivo, e rimasto sui  campi di battaglia. Momenti di intenso impegno insieme a quelli che mi hanno  visto interagire con realtà locali prive di tutto per costruire ospedali e  scuole ridando il sorriso di speranza alla gente.

 

Un impegno  spesso difficile che ho potuto sostenere in quanto supportato dai valori etici  fondamentali derivati dalle tradizioni, dalla cultura e dalla storia del nostro  Paese. Un dovere avulso da qualsiasi condizionamento nazionalistico, ma  affrontato unicamente come cittadino del mondo che ama  la propria Patria,  intesa come la terra dove riposano le spoglie di chi ci ha preceduto, su cui sventola la Bandiera Nazionale sintesi  dei valori e della memoria storica di qualsiasi Paese.

 

Per me lo  Stato ha, dunque, sempre rappresentato la massima ragion d’essere per cui un  uomo deve vivere e lavorare senza chiedere in cambio nulla come incarichi di  prestigio, posizioni di comodo o di esaltazione personale, ma dando tutto il  possibile per il futuro delle nuove generazioni.

 

Ora, dopo  aver appreso che il Governo  Italiano e quindi Lei Signor Presidente è tornato sui suoi passi ed ha  sconfessato le  decisioni prese in  precedenza di non far rientrare i due Fucilieri di Marina in India, mi sento  tradito dallo Stato Signor Presidente ed ho il dubbio che forse ho invano  regalato allo Stato una parte consistente della mia vita.

 

Un vero e  proprio ceffone dato al popolo che, stanco di condividere solo approcci  politici in cui sono dominanti i concetti di spread, risparmi economici e  sacrifici, auspicherebbe di rivedere rivalutati anche i valori nazionali in  considerazione che non è mai tramontato il vecchio detto cristiano “non si vive  di solo pane”.

 

 

Invece,  Signor Presidente, l’’Italia ancora  una volta ha perso quella credibilità internazionale che Lei aveva promesso di  voler riaffermare. L’’Esecutivo da Lei presieduto ha, prima, deciso di non rispettare gli impegni  presi con gli indiani per far rientrare i due Fucilieri al termine delle quattro  settimane di licenza proponendo al mondo un’’Italia quantomeno ambigua, per poi  mutare direzione rimangiandosi le decisioni prese.

 

L’’India  in questo giorni ha ricattato e  minacciato  l’Italia che, dopo un  modesto ruggito, ha di nuovo belato assecondando l’’estorsione e giustificando le  decisioni sulla base dei contenuti di una non meglio definita dichiarazione indiana  con la quale si assicurerebbe che l’’India non applicherebbe la pena di morte nei  confronti dei due Marò.

 

Assicurazioni, visti i  precedenti, sulla cui affidabilità credo nessuno possa giurare e che comunque  non giustificano un atto di “estradizione” di due cittadini compiuto ancora una  volta dall’’Italia verso un Paese che intende arbitrariamente giudicarli per  ipotesi di reato in cui è prevista la pena capitale.

 

Non sono un  Accademico, ma forse questa carenza è un vantaggio perché mi consente di poter  valutare con la schiettezza intellettuale che contraddistingue qualsiasi  “cittadino della strada”, avulso da  teoremi troppo spesso teorici e lontani dalla realtà. Mi permetto, quindi, di rappresentarle una perplessità che  sicuramente Lei sarà in grado di chiarire.

 

A  prescindere dall’affidabilità della controparte indiana non mi sembra che gli  articoli della Costituzione italiana che proibiscono all’’Italia di consegnare  persone  – cittadini o anche solo  semplici residenti sul territorio– con il rischio che sia applicata nei loro  confronti la pena di morte, prevedano deroghe di nessun genere, tantomeno  contenuti di circostanza sottoscritti dalla controparte.

 

Non  rispettare la Costituzione o interpretarla a sfavore del cittadino non è  condivisibile, Signor Presidente, e gli italiani sono stanchi di essere  beffeggiati. Su questo aspetto deve essere fatta chiarezza politica e giuridica  soprattutto a tutela futura delle decine di migliaia di italiani che in questo  momento stanno rischiando la propria vita lontani dai loro affetti famigliari,  con lo scopo di difendere la sicurezza e la stabilità internazionale e per  esportare i valori e l’affidabilità della nostra Nazione.

 

Costoro non  possono essere lasciati al loro destino da uno Stato che continua a dimostrare di non essere deciso e coerente.  Sono persone che credono in ideali e nello Stato e non numeri di bilancio  manovrabili con artifizi contabili per far quadrare una partita doppia,

 

Signor  Presidente gli italiani sono stanchi, molto stanchi e vogliono aver restituita  la sovranità loro assegnata dalla Costituzione.

 

Grazie per  l’’attenzione.

Cordiali saluti

Gen. Brig. (ris) dott. Fernando Termentini –

Vittima del Dovere per  servizio.

 

Roma 22  marzo

_______________________
Fernando Termentini
http://fernandotermentini.blogspot.it/
www.fernandotermentini.it
condividi su:

8 Responses to Caso Marò: Il Generale Termentini scrive al Senatore Mario Monti

Lascia un commento