29 Marzo 2024
Home Caso Marò: Il Generale Termentini scrive al Senatore Mario Monti

8 thoughts on “Caso Marò: Il Generale Termentini scrive al Senatore Mario Monti

  1. Proprio un Paese di Pulcinella ! Terzi rappresenta l’Italia all’Estero !
    Dopo averci messo nel ridicolo . . ( insieme alla Ministra Severino , alla Ministra Cancellieri, all’Ammiraglio Di Paola e al 1° Ministro Monti ) non solo non si dimette nessuno , non solo nessuno chiede le dimissioni dopo la figura di Merda Mondiale, ma adesso stanno pensando a dargli pure una bella medaglia e una ricca Pensione che gli spetta come contributo di Ministro ! Anche Napolitano come Capo della Difesa tace di un silenzio assordante !

  2. io penso che fosse ora di decidere se andare o non andare a fare le missioni decisi da questo stato che non ce ….. allora mi domando i nostri Generali dove sono …? sarebbe ora che si facciano avanti ,…perche noi per loro diamo anche la vita …grazie Comandante con la C maiuscola ……

  3. Le parole del generale suonano anzitutto umane. Già, poiché il primo moto di sdegno per quanto sta accadendo non deriva da ideologie o punti di vista, ma da una logica presa di coscienza del tentativo di questi mondialisti mercanti e senza-patria che stanno governando l’Occidente, di asfaltare le differenze fra popoli e civiltà, per creare un nuovo ordine mondiale low-cost tarato sulla parte del mondo oramai maggioritaria, che non siamo certo noi europei. Seneca, Cicerone, Guicciardini, Leoparti..pazienza se andranno sacrificati! Occorre genuflettersi alle ragioni della nuova demografia compratrice…

    Così, in questo stato di cose, forse, i militari cominciano a capire che non debbono più difendere la Patria solo per dovere d’istituto, ma soprattutto per difendere ciò che di essi stessi è in essa, ad iniziare dai propri figli.

  4. preparati Monti.se toccano i maro’ vengo a prenderti. …. e non sarò solo.
    Folgore’

  5. grazie al generale per la sua bella lettera al sig. monti, ma vorrei dire che al mio paese c’è un detto che dice: a lavare la testa all’asino, si perde tempo, acqua e sapone. e come diceva peppino de filippo a toto’, ho detto tutto.

  6. Gli indiani sanno con chi devono fare i cazzoni. Soli il governo italiano poteva fare quello che ha fatto. Guardate cosa è successo nel luglio del 2012 senza che la notizia abbia fatto clamore.

    http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-07-17/pescatori-indiani-caccia-guai-141015.shtml?uuid=AbNXvC9F

    Pescatori indiani a caccia di guai. Petroliera militare Usa spara a un
    peschereccio
    Mentre in Kerala si è aperto il processo contro i fucilieri di
    Marina italiani Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, i pescatori indiani
    sono protagonisti di un altro incidente verificatosi questa volta nelle acque
    del Golfo Persico ma molto simile a quello che il 15 febbraio scorso coinvolse
    la petroliera italiana Enrica Lexie.
    Ieri un peschereccio indiano lungo nove metri si è avvicinato al rifornitore di
    squadra della flotta statunitense Rappahannock ignorando i ripetuti avvertimenti
    a mantenersi a distanza di sicurezza segnalati a voce e con apparati luminosi.
    Di fatto esattamente quanto accaduto con la Lexie e, come in quel caso, i
    security team della Us Navy hanno aperto il fuoco non con le armi leggere
    calibro 5,56 millimetri utilizzate dai fucilieri Latorre e Girone ma con una
    mitragliatrice pesante Browning calibro 12,7. Un pescatore è stato ucciso e
    altri due sono rimasti feriti. Il peschereccio ha raggiunto il porto di Dubai
    dove le autorità degli Emirati Arabi uniti hanno aperto un’inchiesta che
    affianca quella della Marina statunitense.

    L’ambasciatrice statunitense a New Delhi, Nancy Powell, ha parlato
    telefonicamente con il segretario indiano agli Esteri Ranjan Mathan per porgere
    le sue condoglianze ed esprimere il rammarico per l’accaduto ma fonti militari
    americane hanno ribadito di aver fatto fuoco sul peschereccio dopo aver lanciato
    diversi avvertimenti in base alla procedura prevista in questi casi. Misure di
    sicurezza che nelle acque del Golfo non sono da mettere in relazione alla
    minaccia dei pirati ma al rischio di attacchi suicidi condotti dai barchini dei
    pasdaran iraniani che adottano la strategia dello “sciame navale” mobilitando un
    gran numero di piccole imbarcazioni all’apparenza civili e inoffensive contro le
    navi da guerra statunitensi.
    Una provocazione simile ma senza scontri a fuoco vide nel 2008 il
    cacciatorpediniere americano Hopper “circondato” da cinque barchini dei
    pasdaran. Resta il fatto che ai pescherecci indiani capitano spesso incidenti
    simili vicino o lontano dalle acque di casa. Eventi determinati spesso dal fatto
    che i comandanti non conoscono o comunque non rispettano le regole adottate a
    livello internazionale per garantire la sicurezza delle navi civili e militari.
    L’anno scorso a un convegno sulla sicurezza marittima tenutosi in Oman un
    ufficiale della guardia costiera indiana riconobbe che la sua organizzazione
    aveva non pochi problemi a far rispettare le regole di sicurezza della
    navigazione alle barche da pesca.
    Resta da vedere se l’india adotterà con Washington lo stesso metro di misura
    applicato con Roma chiedendo l’estradizione dei marinai della Rappahannock che
    hanno aperto il fuoco contro il peschereccio per processarli per omicidio,
    tentato omicidio e associazione a delinquere. La vicenda offre anche una lezione
    alle autorità italiane almeno sul fronte della comunicazione. Il Pentagono ha
    subito reso nota la dinamica dei fatti fornendo persino i dettagli sul calibro
    delle armi impiegate.
    Dopo l’incidente della Enrica Lexie il Governo italiano non solo non disse nulla
    ma invitò persino i media a mantenere un basso profilo sulla vicenda. Ancor oggi
    Roma non fornisce dettagli e soprattutto non argomenta la difesa di Latorre e
    Girone con l’applicazione delle procedure di sicurezza comuni a tutte le navi
    del mondo ma si limita a contestare presso la Corte Suprema di Nuova Delhi la
    giurisdizione indiana sull’accaduto. Nell’udienza di oggi il giudice di Kollam,
    PD Rajan, ha rifiutato la richiesta della difesa di tradurre in italiano il
    fascicolo con i capi di imputazione. Gli avvocati dei due militari, ha sostenuto
    il giudice, conoscono bene sia la lingua del Kerala, il malayalam, sia
    l’inglese. Il magistrato ha poi aggiornato l’udienza al 25 luglio.

  7. Sig. Generale Le sue parole hanno colpito il mio senso del dovere e di appartenenza a questa nazione, facendomi sentire un dolore rabbioso nel cuore. Anch’io come Lei ho dato i migliori anni della mia vita alla mia Patria senza mai lamentarmi. Ho operato in armi, per la pace, in paesi lontani e diversi da costumi, da religioni e da idee. Oggi mi sento tradito negli ideali da quegli uomini i quale per anni ho esposto a pericoli la mia vita. L’onore, l’orgoglio e i colori della nostra Bandiera è possibile che appartengono solo a pochi uomini mentre altri li usano solo per i loro squallidi fini.
    Spero di sbagliarmi.
    Sono solidale con Lei e con i nostri marò.

  8. Sig.Generale anche io ho servito la Patria per 40 anni e come me mio padre che ha fatto la guerra. Ormai è da anni che le istituzioni vengono lateralmente distrutte una ad una partendo originalmente da quella fondamentale che è stata LA FAMGLIA per proseguire demolendo tutto. Quale società abbiamo ora, basta guardarci intorno o ascoltare un telegionale per capire quanto siamo caduti in basso. Io in questo mondo no mi ci trovo più.Cordiali saluti

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