Sovente le fortune di un territorio coincidono con quelle di chi lo rappresenta nelle istituzioni, ne appaga le esigenze, ne promuove lo sviluppo economico, ne preserva il futuro. E’ il caso positivo dei tanti siti del nostro Paese che hanno fruito dell’opera di amministratori e legislatori corretti ed “illuminati”. Frutto di attaccamento alla propria terra e di una responsabilità morale che onora il mandato popolare.
Non è il caso del Mezzogiorno – anche se non è più quello del dopoguerra – che faceva dire ad Alcide De Gasperi a chi lo abitava: “Imparate una lingua e andatevene”. E’un Sud cresciuto, ma troppo male e non come sarebbe stato giusto. Ne sono responsabili soprattutto i governi che si sono succeduti nel tempo ed una deputazione meridionale adusa alle cure del proprio “particulare” ed avulsa dagli interessi dei meridionali. Eppure lo sanno tutti, anche i leghisti, che la questione meridionale è questione nazionale.
La provincia di Agrigento non sfugge al coinvolgimento di un meridione boicottato ed oltraggiato. Ma ne risulta maggiormente penalizzata anche perché fa parte di una regione in cui la politica ha fatto di tutto e di più, ma nulla (o quasi) per lo sviluppo socio-economico delle sue province.
Ecco quanto ha affermato Battiato, assessore al turismo della giunta Crocetta, qualche giorno fa:“Non c’è un solo euro, hanno rubato tutto”.
I parlamentari agrigentini (i più), regionali e nazionali, sovente si sono preoccupati solo di contendersi il potere e le clientele che portano consenso; e si sono pure illusi di potere vivere di rendita (rielezione) per i favori elargiti in passato. Non hanno avuto cura del nostro territorio, delle sinergie (tra partiti) che potevano giovare al suo sviluppo, della possibilità di sfruttarne il clima, il paesaggio, i Templi, la cultura. Oggi, con la crisi che ha prodotto otto milioni di poveri nel nostro Paese, con lo smottamento del ceto medio verso la povertà, col disastro della disoccupazione, con una pressione fiscale tra le più dure al mondo, anche il disinteresse dei nostri rappresentanti ha accentuato la regressione dello stato sociale e produttivo (già precario) della nostra provincia emarginata.
Le consultazioni elettorali dovrebbero di volta in volta fare giustizia su chi ha rinunciato ad onorare correttamente il mandato degli elettori, ma spesso ciò non avviene. E la storia potrebbe con le elezioni politiche di fine Febbraio.
In questi giorni, più che mai, va soppesato il consenso da accordare alle diverse offerte politiche, considerato che il 23 per cento dei siciliani non ha ancora deciso a chi dare il voto. Agli elettori della nostra provincia, in merito ai parlamentari che conosciamo da tempo e si ripresentano a nuove consultazioni, vorremo chiedere: non considerando i periodi elettorali, quante volte li avete visti durante una legislatura? Finita la campagna elettorale li rivedremo? Nella nostra provincia, in cinque anni, cosa è cambiato con la loro elezione? Quanto è cresciuta l’occupazione? Quanto è cresciuta la nostra economia? Quali iniziative hanno intrapreso per favorire gli investimenti? Che fine ha fatto il progetto aeroporto frutto di intese di illustri conosciuti? Cosa è stato fatto per Agrigento per far risalire la graduatoria di quel turismo culturale (ora tanto in voga) che come provincia, nonostante la “Valle dei Templi”, ci vede penultimi in Italia?
E’ giunto il momento di mettere da parte paure e ideologie, guardare alla realtà ed ai contenuti. La provincia di Agrigento non può sempre rinunciare a qualsiasi dinamismo. Il passato non va dimenticato, ma va accantonato.
Rogero Fiorentino