“L’agricoltura siciliana sta morendo anche per via delle politiche scellerate che hanno privilegiato la produttività a scapito dell’agricoltura tradizionale che svolge da sempre un ruolo insostituibile per il territorio. Per questo occorre difendere questa agricoltura sostenendo economicamente gli agricoltori a non abbandonare il territorio, se necessario con delle deroghe comunitarie”.
La candidata alle elezioni regionali Mariagrazia Brandara interviene così nel dibattito sul futuro del primo settore nel nostro territorio.
“Per me rimane un punto di riferimento il monito lanciato dal presidente della Repubblica Napolitano, quando afferma che ad oggi spendiamo fondi per riparare i danni prodotti da disastri che potevamo prevenire e che, purtroppo, costituiscono un pericolo crescente per via di un cambiamento climatico che provoca fenomeni sempre più violenti e sempre più frequenti come le alluvioni e le frane. L’abbandono dei nostri territori dovuto ad un arretramento dei terreni agricoli e una scomparsa di determinati tipi di coltivazioni ha fatto venire meno il presidio del territorio svolto dagli agricoltori. Per questo – prosegue – credo sia essenziale alzare la voce nei confronti delle agricolture padane e tedesche delle quote latte – le cui multe vengono pagate da tutti gli italiani, siciliani compresi – mentre i nostri contadini abbandonano le campagne perché la carenza di servizi, di collegamenti e l’incontrollato dilagare della speculazione rendono impossibile investire. Occorre ripartire da una seria politica agricola per le aree interne per creare ricchezza e nuovi posti di lavoro, pensando alla produzione di alta qualità e non alle coltivazioni intensive. Il tutto affiancando ad una programmazione mirata, che non preveda finanziamenti a pioggia che alla fine agevolano solo gli sciacalli, anche un reale impiego dei dipendenti di enti come Esa e Consorzio di bonifica che in questi anni sono stati via via svuotati dalle proprie competenze e resi sempre più “riserva indiana” da parte dei politici di turno, che attraverso il cappio del precariato hanno strangolato cittadini per ottenere voti. Dobbiamo riportare l’agricoltura nelle nostre campagne, altrimenti finiremo col vedere, al posto dei alberi dalle foglie verdi, solamente pale per la produzione di energia eolica – seppur necessarie-”.
Capita a tutti che nello sviluppare un pensiero, si aggiunga un aggettivo o un riferimento che forse era meglio evitare.
Mi riferisco al temine “agricolture .. padane delle quote latte” della proposta della candidata Brandara di rinforzare e rilanciare l’agricoltura siciliana.
Io condivido in toto il concetto espresso dalla candidata Brandara, ma senza istanza di vendette fratricide.
Gli agricoltori padani non hanno nulla di diverso dai nostri agricoltori: la fatica è uguale ovunque.
Quello che possiamo dire oggi delle quote latte padane, ci è stato detto ieri dai padani per tante e tante altre cose.
Io sono orgoglioso di come i siciliani hanno da sempre risposto alle accuse padane di “essere italiani di serie B” o peggio di non essere neanche italiani. Alzando le spalle, sorridendo e continuando nella nostra idea (condivisa da molti altri) che l’Italia è una e una sola.
Per la verità, nella politiche agricole padre-padrone è stata la Francia che ha difeso fino all’ultimo sangue la produzione agricola nazionale.
In un mercato comune, solo la forza che deriva dall’essere rappresentati da un governo autorevole è l’unica carta che si può giocare. Così è stato per la Francia e Germania, meno per l’Italia.
Uno dei meriti che devono essere riconosciuti al Governo Monti (e sono davvero pochi) è quello di aver ripristinato i “giusti pesi” all’interno del Unione Europea. Di aver ricordato a tutti che l’Italia è uno dei paesi fondatori della Comunità Europea e che solo la solidarietà tra Stati ci può salvare dalla crisi.
O forse dovrò comprare il Kilt?
Alfonso Albano