Minchia cavùru, ci si cuoce..
A Palermo oggi se ammazzano qualcuno e tocca a me andare giuro che ne faccio una questione di confine. Mi appellerò a ogni cavillo per ammollare il morto, o qualsiasi altro reato al commissario confinante. Sudo pure a roteare gli occhi.
Guardali, tutti che vanno in macchina a godersi il mare e io a guardare dalla mia finestra. Ecco la disgrazia di un Commissariato con vista sulla strada che porta al mare e da cui vedo il mare stesso; tutti accalcati e che fanno vucciria. Lo dico io che i veri palermitani sono quelli che il mare lo amano d’inverno.
-Ho detto che voglio parlare con il Commissario Maltese, mi conosce, non voglio fare la denuncia con lei! –
questa voce la conosco, il Signor Lanza.
Viene a fare la spesa al supermercato vicino al commissariato, intanto approfitta che se mi becca mi informa su tutti i “movimenti strani”, poi mi chiede come stanno i miei cari fino alla settima generazione.
Io vorrei solo chiudere questa giornata senza conflitti e problemi. Sono riuscito a sfuggire a mia moglie e alle sue paturnie psicologiche. Da quando va da una consulente matrimoniale è una aggressione continua. Stamattina mi ha chiesto di prendermi le ferie.
-Perchè?- ho chiesto io bieddu sciacquatunazzu e duci, che sarebbe con atteggiamento abbastanza sognatore e speranzoso.
-Perchè la psicologa dice che attraversiamo un periodo di lontananza emotiva-
-Chi aviemu? Che cosa è? È grave?- ho chiesto sperando davvero fosse un virus, ma conoscendo esattamente sintomi e costi della cura.
-Smettila di fare lo spiritoso, io e te non parliamo più, sei sempre lontano, a casa non ci sei mai, la psicologa dice..-
-Facciamo così- l’ho interrotta – tu fai venire la psicologa a combattere la criminalità organizzata allo stesso prezzo con cui ti dice queste minchiate e io sarò più libero-
-Federico, tu non ascolti nessuno, non parli davvero con nessuno, sai perchè? Perchè per te la tua vita è più importante di qualsiasi altra, la tua famiglia è bene accetta solo se vive alle tue condizioni, io e tua figlia siamo ornamenti, adesso devi capire le difficoltà che ho io se vuoi davvero stare con me.-
Devo capire, questo mi ha detto. E capire consiste in quello che la psicologa chiama “ empatia”. Questa nuova moda di compenetrarsi nel modo di pensare dell’altro. Per capire devi vivere le emozioni altrui.
-A me questa empatia mi fa antiempatia.. –
ho detto ridendo come un merluzzo che è scampato alla Findus. Ma Daniela non rideva, mentre chiudevo la porta sentivo l’aria greve di chi sa che prima o poi il discorso si riaffronterà. Stavo per tornare a casa a pranzo. Insomma il Signor Lanza è una salvezza.
-trasissi, entri, ringrazi il cielo che in questo momento preferisco lei a una botta rì cavuru e a una cazziata ri mè mugghieri, Furlan!-
-Dica Commissario!-
-Non ci sono per nessuno, specie per le persone care-
-Vuole dire “tranne”..-
-Furlan, se volevo dire tranne lo dicevo, mi pare che tra dialetti siamo a Padania e Terronia, ma in italiano un punto in comune dovremmo averlo-
-Va bene commissario scusi non avevo capito la sua ilarità da tubero-
È chiudendo la porta che constatavo il colpo di genio di Furlan, involontario, l’ilarità da tubero. Ovvero lo spirito di patata.
-S’accomodi, a che devo il piacere?-
-Tutto bene Federico? La moglie, la bimba?-
– tutto bene, come mai da queste parti?-
– ho ricevuto questa e mi sono agitato –
– cosa questa?-
– questa lettera –
-cos’è?, una caccia al tesoro? Ora io mi metto a girare il commissariato e lei mi dice “acqua, acqua, fuoco, focherello, incendio?”-
– scusa Federico, perdonami, ma sono abbastanza congestionato –
Tira fuori dalla tasca di dietro dei pantaloni una lettera. È bello sapete, leggere qualcosa, ma ancora più bello è farlo dopo che la missiva che vi vogliono far consultare è stata a macerare in prossimità di una chiappa sudata.
Afferro il reperto umido, lo leggo.
Nella vita ci vogliono palle, cuore, fegato e cervello
– sembra uno che ha le idee chiare, io che posso fare per questo esperto di corpo umano? –
– Federico questa è una minaccia-
– non lo so, mi sembra una spiritosaggine, lei ha nemici?-
– non credo, non ho mai fatto qualcosa che potesse crearmene-
-mi sembra che lei sia in grado di capire se è uno scherzo –
-e questo non mi sembra il caso Federico-
– lei dice?-
-Federico, ho paura –
– non posso darle una scorta per quello che è scritto qui, faccia la denuncia, poi vediamo –
– posso tornare se penso che sono in pericolo?-
– certamente signor Lanza, ma vedrà che tutto è finito qui-
Lo vedo andare via più ingobbito di quando è arrivato. Certo è strano che un omino assolutamente tranquillo, sposato, vedovo e senza figli, che ha un lavoro anonimo si trova a ricevere una lettera così.
Avranno sbagliato.
Di sicuro è talmente enigmatico il contenuto della lettera che chi l’ha scritta minimo vuole fare il bis. Staremo a vedere.
– Furlan io vado a casa! –
– commissario ha appena chiamato sua moglie-
– che vuole? –
-ha detto se si ricordava che un’ora fa doveva andare a prendere la bambina dall’amichetta –
– e perchè non me l’hai passata??-
– si ricorda il “tranne per le persone care?”-
-Furlan forse non hai capito che in Italia per fare carriera non è questa la risposta da dare-
– ah no? E qual’è?-
– “ha ragione, colpa mia” –
– ok come preferisce commissario, ha ragione è colpa sua-
Lo ammetto, più lo conosco e più mi piace.
-comunque volevo dirle che ho provveduto io-
– in che senso? Hai detto a mia moglie che sono andato a prendere le sigarette così posso fuggire piuttosto che affrontarla?-
– no sono uscito, ho preso Chiara e sono andato da sua moglie a consegnarla-
Ora, la cosa detta da, che so, il Gobbo di notre-dame, mi sarebbe scivolata come acqua sul marmo, detta da Furlan, alto più di me, biondo come io non sono, alto come io non sarò mai, bello come io modestamente riesco a essere ma avendo quindici anni in più e solo se mi restauro come dio comanda, mi fa un certo effetto.
– ah, e come l’hai trovata? –
– ma chi? – chiede il fedifrago come se non sapessi che adulterio si è consumato, io già li vedo, mia moglie che apre in vestaglia nera e lingerie, lo invita a entrare, ah no c’è la bambina, allora in tailleur castigato ma che si capisce che lo porta a fatica, con la camicetta, troppi film, devo rispondere alla domanda.
– mia moglie-
– era arrabbiata con lei-
-con lei, lei stessa?-
– con lei commissario Maltese, di conseguenza con me che la rappresentavo-
– ha fatto bene, non si fanno queste uscite geniali, Furlan! Che minchia! Stai al tuo posto!-
– mi ha detto che quando tornate dovete parlare, io ho detto che era impegnato in una indagine delicata-
– lei che ha detto?-
– che conoscendo quanto sono serio io mi credeva-
– va bè che poi è vero eh? Ho questa cosa del signor Lanza che non mi lascia in pace, ha ricevuto una lettera..-
– l’ho vista anche io , se devo essere sincero non è da sottovalutare, lei lo ha fatto, Lanza è andato via scocciato-
– lo immagino, capisco anche che tu mi stai guardando con sguardo accusatore-
– commissario io non la giudico, capisco che uscire di casa vedendosi costretti a riflettere su tante cose non è facile-
– ah lo capisci? Allora bravo, ora capisci pure che mi devi fare compagnia per pranzo, io a casa non ci torno-
-commissario però non è fuggendo che.-
– Furlan evitami le tue perle di saggezza, pur essendo di forma sferica saprei dove infilartele, le perle, e farti male –
Non è servito. La sera mia moglie mi ha investito di tutte le mie mancanze, ho mancato pure dove pensavo di avere.
Non so se ha ragione, stamattina mi sono svegliato con un cerchio alla testa, con un biglietto in cucina.
Tuo padre mi diceva sempre che sei testardo, lo sono anche io, non mi porti a fare una cosa che non voglio fare, se non mi viene naturale.
Io credo che noi due abbiamo molto, ma non capisco dove lo abbiamo nascosto. Ho passato anni a provare a curare le tue ferite e le tue paturnie.
Ero una donna felice di essere sola, voglio essere felice di essere tua moglie, come lo sono di essere madre. Non hai diritto di togliermi con la tua assenza la voglia di essere la tua donna.
Ti lascio solo, vado a casa di Ivana per un po’, so che valuterai per il meglio se la nostra storia deve continuare, ma non posso farla andare avanti da sola.
Ps ti prego di ricordarti cosa mi dicevi i primi tempi che stavamo insieme. Fino a che non ti ricorderai non chiamarmi. Se vuoi parlare con tua figlia mandami un messaggio e poi chiama, te la passo.
Come se fosse facile. Non mi ricordo nemmeno quello che ho detto ieri sera.
Se non altro al commissariato mi aspetta una giornata tranqui..
– le ho detto che è una questione delicata!, lo sapevo che non sarebbe finita così-
Il signor Lanza.
È alterato, io pure, si prepara una gara a chi è più veloce al torneo del vaffanculo.
Calmacalmacalma.
– signor Lanza, che succede?-
– guarda Federico..è arrivata la seconda lettera, vedi che non è uno sbaglio, è proprio con me che ce l’ha!!-
Alle palle ti hanno già sparato..purtroppo
Questo mi preoccupa davvero.
Non è più uno scherzo, qualcuno lo vuole terrorizzare. Per enigmi.
– ma anche questo è poco chiaro-
-no questo non lo è Federico-
-lei sa che cosa significa?-
-purtroppo si-
-e ancora tempo ci perde a dirmelo?-
-qualche anno fa, stavo stendendo il filo spinato nella mia casa di campagna, a un certo punto ho sentito una fitta, diciamo alla coscia –
– e diciamolo, anche se le cosce di quel genere io me le rompo spesso –
– ho guardato in giù e ho visto del sangue che mi colava, poi un dolore –
– e che è successo? –
– mi hanno sparato –
– minchia! –
– no, non minchia, lì vicino –
Il signor Lanza non scherzava, ma a me viene da ridere. Non trovatevi mai nella situazione di non poter ridere e vorreste farlo, è atroce.
– e quindi? –
– e quindi sono finito all’ospedale, beccandomi pure una denuncia per reticenza dal giudice che indagava perchè non volevo dire chi è stato –
– e perchè non voleva dirlo? –
– perchè non lo sapevo…-
– va bene e poi? –
– poi le indagini hanno chiarito tutto-
– che hanno chiarito?-
-che è stato un incidente-
– e come lo hanno chiarito?-
– il proprietario del fondo vicino al mio è andato alla polizia anni dopo-
– ha sparato lui?-
-no suo cognato-
-e l’hanno arrestato?-
-è morto-
-e quindi?-
– ha confessato prima di morire, si era trattato di un incidente-
-un incidente di caccia?-
– per fortuna no, ha sparato da lontanissimo, con una pistola, per centrare un barattolo, ha mancato il colpo e dopo una lunga corsa ha centrato la ehm..coscia, ha confessato tutto in punto di morte, faceva il carabiniere e aveva sparato con la pistola d’ordinanza e completamente ubriaco-
– e adesso? La pallottola?-
– sta ancora dentro-
-non l’hanno estratta?-
-no, troppo pericoloso, hanno detto che è meglio lasciarla dentro, altrimenti rischio di farmi male a qualche tendine –
– minchia..come Gino Paoli –
– eh, solo che lui ce l’ha conficcata al cuore –
Sorride, sono riuscito per un breve attimo a farlo distrarre, ma la cosa è seria, chi si diverte a mandare queste lettere anonime è a conoscenza di un particolare della sua vita.
– signor Lanza, ma lei è proprio sicuro che non ha fatto mai male a nessuno?-
– alle volte figlio mio si può far male per tanti motivi e senza accorgersi. Magari non ho rispettato uno stop, non ho fatto posteggiare uno –
– Signor Lanza, con tutto il rispetto, allora Palermo sarà piena di persone che scrivono lettere anonime, metà città fa lo scrivano fiorentino e l’altra metà riceve posta , a proposito ma com’è che lei riceve con questa rapidità le lettere? –
– sono messe nella buca, non sono affrancate, Federico e adesso?, io c’ho paura –
– Signor Lanza, non si agiti, intanto dirò a qualcuno dei miei di farsi un giro dalle sue parti più spesso per controlli. Poi finchè minacciano..quello che non comprendo è lo scopo della minaccia, non sembra che le vogliano fare del male, almeno per ora, sembra che la vogliano solo terrorizzare. Se avessero avuto intenzione davvero di farle qualcosa non avrebbero certo scritto il preavviso. Avrebbero agito e basta. Quindi dobbiamo armarci di pazienza e aspettare. Questo novello mago di Oz, che parla di cuori e palle e fegato, prima o poi chiarirà le sue intenzioni. Tanto tempo fa un giudice che faceva seriamente il suo lavoro parlava con un altro giudice più giovane delle minacce. Il giudice più giovane si lamentava che lo minacciavano di morte e quello vecchio gli disse che finchè era così stava a posto, a lui non lo minacciavano più, significava che era un morto deambulante.
– come è andata a finire Federico? –
– è andata a finire..bene signor Lanza, tutti e due hanno portato a termine il proprio lavoro e hanno arrestato e fatto condannare chi li minacciava, resista signor Lanza, vedrà che troveremo lo spiritoso che la tormenta, secondo me è una cosa fatta pì cugghiuniari, per scherzare. Vada tranquillo.
Mannaggia a me.
Guardo dalla finestra, penso che a raccontare minchiate ci vuole talento. Non è vero che è finita bene. I due giudici furono uccisi, prima il più vecchio, poi il più giovane. Entrambi non venivano più minacciati.
Io ho talento a raccontarle. Ma ho più talento a illudermi che gli altri credano alla realtà che gli fornisco. Il mio amico pm Luca Carri è tra i primi che mi dice sempre di non tirare troppo la corda con Daniela.
Squilla il telefonino, è Ivana. L’amica di Daniela.
– ciao Federico, che fai?-
– sto per andare a pranzare, Daniela come sta?-
– non bene, ma manco avvilita, mi sembra liberata, come se avesse preso la decisione giusta, tu come stai?-
– come uno sbattuto in mezzo agli indovinelli –
– te ne hanno proposti tanti?-
– no solo due, solo che con uno mi gioco il matrimonio, con l’altro le coronarie di un signore a cui mandano lettere anonime-
– Federico, io so cosa ti ha scritto Daniela, dovresti solo ricordarti come la chiamavi all’inizio –
-facilissimo, per uno che manco si ricorda se ha appena ruttato due minuti fa-
– sempre poetico, allora fai così, se ruttare ti viene naturale speriamo ti venga anche chiamare tua moglie come la chiamavi all’inizio –
– mi hai chiamato per scambiare due parole con me sulle mie attività digestive?-
– no volevo dirti che porto Daniela e Chiara al villino al mare, se ti torna in mente quello che deve, siamo lì-
– grazie dell’informazione, potete divertirvi tranquille, non verrete disturbate –
– Federico tu hai presente tua moglie quando si mette quel vestito a fiori? –
Oddio..una botta al basso ventre, cioè no, più giù, diciamo in prossimità del posto in cui il Signor Lanza ha ospite una pallottola.
Deglutisco.
– si perchè? –
– è bella?-
– ma che minchia di domande mi fai?-
– bene allora fatti venire in mente quello che devi, anche al cervello visto che con un’altra parte del corpo sembri ancora gradire Daniela , ah ti volevo dire, stasera andiamo al circolo velico vicino casa e lei indosserà quello –
Stronza, tre volte stronza.
Ma tu guarda se era questo il modo di farmi venire la gelosia. E poi figurati se Daniela guarderebbe altri uomini, lei mi ama. Mi ama? E io?
Certo è troppo che attribuisco una parte al prossimo. Forse è vero che la mattina già mi sveglio con l’idea che ognuno abbia un ruolo e che da quello non debba uscire.
E nessuno ha voglia di interpretare qualcosa scritto da altri. Specie se gli tocca stare ai margini della recita.
Io non riesco a dare al tempo che passa la giusta durezza. Non lo giudico impietoso. Per dirla come il mio amico Luca Carri, Procuratore al tribunale, io non ho coscienza nè del reato commesso, nè della pena che mi hanno dato, nè dell’appello in cui non vinco. Poi l’ultimo giorno di Cassazione, voglio recuperare tutto.
Luca, amici, compagni di squadra da una vita, vicini e soli. Lui per scelta, io..pure.
Scelgo, scelgo di allontanare, scelgo la battuta quando qualcuno si aspetta una carezza, scelgo il lavoro anche quando il lavoro mi dice “ma chi ti ha chiesto niente, stattene a casa”.
Scelgo. Con le donne non scegli proprio un cazzo. Credi di scegliere. Me lo diceva mio padre. Santa verità.
Quello che però mi sembra strano è pensare a mia moglie che va a una festa di “persone trendy”. Quando ci siamo conosciuti era più scanazzata, più maschiaccio di quartiere malfamato di me.
Non ce la vedo. È molto femminile, in tante cose, ma è una leonessa monogama e fiera delle sue origini. E le sue origini sono il quartiere Zisa. Come le mie.
Intanto mi trovo intrappolato tra gli enigmi.
Il signor Lanza ha un nemico personale, ma potrebbe essere anche un cretino che ha voglia di scherzare.
Io ho come nemico il non capire che cosa davvero sia quella stretta al basso ventre. Potrebbe essere sinergica. Possesso, amore e mutilazione.
Ma potrebbe anche essere fame. Vado a pranzo.
Io e mio padre stiamo viaggiando insieme in un posto tristissimo, squallido, indefinito, pieno di sofferenze, in mezzo a una terra desolata e buia. A un certo punto dopo aver passato una galleria abbandonata e sporca, piena di barboni e gatti neri, ecco la luce. Dietro una montagna di immondizia.
Alla base di quella montagna le sabbie mobili.
In altro, oltre, un paradiso di calore e luce. Alla fine di quel percorso io sto affondando, nelle sabbie, lui invece è sopra la montagna, pronto a attraversare dall’altro lato.
Gli tendo la mano, senza parlare gli chiedo aiuto.
Lui che per tutto il viaggio non ha detto una parola mi dice: “eh no, fino a qui ti ci ho portato, ma adesso te la cavi da solo”.
Mi sveglio sudato, tanto sudato che sembra che mi sia davvero buttato in una vasca piena d’acqua. Quando ho sognato mio padre l’ultima volta fu il giorno dopo che morì.
Spirò tra le mie braccia. Un giorno di novembre.
Un giorno a cui non vorrei andare incontro, questo. A metà tra infantilismo e depressione. Vado al lavoro. Mio padre mi abbandona in sogno, mia moglie nella realtà. Speriamo che oggi anche il Signor Lanza mi dica addio, almeno una buona notizia. Ho bisogno di un caffè. Quando penso al caffè è una vita che se voglio parlarci sopra a quella tazzina chiamo Luca. A quest’ora non sarà ancora in tribunale.
Sto passando accanto casa sua con la macchina. Cerco il nome sul citofono eccolo “Dr. Carri”
-chi è? –
– Luca sono io-
– non ti basta il rompimento di minchia a orari sopportabili, ora pure a quelli proibiti ti fai sentire-
– apri, offrimi il caffè-
– agli ordini-
Luca vive da solo, non riesce a trovare una donna che sopporti il suo ritmo di vita, perennemente su faldoni e appresso a procedimenti. A volte ho il sospetto che se va in ferie lui il palazzo di giustizia espone il cartello con l’ombrellone e la palma: “chiuso per ferie”.
Correggo: appena rientrato comprendo che Luca vive da solo, ma stanotte non lo era. Devo dire che era in ottima compagnia.
– Stefania, questo è il mio amico di cui ti parlavo, Federico, Federico lei è Stefania-
Gnocca appena alzata dal letto, andrebbe detto di curriculum. Mio padre una delle cose che mi diceva sempre era: il metodo infallibile per capire se una donna è bona è la mattina dopo, susuta rù liettu. Appena sveglia.
Il teorema Giovanni Maltese, mio padre, è applicato con tutti i suoi postulati in questo caso.
– Stefania è una mia nuova collega d’ufficio, eravamo compagni di università –
– siamo stati anche fidanzati- aggiunge lei, mentre si siede con un modo che farebbe rinnegare paternità e maternità, figuriamoci un amico.
-hai deciso di mostrargli subito il brutto del vostro mestiere, cioè tu- dico serio
Luca accetta lo scherzo, ma io capisco di essere di troppo comunque.
– vado a fare il caffè Federico –
La pantera mi guarda dal divano.
Io la guardo di ricambio ma come dire “aldilà della carrozzeria, parli? Vuoi dire qualcosa?”
Lei attende che Luca sia a distanza di sicurezza e si mette ancora più provocante, finalmente esce un suono da quella bocca.
– mica me lo aveva detto Luca che eri così carino –
E mica me lo aveva detto a me poco fa che eri così bona..ma sarai anche un po’ zoccola? Penso.
Recupero calma, cerco di parlare sottovoce, dote che non mi appartiene.
– ascolta, Luca per me è come fosse un, come dire, un..-
– un fratello?- chiede lei
-di più, un fratello ti tocca in sorte, a Luca è toccato in sorte e ha accettato, di avere un amico come me-
-cosa vorresti dire con questo?-
– vorrei dire che quel signore che fa il caffè da che lo conosco io non è tipo da una botta e via, trattamelo bene, intesi?-
Forse dirlo con la voce da cobra che non mangia criceti da tempo, non è il massimo della gentilezza.
– intesi-
-speriamo-
– di che parlavate?- chiede Luca.
-dammi il caffè se no dormo anche io qui e vi assicuro che non è un bello spettacolo –
Sulla porta quando mi accompagna l’integerrimo giudice sembra come quando da bambini ebbe per regalo di natale, tra l’invidia generale un pupazzo del grande mazinga. Introvabile. La stessa faccia.
– sai Federico, credo che-
– no Luca per cortesia, non dirmi “mi sono innamorato”, se no ti rugnu nà buoffa –
– perchè? –
– perchè è presto, anzi prestissimo, perchè non sai che significa, perchè poi la pagherai e perchè poi, vaffanculo a me, sposerai una che poi ti dice che non ti riconosce per quanto sei cambiato!!_
– Federico, ma dovevi dirmi qualcosa che è successo tra te e Daniela per caso?-
Lo dice calmo, io quando sono incazzato e chi mi ascolta resta calmo, per reazione anglosassone sfascerei pure le porte blindate a calci.
Scelgo la via diplomatica, anche se la voce mi esce ansimante.
-posso darti un consiglio?-
– certo Federico- mi guarda con aria beata, questo mondo di gente che non capisce i sentimenti non gli appartiene più.
– ricordati bene, segnati in una agenda, quello che le dici adesso, specie il vezzeggiativo con cui userai chiamarla, perchè poi se te lo scordi, un giorno la pagherai cara. Cerca di essere pronto alle domande-trappola, chiaro? –
– no-
– ecco non è chiaro nemmeno a me, ciao Luca-
Ma tu guarda se mentre uno soffre gli amici si innamorano, fanno l’amore come ricci, ma tu guarda..
-guarda Federico, guarda!!-
-ecco appunto, lo dicevo anche io, guarda..signor Lanza? Ancora qui?-
-Federico, ne è arrivata un’altra!-
A quanto pare non hai nemmeno un cuore, ma non metti nemmeno il fegato in certe cose.
Perfetto, se volevamo una prova che qualcuno ha intenzione di andare avanti con questo scherzo, oggi l’abbiamo avuta. E io, devo confessare, non ne sentivo minimamente il bisogno.
– Federico che dobbiamo fare? –
– adesso dobbiamo fargli passare la voglia di scherzare a questo, Furlan!-
– dica commissario-
– vai a verificare e portati Vitale e Cuomo, se è stato notato qualche movimento sospetto, se nel palazzo del signor Lanza qualcuno ha visto mettere lettere o fogli nella sua buca, poi torna qui con quello che sai, mi sa che ci dobbiamo mettere nelle vicinanze del palazzo. Se ha intenzione di colpire lo farà domani. Ormai le mette ogni giorno. Chissà che non ci delizi con un altro pezzo di enigma. Signor Lanza, forse c’è da preoccuparsi, ma non credo che siamo ancora al punto che vuole farle del male-
– io nel frattempo che faccio, Federico?-
-niente, quello che fa di solito, faccia sempre come non fosse successo nulla, vedremo di farla finire al più presto-
Lanza se ne va, lo guardo di spalle, credo che se si osservasse un uomo triste sarebbe chiara e lampante a chiunque la discendenza dalle scimmie, lui sembra uno scimpanzè, curvo.
Furlan sta per andare, ma si blocca.
-Commissario, sta venendo il suo amico, il Dottor Carri, insieme a..a..-
-una strafiga, Furlan, chiama le cose con il loro nome-
-Federico, come stai?-
-bene Luca, voi?-
-volevo avvisarti che questo fine settimana non ci sono per la partita di calcetto-
-e vieni a dirmelo posto casa?-
-scemo, sto partendo con Stefania, facciamo un weekend fuori, lunedì prende servizio, per cui adesso saremo casa e bottega-
-posso parlarti un attimo da soli Luca?-
Mi segue perplesso nel mio ufficio
-Luca, non ti sembra di correre un pochino troppo con quella?-
-quella, come la chiami tu, la conosco da quando eravamo ragazzi, poi c’è un criterio di misurazione per i rapporti a due?-
-no, ma passare dalla solitudine al weekend romantico in capo a una settimana che ti lascio solo non mi sembra nemmeno il massimo-
-ah ecco, invece com’è passare dal fidanzamento al matrimonio a fare figli e non rendersi conto lentamente che la moglie non ti sopporta più?, non mi sembri il più indicato a tenere lezioni sui sentimenti-
-forse, ma in amicizia e protezione delle persone a cui tengo me la puoi solo sucare, non mi puoi dire niente, fin dai tempi in cui giocavamo da bambini a pallone, le prendevo anche per te nelle risse, stavolta però non posso prenderle per te, Luca tu sei stato solo troppo tempo e questa cosa ti sta prendendo e tanto-
-mi hai chiamato solo per dirmi che quando eravamo bambini mi proteggevi? Un bell’applauso, ora che vuoi?-
-va bene parliamo d’altro, ho un povero disgraziato che riceve lettere anonime, ma non so come aiutarlo. Di fatto le lettere non contengono nemmeno minacce –
-fammele vedere, beh non sono minacce ma manco attestati di stima, credo che abbia da chiarire qualcosa, la vendetta arriva forse quando deciderà di chiudere con gli elementi che ha elencato, le palle il cuore il fegato e il cervello-
-si ma a volte sembra utilizzare la metafora, altre la realtà, “alle palle ti hanno già sparato” era un fatto vero, fu un incidente, che non ha un cuore è la metafora-
-allora la chiave potrebbe essere il fegato, se è una metafora la prossima sarà realtà, se è vero che non “ha messo il fegato”, la prossima sarà una cosa simbolica-
-non ci ho capito una minchia..-
-Federico quando torno ne parliamo, ma credo che faresti bene a non sottovalutare le domande che ti vengono fatte per ora, anche quella di tua moglie-
-ancora!, pure a te l’ha detto?-
-Daniela erano giorni che mi diceva che eri per fatti tuoi-
-a proposito di domande, ne ho una..-
-e io ti do due risposte Federico, si e no-
-cioè?-
-si, so come chiamavi tua moglie quando vi siete fidanzati, no, non te lo dico, te lo devi ricordare da solo-
-non provare a venire da me, quando ti troverai nella stessa situazione, la minchia che ti aiuto!-
-io verrò e tu mi aiuterai, come ti sto aiutando io adesso-
-Luca, stai attento con..con te stesso, io sono troppo abituato a vederti forte, non farti male-
-stai tranquillo Federì, non me ne danno il tempo al lavoro di essere debole-
-ho sentito che qualche tuo collega è in mezzo alle polemiche per la trattativa stato-mafia-
-si, fortunatamente pur occupandomi delle stesse cose sono meno esposto, ti posso rispondere con una battuta di un mio amico avvocato civilista-
-che dice?-
-una trattativa presuppone la conclusione di un contratto, per concludere un contratto bisogna essere in due, in questo caso le parti non sono due-
-quindi o la trattativa non esiste, o non c’è stato bisogno di farla-
-bravo-
-ormai mi sto specializzando con gli enigmi-
Già, mi sto specializzando con gli enigmi, ma non con le soluzioni.
Il giorno dopo la città ha un cielo plumbeo. Alcune volte Palermo sa di essere bella, ma non ha voglia di farsi voler bene.
O forse Palermo è bella, ma siamo noi palermitani che la roviniamo. Così la pensava mio padre.
Ormai mi sono abituato alla presenza del signor Lanza. Eccolo lì davanti al commissariato. Non ho dormito tutta la notte. Penso a quello che potrebbe fare Daniela.
Più sei distante più credi che chi ami sia in preda alla pazza gioia. Specie se si è lontani per scelta. Poi scopri che entrambi eravate pronti a dare un esame sul pessimismo Leopardiano.
Stavolta il signor Lanza non è solo. Mi allunga la quarta lettera quasi con rassegnazione.
La prendo, accanto a lui un uomo sulla quarantina. Capelli lunghi, magro.
Guardo il signor Lanza cercando di pescare in lui la giustificazione della presenza accanto di questo semisconosciuto.
Ci toglie dalle ambasce proprio l’uomo misterioso.
-sono Ernesto Lanza, il nipote-
-il figlio del mio povero fratello buonanima- aggiunge il Signor lanza
-piacere, la tua faccia non mi è nuova, a dire il vero mi sembra che siamo coetanei-
-non so, tu hai frequentato il liceo Classico Meli?-
-si, anche tu?-
-si-
-allora da lì, Palermo è piccola-
Sembra un luogo comune, ma è vero, Palermo è piccola. Tranne se devi incontrare la donna della tua vita. Allora diventa New York, con mille complicazioni.
Leggo la lettera
-appena trovata nella buca-
-ma ne ha parlato con suo nipote qui?-
-si-
– che ne pensi Ernesto?- glielo chiedo anche per una simpatia immediata che mi ha fatto, ha l’aria sicura, ma non spocchiosa.
-io credo che sia qualcuno nell’ambito lavorativo, mio zio era sindacalista, niente di strano che ci sia stato qualche torto a qualcuno-
-hai ragione, può darsi, di sicuro siamo stati troppo fermi, abbiamo fatto qualche accertamento, abbiamo pensato a scherzi, ma davvero non pensavo che continuasse così sistematica-
Leggo la lettera. Stavolta non si tratta di un enigma:
A questo punto non mi resta che spararti al cervello
-signor Lanza, credo che sia il caso di assegnarle una scorta-
Mi guarda incredulo, quasi sconfitto.
Davvero non credo più ci sia da scherzare. Credo anche che bisogna iniziare a rivoltare la vita del signor Lanza. Capire chi davvero ha intenzione di fare del male o spaventare un uomo che credo non abbia mai avuto un picco di orgoglio o d’odio verso qualcuno. Spunta solo adesso questa pista sindacale proposta dal nipote.
-Federico, magari stamattina non c’è n’è bisogno, c’è mio nipote con me, pensiamoci più tardi-
Guardo il nipote
-Ernesto, tu che dici?-
-si per stamattina sta con me, lei pensi a fare quello che occorre per proteggerlo, dal pomeriggio magari-
-Federico ne approfitto, tanto stamattina vado in ospedale a farmi degli accertamenti, mi faccio accompagnare da lui-
-va bene, nel frattempo risolviamo questa faccenda, cerchiamo di capirci qualcosa. Mi lasci la lettera-
Rientro in commissariato, Furlan mi guarda, stavolta è preoccupato. Per me, ma anche con me.
Ripenso alla successione che mi aveva proposto Luca, metafora, realtà, poi ancora metafora.
-sa commissario-
-non ora Furlan-
-leggendo questa lettera..-
-Furlan per favore..-
-mi ricordo di una cosa divertente-
-Furlan, per cortesia, sto pensando, non hai idea di quello che mi gira per la testa, ho un deja vù-
-una volta chiamai un mio collega, era da poco che ero a Palermo, sapevo che doveva operarsi per levarsi una pustola dal sedere-
-Furlan! Basta!-
-allora non ricordandomi che proprio quel giorno si operava, telefonai-
-Furlan, la pianti??-
-dissi, buongiorno vorrei parlare con Antonio, lui mi rispose, “non c’è, oggi si opera al cervello-
-Fur..continua-
-e io dissi, veramente sapevo che doveva operarsi al culo..il padre incavolato mi disse che Cervello era il nome dell’ospedale, io non lo sapevo che un ospedale si chiamasse così-
-Furlan sei un genio, corri in macchina!-
Mi guarda, disgraziato ha capito prima di me
Furlan non è solo intelligente, mi vuole bene, ha capito che non sono una persona da temere. Sono innocuo, abbaio e basta.
Mentre siamo in macchina chiamiamo due volanti, andiamo a velocità impressionante, abbiamo un margine di un quarto d’ora di ritardo, dico alle volanti di non accendere sirene, do istruzioni per il da farsi.
Entriamo dentro lo spiazzo davanti all’ospedale, io non so perchè ma becco per puro culo la strada che cercavo. Quella in cui ricordo nitidamente la scena.
Sono lì, lui davanti, l’altro dietro a poca distanza, quello dietro estrae qualcosa, all’insaputa di quello davanti che cammina tranquillo, io prendo la pistola, Furlan urla qualcosa, l’effetto sorpresa funziona, per sicurezza Furlan afferra il primo e lo porta fuori tiro e io disarmo con un calcio quello con la pistola.
Arrivano i miei uomini.
L’ospedale Cervello è pieno di gente, ora guardano tutti.
Io mi avvicino all’uomo che stava per sparare.
-ti è andata male, Furlan si è ricordato una battuta spiritosissima, io mi sono ricordato la tua faccia, il luogo dove davvero mi è rimasta impressa-
Ernesto Lanza abbassa gli occhi, si fa portare via.
Sono affacciato alla finestra del commissariato. Quella dietro il mio ufficio. Una bellissima sera. Estate piena.
La storia è di quelle che affondano le unghie nelle miserie di pelle.
Ernesto Lanza aveva il padre ricoverato all’ospedale Cervello.
Tumore al fegato.
A un certo punto i medici gli prospettarono due possibilità. O il padre moriva, o lo sottoponevano alla donazione tra vivi.
La donazione tra vivi. L’avevano proposta anche a me. Dare un pezzo del fegato di un parente a un altro. Il fegato si rigenera. Come le code delle lucertole. Questa era una battuta facile.
Anche mio padre è morto per tumore al fegato.
Mio padre ebbe un decorso rapido, non facemmo in tempo.
Ernesto Lanza iniziò tutte le procedure per la donazione di fegato.
Ma non era compatibile. Non poteva donare, lo zio era l’unica speranza, e lo zio fece una cosa atroce, si sottopose al prelievo di sangue che è necessario a stabilire la prima compatibilità. Quello dove Ernesto era stato fermato. Era compatibile, stesso gruppo sanguigno. Ma al momento di avviare tutto il percorso sanitario si tirò indietro con lucida freddezza.
Rifiutò, non volle nemmeno sottoporsi alle prime analisi, colpa di vecchie ruggini per una eredità. Per uno squallore del genere ha lasciato morire suo fratello.
Ernesto Lanza ci ha raccontato anche questo, dopo un lungo interrogatorio.
Si ricordava la frase detta al telefono: “perchè dovrei lasciare a tuo padre ancora qualcosa di mio?”
E così non solo non ha acconsentito, ma è pure partito. Un lungo viaggio che aveva prenotato da tempo. Quindi pure un gesto studiato. Altro che “Ernesto è il figlio del mio povero fratello buonanima”. Quando il padre di Ernesto morì lui non c’era. Per questo non lo vidi in ospedale. Ma dubito sarebbe venuto comunque. L’amore, specie da queste parti, resiste a tutto, tranne che al proprio sangue, alla parentela. E ai soldi.
Il padre di Ernesto morì una sera, la stessa che ricoverarono mio padre in coma.
Lo vidi un paio di volte in quei giorni concitati, ma ricordavo vagamente di lui soprattutto una cosa. La ferocia del suo sguardo quando uscì da quella stanza urlando che qualcuno l’avrebbe pagata.
Avevo rimosso tutto. Il ricordo di Ernesto era affondato nel gorgo di tutto quello che non volevo ricordare della malattia di mio padre.
Pura coincidenza. Una gran botta di culo diciamola tutta. Il padre di Ernesto che muore nello stesso reparto dove ricoverano il mio, non è questa la botta di culo, ma che io mi sia ricordato.
Grazie a Furlan, quando ha parlato dell’Ospedale Cervello ho rivisto la scena. Ernesto Lanza ha ricomposto i rapporti con lo zio con lucida follia. Ha riguadagnato la sua fiducia e ha iniziato la farsa delle lettere.
Voleva fargli provare in pochi giorni l’agonia di mesi, quella mentale. Quella che attanaglia chi sta male e chi accudisce chi sta male. Voleva fargli provare la solitudine. Poi si è offerto di aiutarlo per alcuni problemi medici. Portandolo più volte proprio al Cervello. Fino all’atto finale. Le lettere le imbucava lui, non veniva notato proprio perchè familiare a chi abitava nel palazzo.
Il problema non è nemmeno questo, fosse un tentato omicidio saprei come comportarmi.
Invece no.
La pistola era finta. Voleva soltanto spaventarlo. Non voleva nemmeno uccidere. E io non so perchè, ma lo trovo anche simpatico. E vorrei non vedere più nemmeno dipinto il signor Lanza. Vorrei rimandare Ernesto Lanza a casa ma so che non posso. Ha commesso comunque alcuni reati. Minimi. Ma li ha fatti. Ci ha quasi sfidato, pur di portare a termine tutto. Voleva umiliare suo zio, lo avrebbe fatto cacare sotto dalla paura con una pistola puntata e poi se ne sarebbe andato, lo zio avrebbe dovuto spiegare tutto e rendersi ridicolo.
È lì dentro, tra poco dovrò comunque dirgli che cosa gli tocca.
Ho spento la luce dell’ufficio. Intravedo il mare. Lui si agita, io mi calmo. Sempre così. Lui si muove, io mi fermo.
Squilla il telefonino. Luca.
-Federico, ti voglio bene,-
-io invece ti amo, tra noi non può funzionare-
Ride, di gusto. Così ricomponiamo le incomprensioni io e lui. Senza affrontarci direttamente. Metabolizzato tutto ci si risente.
-volevo dirti che sono innamorato di Stefania-
-così presto?-
-c’è un momento preciso in cui se vuoi provare a cambiare una vita di merda, devi incominciare?-
-no, non c’è, hai ragione, io ci sono se c’è da raccogliere i cocci, ma anche se c’è da essere felici-
-lo so, i tuoi enigmi?-
-tutti bene grazie, poi ti racconto, abbiamo preso lo spiritoso che faceva il poeta epistolare-
-si poi mi dici al ritorno, e l’altro?-
-non lo so, credo di sentirmi mutilato. Daniela è parte della mia..scusami Luca-
-si, finalmente, ciao a presto testa di minchia-
Compongo un numero, risponde subito
-Daniela?-
-si, dimmi-
-ti disturbo?-
-sei mio marito, sei stato messo al mondo apposta per disturbarmi-
-sei uscita?-
-sono tre giorni che aspetto che chiami, ho solo portato Chiara al mare, è contenta che almeno hai voluto parlare con lei-
-hai..hai conosciuto…-
-Federico, chi? Una volta avuto a che fare con te ogni uomo non è più un mistero, e bada non è un complimento-
-sei bella col vestito a fiori, ma anche senza, cioè con altri vestiti-
-stavi per fare un complimento, ma nel tuo stile all’ultimo hai deviato, bravissimo, mi hai chiamato per dirmi che sono come il grigio? Accanto mi sta bene tutto?-
-no, era vita mia-
-si, ce ne hai messo però-
-ti chiamavo “vita mia”-
-si, parte della tua esistenza, ero questo. E adesso?-
-adesso vorrei non provare più questo senso di privazione, di respirare a metà-
-dipende da noi Federico-
-posso vederti domani?-
-certo che puoi, potevi anche prima, ma sei stupido-
-ci vediamo domani-
-come stai Federico?-
-come uno che non vuole rassegnarsi alle verità della propria vita-
-cioè?-
-mio padre mi diceva che si può scegliere sempre, ma che solo in un caso smetti di scegliere, in quel caso non conta nulla quello che pensi, mi disse che l’avrei scoperto da solo-
-a me disse la seconda parte-
-mio padre ti adorava, chiese subito di te quando lo ricoverarono, ancora una volta mi trovo un enigma a perseguitarmi-
-diceva che lo facevo stare bene, che ero la sua/tua fidanzata preferita, che le altre sciammannate che avevi portato a casa nemmeno mi eguagliavano, un giorno prima di morire mi disse, che uno come te poteva scegliere sempre, ne aveva i mezzi, ne avevi l’intelligenza. Nulla ti avrebbe mai incastrato, solo in un caso non hai scelto, quando ti ho posato gli occhi addosso io, mi disse “lui da quando ci sei tu crede di scegliere, ma non sceglie proprio un cazzo, lui sceglie tutto in funzione tua, non se ne accorge, ma una parte della sua vita ti appartiene già dalle idee che partorisce, un amore come questo io avrei pagato di tasca mia per averlo, ma non dirlo mai a Federico, ci resterebbe male, lo conosco”, per questo mi sono stupita, quando dopo qualche tempo cominciasti a chiamarmi “vita mia”, ci vediamo domani Federico, ti aspetto-
-si, a domani-
Torno a guardare fuori. Dopo la morte di mio padre io non avevo molte persone su cui contare. Solo Daniela ha resistito, Daniela e Luca. Loro hanno preso di peso parti di me che io stavo perdendo.
Sono parte della mia vita. Ma mente a Luca non lo dissi mai, cominciai a chiamare Daniela “vita mia”. Un modo allegro e enfatico di definire l’amore che si ha. Lo sento dire spesso a Palermo e ovviamente a Napoli, dove perfino allo stadio cantano o’ surdato nnammurato.
Il mare si è calmato, anche io, stranamente da qualche minuto abbiamo scelto di andare nella stessa direzione. Alle volte è arrendersi. Alle volte è capire.
by Ettore Zanca