Tutto buio in quella casa che era rimasta chiusa come il cuore in sospeso di Carla. Adesso era venuto il momento di fronteggiarsi, lei e quello che il suo fin troppo recente passato aveva fatto a pezzi.
La memoria a breve del dolore è veramente puttana. Soprattutto quando tutto il ricettacolo delle tue malinconie sta chiuso in uno spazio di pochi metri quadri, e in quei metri quadri ci devi abitare.
Carla prova a accendere la luce e a farsi spazio in quel mondo che deve diventare nuovo, in cui non si può continuare ad elaborare un lutto, non se lo può permettere, lo sa. Il mondo che l’ha circondata le ha insegnato ad essere felina, come forse nemmeno lei immagina. Ne conosce fin troppe di specie animali vestite da persone civili, conosce i pavoni che fanno la ruota solo perché lei è bella e se provassero anche solo a farsi strada nel percorso fintamente astruso del suo cuore se la farebbero addosso al primo segnale di pericolo opportunamente esposto prima di una curva. A volte con questi uomini ci ha anche giocato, fintamente mignotta, basta fare andare un po’ di testosterone nel circolo giusto e gli uomini si illudono di comandare. Ma il canovaccio della recita l’ha sempre avuto chiaro lei, o almeno lo ha avuto chiaro al momento giusto.
Conosce le serpi che si avvicinano con fare voluttuoso e amichevole per piazzarti il morso giusto e letale, poi ricominciano a sorriderti.
Sa difendersi sensualmente a volte come tutti i felini, occhi bellissimi ma furbi da zingara.
Solo in una cosa Carla non ha saputo fare bene i conti, quando l’ha annebbiata l’amore o come cazzo lo si vuole chiamare. L’ha fregata nel momento di riposo, nel momento in cui il predatore è preda. Quel momento in cui sai di avere un cuore con le sue esigenze.
Carla apre la finestra che dà sul balcone, ora è sola, nel senso che con lei non c’è nessuno. Non c’è nessuno cui abbia chiesto di entrare e fronteggiare quell’appartamento con lei, un fido alleato in una battaglia che sai già al secondo giro di chiave nella toppa, che perderai. È sola perché da quell’appartamento non vive più suo marito, che ha pensato di andarsene a pochi metri, ma tra quei metri ci ha messo nuova vita e un’altra donna.
E lei tra quei pochi metri ci ha messo chilometri di disintossicazione e distanze siderali dalla voglia di riuscire ad affacciarsi ancora a quel balcone. Ma anche prima Carla era sola, anche quando la sua vita era in due, ma non lo era, era solo il contrario di uno ma non era due come simbiosi. Carla ha sempre dovuto rincorrere per colmare una distanza che lei non avrebbe mai voluto. Lei voleva pochi centimetri di pelle tra le labbra e il cuore, per lei era la richiesta più naturale e legittima che una donna potesse avere. Ma su questa semplice richiesta Carla ha costruito la sua flagellazione. Ha maturato la convinzione di sentirsi sbagliata, come una laida priva di decenza. Si è flagellata ed è stata mortificata nella sua sessualità, nel suo legittimo desiderio di essere desiderata, amata e non necessariamente con la delicatezza, anzi forse con quel pizzico di impeto che fa capire a una donna che lo scontro tra il cuore e il desiderio è ad armi pari. Non osava di certo chiedere di andare oltre, di confessare al suo uomo le più intime fantasie o piccole perversioni che fanno dell’amore qualcosa di non drammatico, che ne fanno un gioco. Né tantomeno le è mai venuto per la testa che un uomo anteponesse il suo orgasmo al benessere di lei, questa era fantascienza.
Carla va sul balcone, il sole di una fredda giornata d’inverno è frettolosamente e poco opportunamente al tramonto, e lei sente sfuggirle le forze ma è un attimo. È vero, ha sbagliato, ma non in quello che le è stato fatto credere. Nonostante chi non la conosce la malgiudica, Carla ha veramente tanto amore dentro di lei ed è questo che la indebolisce, il fatto che chi trova la strada del suo cuore non lo voglia poi riscaldare giorno per giorno, non voglia capire che lei è feroce se ferita, ma che chi le sta accanto deve sopportarne i dolori e aver voglia di farla sognare, mentre ne cura le ferite. Perché di ferite Carla se ne procura, anche se non lo fa vedere e anche perché ormai è stata così tanto colpita che il suo temperamento è abituato, ha messo in conto e pianificato una ampia percentuale di resistenza al quotidiano. Dentro può sentirsi morire, ma fuori al massimo avrà le sue labbra con una leggera curvatura verso il basso, impercettibile, se si sta attenti forse l’occhio è più guardingo e ti studia, ma capirlo è da fini intenditori, non da gente con cui dividi una parete da lavoro. A Carla chiedono, ma Carla non sa chiedere, da Carla pretendono, ma Carla non è abile al gioco di teatro di saper sbattere i pugni se qualcosa non và. È come se, chi riesce ed addentrarsi nel suo cuore, ne esca dall’altro lato e poi lo sorprenda alle spalle, indifeso e fragile, disarmato.
Carla guarda fuori un tramonto freddo, le viene una lacrima calda e pensa: “se mi metto controvento si asciuga da sola” , infatti eccola ghiacciare al vento contrario e morire prima di completare la sua corsa. Non è una lacrima di dolore fine a sé stesso, è una lacrima di bilanci e di somme tirate, è una di quelle che ti vengono fuori quando stai per rimboccarti le maniche. O quando a maniche rimboccate tutto ti ritorna come un pugno al basso ventre.
Non gli fa rabbia quello che la gente può pensare della sua sconfitta personale, se di sconfitta può parlarsi, non è la separazione dal marito che le fa male, o quello che gli altri possono dirle. È aver fatto male i conti e non avere calcolato che tornassero a farle sentire quel dolore che spezza l’anima e disintegra i principi azzurri, è sentire che certe cose le avrebbe dovute capire e forse sarebbe dovuta scappare via, dalla sua esistenza matrimoniale, dal suo ruolo, dai suoi ruoli. Avrebbe dovuto denudarsi, lavarsi di tutto, purificare dalla fuliggine della convenzione, delle convenzioni accettate a mezza bocca, pur di non perdere l’intera posta.
Il vento gelido increspa e indurisce la faccia, Carla sente un’altra lacrima cui non vuole spiegare origine e percorso, non le interessa, però una cosa la pensa.
Pensa che non ne può più, pensa che è arrabbiata e che è stanca, che quella lacrima si dovrebbe spegnere in maniera più dolce, che qualcuno quella lacrima dovrebbe leccargliela direttamente dalla faccia, che dovrebbe baciarla con trasporto e morderla, morderla per passare dal baciare al volersi mangiare, tanto è l’impeto, come dice una canzone di Ligabue, pensa che è giusto che lei abbia diritto di avere messe le mani addosso con desiderio che ha voglia di essere posseduta come un oggetto sessuale con un misto di amore e soddisfazione più bassa e volgare dei sensi che si possa concepire, ma che non vuole qualcuno che poi si volti dall’altro lato o raccolga i vestiti per andarsene che tanto il più è fatto almeno non vuole questo per tutta la vita o forse sì neanche lei in questo momento lo sa, Carla vuole giocare, vuole sentirsi viva, magari in questo percorso sceglierà anche chi le darà solo alcune ore di ossigeno per poi correre ai suoi impicci che si chiamino mogli o fidanzate. Ma tanto a lei non importa, sa che sono soste di poche ore, ha imparato presto a non fidarsi dei programmi a lunga scadenza che a volte gli uomini danno, a dubitare della poesia che poi deve fare i conti col senso pratico, su quello arrivano gli episodi squallidi, perché tutti promettono, ma le promesse d’amore vanno alimentate ogni giorno col rispetto e con la convivenza, perché comunque se ami devi sempre e comunque gestire qualcosa che tenga in piedi tutto, bollette, affitto, forse sul suo eccessivo senso pratico gli uomini hanno trovato da ridire, senza capire che sentirsi sicura anche lì era l’ennesima richiesta d’amore, che sapere che qualcuno nella vita in comune la pensava come lei metteva un cemento a una poesia che lei coglieva, ma che sentiva sarebbe volata via.
Carla non sa chiedere, ma silenziosamente ha sempre chiesto, Carla è disillusa, ma non ha smesso di sognare, Carla sa di valere, ma non sa se il resto del mondo lo coglie appieno. È la parzialità del mondo che la disorienta, le donne la temono se non la conoscono, gli uomini la giudicano, per cui non vanno oltre, la maggior parte.
Carla però sa cosa vuole, e sa che esiste, ma non lo aspetta più di tanto, hai visto mai dovesse finire per essere felice, per non cercare nulla in più, hai visto mai qualcuno capisce il suo animo fin nelle sue più intime pieghe, il suo reclamare attenzioni unito alla sua autonomia imprescindibile, l’avere bisogno di spazi che non avranno mai senso se lo spazio accanto al tuo nel letto è vuoto, avere la possibilità e il diritto di cambiare idea, opinione posizione ed essere comunque capita, compresa coccolata, rassicurata, curata. È volere sentire odori di forte attrazione quasi animale. Quell’odore che lascia un uomo che in quel letto ci resta, ci posa il suo cuore, lo affida alle lenzuola e quasi se lo scorda
No, invece resta ad asciugare lacrime controvento, lacrime che non arrivano a donare il loro sapore salino alle labbra rese asciutte da un vento gelido. Perché nessuno gliele asciuga. E sa che questa sarà una prova, sa che non deve e non può programmare niente, lo deve a sé stessa, ora basta capire, assistere e amare incondizionatamente, mettere da parte lei sola sé stessa per fare spazio all’intero altro che vuole occupare la sua vita. Basta col farsi colonizzare. Basta col farsi prendere alle spalle.
Come una belva ferita al buio, ognuno che si riveli alla luce potrebbe essere il suo assalitore venuto a darle il colpo di grazia, così si organizzerà le prime difese, si butterà ancora di più sul lavoro, farà tesoro anche del minimo sguardo impercettibile, archivierà tutto e si concederà alla vita. Poi le mura si cementeranno e nel lungo periodo reggeranno meglio.
Però ogni tanto aprirà un posto spento del cuore, e andrà a guardare quelle splendide stanze dentro lei che lei stessa spera messe in ordine. Quelle in cui sa che lascerà entrare chi considera un dono stare con lei, un fiore da coltivare ogni giorno, qualcosa da non fare appassire al primo caldo. Lascerà entrare chi non la lascia sola al primo refolo di vento, chi non veda nelle sue richieste solo qualcosa di noioso, chi lasci scorazzare la sua anima in giro e faccia giri immensi per poi ritrovarsi dopo percorsi complicati dalla banalità e lo squallore, che non vive ogni giorno con lei o senza di lei come se fosse l’ultimo, ma come l’unico giorno, che un altro uguale non ci sarà, chi le lasci anche assaporare reciproche mancanze, chi alimenti la presenza con tutto l’amore che può, ma la mancanza con una dolce malinconia da assaggiare, gustare mangiare capendo che più ci si manca più è dolce il desiderio. Se esiste tutto questo forse non ci crede più, forse c’è, ma di certo non tutto questo è vestito di eternità, però ci potrebbe almeno essere qualcosa che somigli più a questo che ad una mera scopata; di quelle ne potrebbe avere, ma non basta, se solo volesse , a ogni sguardo che in lei è l’arma più seducente, parte più bella di una donna bella, otterrebbe qualcosa dalla stupidità vanitosa tipicamente maschile.
Carla chiude tutto, i sipari gli scatoloni che non faranno parte del suo nuovo vecchio spazio delle stanze, sfascia le teche dove aveva religiosamente custodito le sue promesse di eternità, dimentica tutto ciò che può significare una vita in due, con uno che non vuole dividere neanche un centimetro di quel buio, tutto, vestiti, biancheria, lettere, bigliettini, forse qualcuno glieli scriverà nuovamente.
E lei ingenuamente si rivestirà di purezza nello sguardo, farà finta che chi la vuole per un minuto o per la vita sappia sorprenderla, si farà ingenua, senza luci taglienti tra le pupille. Di sicuro stavolta chi vuole lei, deve volere una donna con tutte le sue forze, ma non solo. Questo lo pensa mentre butta una scatola di preservativi scaduta e quasi piena nell’immondizia. Basta filtri, chi vuole possederla, deve riempire uno spazio, quel pezzo di cuore che solo un bimbo può percorrere. Altrimenti basta apparenza, basta concedere solo la buccia e rifiutare la polpa di una donna che sa di poter essere amara.
Adesso c’è da rimboccarsi le maniche e mettere in ordine, levare la polvere. Fuori e dentro di sé. Non dà tempo all’ultima lacrima di scendere si lascia solo gli occhi lucidi e taglienti di rabbia che per ora l’aiuterà a tirare avanti. In attesa di meglio. Per ora le tocca andare controvento anche nelle giornate in cui non si muoverebbe un filo d’erba. C’è da rimettere a posto e non è la casa il posto più difficile dove cominciare.