Salvino guardava Nardo. Con la sua candida sciarpa di seta bianca, faceva la sua figura. Se non fosse stato per quel puzzo di pecore che emanava…
I due uomini, manager della più grande azienda italiana (le mafie fatturano oltre 150miliardi di euro l’anno), quel giorno dovevano discutere di bilanci e nuove strategie. Non è facile amministrare un colosso del genere. Cassa, conti correnti, obbligazioni ed azioni, crediti, spese, investimenti, bilanci consolidati della visione d’insieme di tutto il gruppo (intragruppo). Una delle più potenti holding del mondo, con interessi ramificati in vari settori, a capo di una miriade di controllate, alle cui normali voci di bilancio ne vanno aggiunte altre: riciclaggio, tangenti, previdenza sociale (le famiglie dei detenuti vanno aiutate…), cambio valuta estera, avvocati, funerali.
Fu in quel momento, mentre Salvino scriveva un “pizzino” per ricordare a Ciccio di farsi pagare il pizzo di 125 euro dallo stigghiolaro, che il ragioniere (così chiamano a Palermo tutti quelli che hanno studiato e sono in possesso della terza media) iniziò a spiegare il bilancio preventivo che aveva preparato.
Salvino e Nardo scorrevano con lo sguardo le lunghissime colonne di voci e cifre. Loro, grandi manager ed esperti economisti a colpo d’occhio individuavano le voci che avrebbero potuto causare perdite aziendali o mancati profitti.
50 milioni ai broker, 30 milioni di ricavi da plusvalenza, e poi, tutti quei termini inglesi che metterebbero in difficoltà un docente universitario. Ma non loro due. Non i super manager capaci di leggere in soli tre minuti il bilancio di una multinazionale.
Altro che computer, a loro bastava un pezzo di carta di quella che si usa per avvolgere il pane per fare i conti. Tra un pizzino e l’altro, tra un pizzo da 80 euro da riscuotere e un investimento da 250 milioni in titoli azionari, seguivano l’indice Msci Emerging Markets e l’Hang Seng China Enterprises, mentre addentavano avidi il loro “panino ca meusa”.
– Zu’ Sa’, chi facemu cu l’offsciori ca avemu a li caimani? (Zio Sa’, cosa facciamo con la offshore che abbiamo alle Cayman?) – esordì il ragioniere
– Quantu nni costanu sti caimani? (quanto ci costano questi caimani?) – chiese Salvino
– Lu 5 pi’ centu di bruchiraggiu, ma si vuliti, cu un 8 pi’ centu li putemu fari turnari (il 5% di brokeraggio, ma se volete, con un 8% li possiamo fare rientrare) – rispose il ragioniere
– Ma chi turnari e turnari…iu di li coccotrilli mi scantu… (Ma che tornare e tornare…io dei coccodrilli ho paura)
Nel frattempo Nardo che era tornato dal bagno dove in attesa di far pipì e aveva studiato una nuova strategia, interrompeva il ragioniere (salvandolo dal dover rispondere a rischio della propria vita).
– Salvu’ pinzavu a comu purtari avanti a trattativa cu u Statu pi’ livari u 416 (ho pensato a come portare avanti la trattativa con lo Stato per togliere il 416) – esordì Nardo
– Assa stari, ca già ci pinsavi e decisi ca na stagi s’avi a fari… N’cuminciannu di Paliemmu, pi’ finiri ai Georgofili, cussì futtemu puru a galleria dell’uffizi (lascia stare che ci ho pensato e ho deciso di fare una strage. Iniziando da Palermo per finire ai Georgofili, così gli fottiamo pure la Galleria degli Uffizi) – rispose Salvino
– Uffici? Ma di quali uffici parli? Vidi ca au comuni ci travagghia mè niputi…. (uffici? Ma di quali uffici parli? Vedi che al Comune ci lavora mio nipote…) – disse Nardo allarmato
– Chistu fa fari unn’aviri studiatu… Mancu canusci l’Uffizi di Firenzi… ddra s’avi a fari l’attintatu… (questo fa fare il non aver studiato… non conosci neppure gli Uffizi di Firenze… lì si deve fare l’attentato…) – rispose Salvino, mentre con il dorso della mano si asciugava la bocca dall’unto del panino con la milza.
Il resto è storia. Sono veramente i personaggi del racconto a gestire un fatturato di miliardi di euro? Sono loro coloro i quali possono condizionare le scelte economiche e politiche di una nazione?
Se la strage di Brindisi non fosse opera di un folle, la domanda da porsi sarebbe: cui prodest?
Gjm