Ti ho stretto le mani mentre ti facevo l’amore. Ti ho stretto le mani perché volevo che sentissi che era l’amore che io ti facevo e non del sesso, quello che mi davi. Ma non c’eri. Non c’eri di nuovo.
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Mi ha stretto le mani mentre gli facevo sesso. Lì per lì neanche ci ho fatto caso, non più di tanto, ci ho pensato dopo, quando volevo alzarmi per fumare e lui mi stringeva ancora e lì mi ha fatto strano.
Una volta, era una vita fa, noi fumavamo insieme, a letto. Prima, durante a volte e dopo. E dopo non era mai detto fosse un dopo, che spesso solo l’alba veniva a ricordarci che eravamo amanti e nessun giorno mai ci avrebbe visto insieme.
Anche questo pensiero è stato strano. Perché a pensarci adesso, con la stretta ancora delle mani sue che stringono le mie che non gli sanno più fare l’amore, io non riesco a ricordarmelo se allora lui me le stringeva. Che se lo faceva io ci stavo attenta a non sentirlo. Che c’era qualcosa in più del sesso forse, in quello che mi dava lui, mentre io lo amavo. Proprio perché lo amavo.
O forse no.
Forse no non sta per forse non lo amavo.
Forse no sta per forse, come oggi allora, io non ero capace di credere se non ai fatti. E i fatti non sono né i baci appassionati, gli abbracci, le carezze, le notti insieme, le parole. I fatti sono presenza. E scelte. E volontà, costanza, ripetizione, reiterazione, ritorno. Determinazione.
Lui fuggiva. O almeno ci provava sempre. Da me, da sé stesso, dal mondo, dal tempo, questo non ha importanza e non ne aveva. Come non ne avevano i suoi ritorni. I fatti erano che lui restava dove era. E lì io non c’ero e non potevo esserci. I fatti erano che non poteva amarmi. E che se io lo amavo doveva andarmi bene così, per lui.
Quindi non me lo sono mai chiesta. Se mi amava. O se me lo sono chiesta mi sono risposta No, non mi ama. Anche davanti alle mani strette. Alle mie di fughe e lui a cercarmi. Alle magie. E chiederselo poteva fare male, meglio non farlo.
Così se oggi mi fa strano chiedermelo, chiedermi di quelle mani strette forte, è un po’ per questo; un po’ perché io sono ancora quella che le cose non se le domanda, tanto i fatti e il tempo vengono per dirtele le cose se ci son da dirne.
O forse più semplicemente se oggi me lo chiedo è perché io non lo amo. E non posso illudermi. Non per proteggerlo, non per proteggermi, ma perché non mi interessa.
E il mi fa strano è tutto lì, in quel passaggio da quel “non proteggerlo” a “non proteggermi”, che poi magari se lo accosto al “forse no” di senso ce ne ha ancor di più. Soprattutto se poi in testa mi tornano certe sue accuse allora tipo Non mi hai amato mai, che tu per me non hai mai combattuto. Mi facevi sesso e basta.
Ecco forse questo mi fa strano. Oggi ti faccio sesso e basta. E tu?
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La prima volta dopo tanto tempo quasi io non ci credevo. Che stava succedendo. E quella tua freddezza ho immaginato fosse un po’ anche la mia, magari la tensione. Magari tutte quelle volte che cercavo di portartici a pensarci, che io lo volevo, e te lo dicevo un po’ giocando, un po’ come se fosse solo naturale, insomma che con quello che già c’era stato si poteva fare, niente poi sarebbe mai cambiato. O tutte quelle volte che tu invece mi ci facevi ragionare, che non era mica cosa da prendere così, proprio per tutto quel passato, che era ormai passato e che non era il caso di far ritornare, che poteva pure capitare. Che ritornasse.
Il fatto è che per me evidentemente non era mai passato. E per te si invece e allora io non ci credevo. Pensavo che ti difendessi. Come, o forse più di allora. Magari volevo dimostrartelo. Di certo non pensavo che tu non avessi nulla da difendere.
Io si. Oggi come allora.
Io oggi come allora ho tutto il mondo mio fuori di te da difendere.
E oggi come allora questo mondo mio mi toglie ciò che voglio. Te.
Solo che allora c’eri.
Oggi no.
E oggi tu non stavi difendendo te ma me, inconsapevolmente. O consapevolmente. Che tu hai sempre visto molto più lontano di me.
Mi difendevi da quello che non avrei trovato. Che mi avrebbe fatto male non trovare.
Deve essere stato per quello che hai parlato dell’affetto. Di tutti questi anni e l’amicizia e le parole la sincerità la comprensione la presenza.
Solo che io aspettavo invece e forse neanche lo sapevo. Non ti avrei mentito, non adesso. Ti aspettavo. Mentre tu te ne andavi via.
Oggi lo so che allora tu mi amavi. Oggi che so che non mi ami più.
Stringerti le mani non ha più senso.
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“Non mi hai amato mai, che tu per me non hai mai combattuto. Mi facevi sesso e basta.”
Oggi questa sua accusa addosso e quel “proteggermi” mi pesano sulle ossa a stritolarmele. Quasi come le braccia tue , che non sei lui, lui dell’accusa, che mi stringe le mani mentre io gli faccio sesso, ma sei tu che ti ho lasciato andare senza dire niente, senza urlare, senza gridarti contro che io non ce l’ho più una vita, senza quel peso tuo addosso a stritolarmi queste ossa ed abbracciarmi queste mie paure che non mi consentono di illudermi e di crederci mai. E ci ho creduto. E me lo sono detta anche.
Ma non ho fatto i fatti. Non li ho fatti.
Non ho combattuto.
Non ti ho rincorso.
Io non ho pianto, io non ti ho abbracciato, io non ti ho stretto a me, io non ti ho detto sentimi, ci sono, sono ancora qui. Ti ho fatto sesso e basta, senza fartelo mai.
E ti ho lasciato andare.
L’unica volta che ho avuto il coraggio di crederci. E di sperare. Di illudermi.
L’unica volta che tu non me lo hai chiesto di aspettarti, che non ce lo siamo chiesti mai, noi c’eravamo e basta, anche quando già non c’eravamo, che poi è stato subito, che eri già lontano, e io non te l’ho chiesto, che non lo so chiedere, ma io ti ho aspettato.
Non allora, adesso, mentre non lo sai.
Perché io non so dirtelo.
E se ti aspetto quello che significa è che non ci sei. Ed aspettare senza dirtelo è uguale a non illudersi e non sperare e non credere.
Ed è per questo allora che tu non tornerai.
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“Non mi hai amato mai, che tu per me non hai mai combattuto. Mi facevi sesso e basta.”
Io me lo ricordo quando te l’ho detto.
E forse in parte ci credevo pure mentre lo dicevo e in fondo soprattutto mi serviva che non sapevo più come riuscirci a farne a meno. Di te, di noi, di quello che non ci poteva essere che non sapevo prendermelo.
E mi ricordo pure che ti ho fatto male. Mentre lo facevo a me.
Oggi questa mia accusa che da falsa è diventata vera, c’è solo un mai a far la differenza, mi pesa sulle ossa che si son spezzate a stringerti le mani per farti tornare perché tu non c’eri e io stringevo il niente. Insieme al mio proteggermi e nascondermi. A proteggere quello che mi ha tolto quello che volevo. Te.
Io ti ho aspettato. Sapendo di non poterlo fare. E non ti ho chiesto di aspettarmi mai. Sapendo di non poterlo fare.
E tu non tornerai.