Ha avuto luogo, ieri 9 gennaio, come preannunciato, la riunione dei postelegrafonici rimasti senza salario e senza pensione per effetto della manovra di natale di Monti.
Il fatto nasce dalla volontà delle Poste di volere “svecchiare e rinnovare” gli organici per cui hanno offerto a quanti risultavano prossimi al pensionamento ed erano disponibili alle dimissioni anticipate, due opzioni: uno scambio genitore figlio/a ovvero incentivi finanziari.
Poi – scrivono Piero Mangione e Pio Capodieci della CGIL – sono arrivati i provvedimenti di Berlusconi/Tremonti/Sacconi che hanno spostato di 12/18 mesi l’uscita dal mercato del lavoro, per cui i postelegrafonici che avevano ricevuto l’incentivo di accompagnamento alla pensione, attraverso un BONUS, hanno ricevuto una integrazione finanziaria, gli altri, che avevano scelto lo scambio hanno dovuto rassegnarsi ad aspettare l’uscita prorogata.
E’ arrivato Monti e, dal gennaio 2012, ha tradotto tutte le pensioni in itinere dal sistema retributivo o misto in contributivo.
Poi ha eliminato la pensione di anzianità stabilendo che l’uscita volontaria è possibile (con penale) solo per coloro i quali posseggono 42 anni e mesi 3 di contributi, mentre tutti gli altri possono andare in pensione solo con 66/67 anni di età.
Tale manovra ha lasciato, d’un sol colpo, nella bufera i programmi di vita di tante famiglie ed i postelegrafonici che avevano scelto lo scambio senza reddito dovranno restarvi per ulteriori 4/5 anni, così come per quegli altri che avevano ricevuto un incentivo di accompagnamento forfettizzato rispetto alle finestre di uscita dell’epoca.
Tutto ciò è potuto accadere perchè, nell’ambito della contrattazione individuale e non collettiva e sindacale, nessuno ha preteso l’inserimento di una “clausola di garanzia” che prevedesse il diritto alla rinegoziazione degli accordi, nel caso che, prima del pensionamento programmato, il sistema previdenziale venisse legislativamente cambiato, facendo venire meno le condizioni per le dimissioni anticipate.
In provincia di Agrigento – osservano i due sindacalisti – le questioni riguardano oltre 60 postelegrafonici, mentre in Sicilia risultano 1.500 ed in Italia oltre 9 mila.
La CGIL, coi suoi sindacati di categoria (SLC e SPI) ha attivato nazionalmente una iniziativa in direzione delle Poste e del Governo per “sanare” queste situazioni angosciose e dove i tempi dovessero allungarsi oltre misura, in Agrigento saranno avviati i ricorsi legali a tutela dei termini di concordato tra lavoratore ed azienda che configuravano, comunque “ bocce ferme “.