Centonove di questa settimana pubblica un interessante articolo a firma di Alida Amico che mette a nudo come l’assemblea dei segretari dei circoli Pd, svoltasi domenica scorsa a Catania, non abbia schiarito il clima di contrasti interni. La “fronda” anti Lombardo – la pattuglia dei parlamentari “dissidenti” contrari al sostegno al governatore, intesta Enzo Bianco, Mirello Crisafulli, Giovanni Burtone, Bernardo Mattarella, etc. – non molla. Anzi, ha già preannunciato una raccolta di firme tra gli iscritti, per arrivare al più presto al referendum regionale. Bianco, ha fatto ricorso a You Tube. Crisafulli, ha invece già mobilitato le truppe ennesi. Idem il deputato regionale gelese, Miguel Donegani, nel nisseno. Il segretario regionale del partito Giuseppe Lupo ha anche voluto fare una precisazione su Bianco: “Non è vero che ha chiesto di parlare. Se l’avesse chiesto l’avremmo fatto intervenire. Appena ho finito la relazione, lui si è alzato e se n’è andato. Uno che parla di referendum, dovrebbe avere interesse ad ascoltare la base del partito, i rappresentanti dei circoli e del territorio. Mi è dispiaciuto che abbia deciso di non partecipare ai lavori…”. Le firme contro Berlusconi, per le quali il segretario del Pd Lupo accenna alla prossima mobilitazione dei circoli, per contribuire a raccogliere, come in tutta Italia 10 milioni di firme per chiederne le dimissioni; la presa di distanze dal governo Lombardo chiesta da Idv e Sel; il terzo polo, rispetto al quale Lupo dichiara che ”dovrebbe prevalere in tutti il senso di responsabilità per costruire davvero un’alleanza democratica dal punto di vista programmatico, alternativa a Berlusconi. Una maggioranza non di testimonianza dell’opposizione ma che abbia una reale possibilità di vincere le elezioni. Ed ai ballottaggi valuta di allearsi con il terzo polo”. Non mancano però fermenti all’interno del partito, con Burtone, che da sempre contrario al sostegno a Lombardo, subito un referendum, mentre ad Enna,Vittorio Di Gangi, il segretario cittadino schierato con Crisafulli, ha già iniziato a raccogliere le firme tra gli iscritti.
Dalla politica all’arte e alle rogne giudiziarie. “Il professore Gennaro Tampone – scrive nel suo articolo la Amico -, ingegnere ed architetto, docente del restauro architettonico all’Università di Firenze – nonché membro del comitato direttivo dell’Icomos per il restauro ligneo, massimo organo di consulenza scientifica dell’Unesco – oggi si ritrova, infatti, a fare la spola tra Firenze e Nicosia, perché deve difendersi in un’ aula di giustizia, dall’accusa di diffamazione aggravata. Motivo? Tutto parte da un mega progetto che a tranche, prevedeva fin dal 2000 una serie di interventi sull’intero complesso della Cattedrale di San Nicolò. Il suo querelante, è un architetto di Monreale, tale Gaetano Renda – ben introitato nelle Curie di mezza Sicilia, tra cui quella di Palermo e Nicosia – nonché direttore dei lavori di restauro nella Cattedrale di San Nicolò“. Il professore Tampone, un “luminare” di fama internazionale nel suo campo, nella sua ultima relazione tecnica del gennaio 2009, consegnata al sindaco Antonino Catania, nella qualità di consulente (a titolo gratuito) dell’amministrazione comunale, aveva bocciato tout court il restauro in corso: per palese “mancanza di analisi specifiche” sulla struttura lignea portante. Un intervento “ingiustificato e dannoso” secondo il professore, che ha demolito tout court il progetto esecutivo della ditta Ares.già approvato fin dal 2004 dalla Soprintendenza di Enna. “E’ sorprendente – aveva bacchettato il “luminare” – che il progetto sia stato considerato esecutivo anche dagli organi preposti alla tutela dei beni culturali”. Nella stessa relazione, poi letta e discussa in consiglio comunale e nei tavoli tecnici, in un passaggio, il professore Tampone ipotizzava il “sospetto che si tratti soltanto di un’operazione programmata per fare aumentare l’importo dei lavori per le notule professionali…” Affermazioni, che hanno fatto scattare la querela per diffamazione da parte del progettista e direttore dei lavori, l’architetto Gaetano Renda. Tutte le scelte progettuali, erano state regolarmente avallate, dalla Soprintendenza di Enna, allora presieduta dall’ architetto Salvatore Scuto. Personaggio contestatissimo: durante la sua precedente direzione alla Soprintendenza di Caltanissetta, ingaggiò una guerra giudiziaria contro la Curia nissena Sull’iter dell’appalto già nel 2006, l’ex parlamentare dei Ds, Angelo Lo Maglio (attuale dirigente regionale di Legambiente), con una interrogazione al Ministero dei Beni Culturali, aveva sollevato non poche “perplessità” sulla scelta – da parte dell’ex Vescovo di Nicosia, Salvatore Pappalardo – dell’architetto di fiducia della Curia, Gaetano Renda. Professionista “senza alcuna esperienza specifica” nel settore del restauro di strutture di legno antiche, annotava Lo Maglio. Ciò nonostante, il professore Gennaro Tampone – che ha tra l’altro restaurato strutture di grande rilievo, come la Fortezza Medicea a Firenze, ed è anche autore di svariate pubblicazioni ( tra cui una riguardante proprio il soffitto ligneo della Cattedrale di Nicosia) – si ritrova oggi ad essere isolato. Abbandonato anche dall’ex Soprintendente Beatrice Basile, la dirigente della sezione Beni architettonici dell’ente, Rosa Oliva e dalle associazioni ambientaliste regionali, come Legambiente e Italia Nostra.
Restando in tema di vicende giudiziarie, la Amico propone ai lettori un articolo sull’ex Governatore della Sicilia Totò Cuffaro. Ricorda come il nome di Cuffaro inizia ad essere conosciuto nel 1991, quando all’indomani dell’uccisione del commerciante palermitano Libero Grassi dalla mafia, Cuffaro nel corso di una trasmissione televisiva, imbracciando il microfono, cominciò ad urlare contro la “volgare aggressione alla migliore classe dirigente siciliana”. Allora, era già diventato lo stretto collaboratore del suo “maestro” Calogero Mannino.il libro di Cuffaro, nel quale ricordava la vicenda giudiziaria che coinvolse il suo amico e maestro “Lillo” e che lo turbò per tanto tempo. Chi l’avrebbe detto, che un giorno sarebbe toccato a lui, a Totò “vasa vasa” – come se lo sfottevano amici ed avversari – interpretare la tremenda parte del potente di turno, che rotola nella polvere. Da “inquilino” blandito e riverito, nella ex reggia dorata e di stucchi di re Federico II ed a Palazzo D’Orleans, ad una disadorna e fredda cella del carcere di Rebibbia. Destini e vite “parallele”, quelli dell’ex ministro dc Lillo Mannino e di Totò Cuffaro. Entrambi agrigentini, il primo di Sciacca ed il secondo di Raffadali, entrambi democristiani… A seguire, un’interessante intervista all’ex ministro Lillo Mannino.
Per chiudere, un altro argomento agrigentino: la Banca del cordone ombelicale. “Quale futuro per la Banca del cordone ombelicale?” ”Vogliamo che la Banca del Cordone ombelicale, oggi commissariata dall’Assessorato regionale alla Sanità – reclama l’avvocatessa Tiziana Russo, che capeggia il comitato civico scientifico pro Banca del cordone ombelicale – venga riattivata e ritorni al prestigio di una volta. Quando la dirigevano i 2 ricercatori che l’hanno fondata: il dottor Ciaccio e la dottoressa Michela Gesù.“ Già, perché sulla Banca del Cordone ombelicale, una delle 18 presenti in ogni regione d’Italia – fondata nel 1999 dal dottor Lillo Ciaccio e dalla biologa genetista Michela Gesù (“tra le più importanti in Europa e la seconda nel mondo dopo quella di New York , per attestati di merito” rammenta Russo), entrambi in servizio all’ospedale Giovanni Paolo II di Sciacca ( che ospita la Banca) – nell’ottobre del 2006, in seguito ad un esposto di una dipendente, si abbatté la bufera giudiziaria. Nonostante le successive assoluzioni, i due medici ricercatori restano fuori dalla Banca. Il tutto, era nato da un equivoco, visto che i ricercatori non avevano fatto un test di esame, previsto dalla legge, ma in compenso avevano fatto quello del Dna, allora non previsto dalla normativa nazionale, che era mille volte migliore e molto più sicuro. Poi, la storia di un inutile e costoso exploit dei cordoni conservati (Milano, ne ha 7 mila, Torino 1.718, Bologna ne ha 3.126, altre regioni non superano le 2000 unità”, mentre a Sciacca – afferma Ciaccio – ce ne sono 20 mila. Eppure, l’ex manager dell’Azienda ospedaliera Luigi Marano (vicino al sottosegretario Miccichè) nel 2006, ha realizzato un’altra “inutile mega area” di stoccaggio – come annotano in una interrogazione presentata al presidente della Regione ed all’Assessore Russo, i deputati del Pd Giacomo Di Benedetto ed Enzo Marinello – che dovrebbe accogliere qualcosa come 70 mila cordoni ombelicali (più dell’intero fabbisogno nazionale). A rispondere alle domande della giornalista, Attilio Mele, che lo scorso agosto è stato nominato dall’assessore alla sanità Russo, commissario ad acta nella Banca del cordone ombelicale di Sciacca, che afferma come tutta questa vicenda continua, purtroppo ad essere alimentata da una serie di informazioni fuorvianti, che spiega nel corso dell’intervista.