Negli anni’80, nessuno personificava il volto del capomafia delle famiglie di New York meglio di John Gotti, boss della famiglia mafiosa dei Gambino, morto di cancro in un ospedale della prigione federale di Springfield, nel Missouri nel 2002 (v. Foto)
Comandava un impero criminale imponente, ma era anche una celebrità non ufficiale che compariva regolarmente nella sezione gossip del New York Post, a destra accanto a Jerry Hall e Christie Brinkley. Fotografato dai paparazzi nei ristoranti più costosi di Manhattan, come note attrici e rock star.
Dai tempi di John Gotti, molte cose sono cambiate negli Stati Uniti.
La stessa New York. Bensonhurst, il quartiere di Brooklyn dove Gravano è cresciuto, è ora sede di una popolazione asiatica in continua crescita.
Così come era già avvenuto precedentemente per altri quartieri italiani, come Bay Ridge che un tempo era sede della mafia di potere. Il Tali’s Bar, locale notturno conosciuto per le “visite” di Gravano, è oggi un ristorante vietnamita.
Le cose sono molto diverse oggi. Come Gotti, molti uomini di mafia che una volta portavano i nomi di famiglie storiche, sono ormai morti, mentre altri languono in prigione.
Ma mentre i giorni del fiammeggiante “Dapper Don” – com’era chiamato Gotti – sono finiti, le cinque grandi famiglie della criminalità -Bonanno, Colombo, Gambino, Genovese e Lucchese- sono ancora attive. E fatto ancora più importante, sono sempre pronte a fare soldi.
“Quando l’economia va, questi ragazzi vanno”, dice Michael Gaeta dell’FBI. “Nonostante i nostri attacchi, hanno saputo adattarsi”.
I mafiosi del 21 ° secolo continuano a vivere di quello che è stato il loro pane per oltre un secolo, il gioco d’azzardo illegale e l’estorsione, il settore edile e il sindacato.
Di conseguenza, le imprese con collegamenti con la criminalità organizzata si sono aggiudicate gli appalti più importanti negli ultimi dieci anni, come la creazione di un impianto di trattamento delle acque nel Bronx e la ricostruzione del sito del World Trade Center.
Le cinque famiglie sono riuscite a tenere il passo con l‘economia fluttuante di oggi. La famiglia Lucchese ha approfittato del boom di Wall Street convincendo le persone ad investire in titoli garantiti da ipoteca attraverso un hedge fund. Sfortunatamente per gli investitori, l’hedge fund è stata una farsa che non è stata seguita da investimenti in Wall Street, ma per una casa a Staten Island.
I membri della famiglia hanno anche preso vantaggio nel mercato immobiliare. Le imprese di costruzione con collegamenti con la criminalità organizzata hanno fatto affari nel campo del calcestruzzo e dei rifiuti e la famiglia Genovese è stata pronta a capovolgere tutto, quando la bolla è scoppiata.
Uno sviluppo positivo degli ultimi anni è stata la diminuzione della violenza, delle stragi. Un gradito ritorno ad un comportamento più discreto, come quello del sindacato del delitto di un lontano passato. Cosa Nostra ha sempre usato la forza per raggiungere i suoi obiettivi, ma durante gli anni ‘80 la spirale delle violenze divenne incontrollata e lasciò parecchi morti lungo le strade.
Uno dei casi più agghiacciante avvenne il 16 dicembre 1985, quando l’ex boss della famiglia Gambino, Paolo Castellano, venne ucciso in pubblico da due uomini armati a Manhattan.
“Sono meno visibili di quelli di una volta – dice Gaita dell’FBI, riferendosi ai mafiosi. – conducono in maniera più intelligente gli affari”.
Ma nessuno deve pensare che la leggendaria organizzazione criminale è giunta al termine. La mafia di New York ha abbassato il suo profilo per operare nell’ombra. Ma nessuno sa quando verrà il giorno in cui emergerà per affermare nuovamente il proprio predominio.
“Non sono certo finiti”, afferma l’agente dell’FBI Gerald Conrad.
E forse, dietro la faida canadese, oltre alla ‘ndrangheta, ci sono anche loro, i padrini storici della mafia italo-americana: le cinque grandi famiglie dei Bonanno, Colombo, Gambino, Genovese e Lucchese.
La Sesta Famiglia, quella dei Rizzuto, sembra destinata a soccombere.
Però, adifferenza di quanto accade in Italia, dove non siamo abituati a leggere i nomi di boss mafiosi, se questi non sono latitanti, detenuti o morti, negli USA è un fatto abbastanza normale che i giornalisti possano scrivere di soggetti legati alla criminalità organizzata, pubblicandone i nomi ed etichettandoli come “mafiosi”.
Se da noi, non potrà mai accadere di leggere sulle pagine di un quotidiano il nome di un mafioso, mentre questi è ancora in libertà, figuriamoci poter vedere pubblicata una sua foto, mentre si trova in un locale alla moda o mentre passeggia in città.
I nostri boss, o non sono tali fino alla morte o all’arresto, oppure lo sono soltanto durante la loro latitanza.
In tutto questo, c’è qualche conto che non torna e sul quale, specie chi fa informazione, dovrebbe iniziare ad interrogarsi.
Chi sono i boss che certamente ci passeggiano accanto o prendono il caffè nello stesso bar che frequentiamo noi?
Gian J. Morici