Richiesta di rinvio a giudizio a Caltanissetta per “madame Antimafia”, la dott. Saguto, presidentessa della Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo, imputata di associazione a delinquere per la gestione dei beni sequestrati e confiscati “alla Mafia” (che sarebbe più onesto dire, come del resto dice la stessa legge, “a presunti mafiosi”) assieme ad una consistente schiera di suoi famigliari, avvocati e personaggi vari che, della gestione del succulento patrimonio accumulato dall’Antimafia avevano fatto “cosa loro”.
Più o meno contemporaneamente si legge sulla solita “Antimafia 2000”, del Guru Bongiovanni, “organo ufficioso” (a detta di Ingroia) della Procura di Palermo, che avrà luogo a Milano (già. Perché a Milano?) il “5° Festival dei beni confiscati alle mafie”.
Questa storia di un festival dei beni confiscati, anche senza la coincidenza temporale con l’evento nisseno, relativo ad uno dei più brutti e vergognosi episodi della giustizia italiana (e dico poco!), ha in sé qualcosa, al contempo, di umoristico e di tragico. Umorismo nero, qualcosa di lugubre. In fondo un sequestro è per le cose, i patrimoni, le aziende qualcosa di analogo a ciò che è una impiccagione, una fucilazione per le persone.
Un festival delle cose confiscate ha inevitabilmente qualcosa che riguarda gli spettacoli delle impiccagioni per le folle dei sudditi di Santa Romana Chiesa. “Ma prima vorse gode l’impiccato”. Così si “godeva”, secondo G.G. Belli nella Roma di Gregorio XVI.
A “godere”, festeggiare, organizzare addirittura un festival (nella Città degli Affari!) sono, pare, gli “Antimafia” alla Don Ciotti, alla Bongiovanni, alla Di Matteo, quelli dell’Ingegner Borsellino, “Il Fratello” . Ma la coincidenza con l’evento giudiziario nisseno fa pensare ad altri festeggianti, altri “godimenti”. Se quelli là riassumibili (si fa per dire) nella formula “Mammà ti sequestra un po’ di alberghi, visto che a te, figlio mio, piace tanto fare l’albergatore” e gli altri analoghi di questa partita, sono finiti con processi, arresti e, vedremo poi, se anche con condanne, altri “godimenti” del genere sarebbe ingenuo, anzi un po’ folle, escludere che non ve ne siano e non ve ne saranno. Di qui il festival, che è, pensate un po’, il quinto e altri ancora ve ne saranno. Per consentire a chi “gode” degli “impiccati” ma, soprattutto di cose più usualmente (e non meno tristemente) godibili, di spassarsela anche con canzoni, spettacoli e sarebbe strano che mancassero, vecchi ma ora nuovi, significativi alberi della cuccagna. Che non dovrebbero mancare.
Così il festival avrebbe una logica. E un nome: il Festival della Cuccagna.
Mauro Mellini