e siccome sei molto lontano, più forte ti scriverò…
sì, decidi tu, poiché mi farebbe strano usare il termine amico con una persona che conosco solo perché primo cittadino di questa città che non mi diede neppure i natali. Vedi caro Marco, stamani mi trovavo a percorrere la via Atenea, cuore pulsante e commerciale della città che ben conosco, poiché la mia famiglia già a partire dal lontano ’59 si dedicò a tale misera attività che non accresce certo culturalmente quanti presi dall’assillo quotidiano degli affari devono fare i conti con acquisti, spese, tasse e stipendi, ma anche utili aziendali. Io stesso, oltre la mia famiglia, dedicai parte della mia vita al commercio. Attività infame e miserabile che comunque mi gratificava un po’ con qualche miliarduccio di vecchie lire di fatturato annuo.
All’epoca, quando io iniziai a lavorare aprendo il mio primo negozio (1981/82), tu eri solo un bricconcello dai calzoni corti, al quale questa misera cittaduzza (ma non solo lei) aveva riservato un futuro politico prestigioso, anche se da pagare a caro prezzo sacrificando la propria esistenza e la propria carriera professionale per dedicarsi alla collettività. Ma riprendiamo da dove avevo iniziato, dalla via Atenea. Due passi nel salotto buono di città, per lasciare da parte i pensieri del giorno. Poi ho visto un negozio chiuso. Un altro ancora. Una sfilza di cartelli con su scritto “vendesi”, “affittasi”, “trasferito”. E mentre guardavo le saracinesche inesorabilmente chiuse, inciampavo su un acciottolato sconnesso degno delle migliori mulattiere alpestri. Sì, un percorso che riporta alla mente paesaggi incontaminati, spazi aperti, cieli azzurri. Peccato che ai bordi di ciò che senti sotto i piedi, non vi sia nulla di tutto ciò. Un’interminabile fila di vecchi palazzotti malridotti, sul cui pianoterra si aprono le saracinesche di negozi sempre più vuoti.
Alla mente anche le immagini, che tu non puoi ricordare vista la giovane età, di una strada sventrata per essere malamente rifatta ad opera di chi in un lontano passato ti fu predecessore. Malamente sì, ma pur sempre rifatta, cosa che oggi non accade più… Poi ho fatto quello che normalmente faccio in casi del genere: mi sono girato incuriosito cercando gli sguardi di chi come me osservava quel triste spettacolo che offrivano i negozi chiusi, quelli aperti ma vuoti, la mulattiera che calpestavo.
E mentre facevo il conto, quindici, sedici…venti, ventuno, ventidue… trenta, trentuno…, ecco che una voce m’interrompeva: “Conti quelli chiusi? A breve, farai prima a contare quelli che sono ancora aperti…”.
Sì caro Marco, la gente non capisce. Loro non sanno quanti sacrifici hai dovuto fare a partire da quando nel 1993, appena ventenne, ti prodigasti per questa città facendoti eleggere al consiglio comunale di Agrigento nella lista della Democrazia Cristiana. E non riescono a comprenderti quando lamenti la situazione che hai trovato, lasciata dalla precedente amministrazione della quale fosti Assessore al bilancio. Mentre tu parli di cultura, del nostro teatro che, meraviglia delle meraviglie, si sta certamente affermando nel panorama internazionale come fucina di grandi artisti, così come uno stabile merita, loro, poveri meschini, cosa fanno, si lasciano prendere dal panico della loro miseria umana, del soli ed indifesi di fronte alla paura di rimanere senza un lavoro, senza una casa, senza certezze.
Nonostante ciò, parlano di mare e d’inquinamento. Diciamocelo pure caro Marco, il mare non è certamente quello di quando io ero bambino e mio padre comprò un villino a San Leone. Tu non puoi ricordare, era il 1968 e tu non eri ancora nato. L’acqua era limpida, il profumo del mare si sentiva già prima d’arrivare al Villaggio Peruzzo e Giaracannà pescava i polpi nella secca di Maddalusa, lì alla foce del fiume. Oppure i pesci a poche decine di metri da riva, con la sua barchetta a remi. Un uomo, il mare e le sue ceste colme di pesci che poi vendeva. Erano i tempi in cui lo spazzino si chiamava spazzino, ma percepiva lo stipendio. Poi divenne netturbino. Ed ora, che è “operatore ecologico”, rischia di dover cercare nella monnezza per trovare qualcosa a mangiare.
Se solo Giaracannà e gli spazzini avessero compreso il valore degli escrementi che riversiamo nel nostro mare e della monnezza sulla quale altri hanno fondato i propri imperi economici, oggi li avremmo ricordati come gli uomini più ricchi di Agrigento. Ma a far questo, ci pensò la politica. Quella politica della quale tu sei figlio d’arte. Da buon cattolico, capisti subito, appena eletto sindaco, che dovevi dedicare il tuo successo alla Madonna, chiedere la grazia a San Calo’, recarti da Padre Pio e a Medjugorje e votarti all’Angelino. Tra una crociera nei Mari del Nord e un pellegrinaggio, trovasti anche il tempo per dedicarti alla cultura e proporre interessantissimi progetti finalizzati al miglioramento degli uffici. Da quello che permette al tuo autista di percepire12.000euro oltre quanto previsto per legge, al premio a chi assunto a progetto per portare a termine un compito ben preciso, viene gratificato sol perché lavora ottemperando a quanto previsto dal contratto d’assunzione.
Vallo a spiegare ai commercianti che oltre a pagare lo stipendio ai dipendenti, dovrebbero dargli un di più visto che gli stessi si presentano anche al lavoro…
Ma non è solo questo che di te fa una persona “speciale”. Sei speciale perché nonostante la tua brillante carriera professionale che certamente tanto di gratificava economicamente, sei stato capace di grandi rinunce, vivendo con quelle poche migliaia di euro che un Comune malmesso come il nostro può darti.
Ho letto di recente della tua caparbietà a non lasciare il Palazzo dei Giganti. Un discorso serio da parte di chi si è immolato sull’altare dell’altruismo, del voler bene ad Agrigento. Sai mi hai fatto molto ridere. Ho riso tanto e vorrei dirti che sei grande. Non te lo dico poiché con il termine grande indichiamo anche chi è alto, e tu lo sei veramente, e mi sovviene quella stanza popolare del cui autore non ricordo, “A ogni Santu veni a so’ festa”:
Autu Signuri da biunna testa,
(Alto Signore dalla bionda testa)
ca mi fa’ abballari ca doglia ‘ncori,
(che mi fai ballare con il dolore al cuore)
a ogni Santu veni a so’ festa
(ad ogni Santo viene la sua festa)
e a tia Signuri veniri ti voli.
(e a te Signore, venir ti vuole).
Caro Marco, non val la pena che tu t’immoli per questa città che non ti merita. Candidati. Candidati alla Regione, o meglio alle nazionali. Oppure ancora, sacrificati per il Parlamento Europeo. Lascia Agrigento nella sua miseria, quella dei piccoli botteganti che pagavano le tasse e (anche se a volte sottopagato) davano lavoro. Loro non capiscono di teatro, quel Teatro con la T maiuscola che tu hai saputo regalare a questa cittaduzza. Tu, che, con quello che ti consentiva la tua professione, hai girato il mondo godendo dell’incanto dei migliori teatri del mondo. Dal Metropolitan Opera di New York, al Covent Garden di Londra, passando d all’Opera Bastille di Parigi e dal Bolshoi di Mosca, per finire con l’Opera House di Sydney, che, come la nostra Valle dei Templi, è Patrimonio Unesco.
Insomma, caro Marco, caro sindaco, decidi tu, ad Agrigento non val la pena di vivere, ma, qualora tu dovessi decidere d’immolarti ancora, sono certo che ci terremo buona compagnia, tornando a parlare dei tanti negozi chiusi(a breve ti darò il piacere di vedere le meravigliose foto di questo spettacolo); della “mulattiera Atenea”; degli escrementi in mare, con buona pace di quella buonanima di Giaracannà e tanto altro ancora. Sarà un cammino lungo e che forse percorreremo in quasi solitudine (la stampa, o quantomeno una “certa” stampa se ne guarderà bene…), ma poco importa, poiché sappiamo che è un cammino che guarda al futuro dei nostri figli. Dei figli di tutti gli agrigentini e non solo dei figli di amici e parenti per i quali tanti politici si sono sempre spesi. Qualcuno penserà che questo cammino si svolge lungo una “cattiva strada”. È solo una strada come la “mulattiera Atenea”, nulla di più, nulla di meno. E se così la pensi anche tu, chiudo questa mia dicendoti:
Caro Marco, un abbraccio sulla cattiva strada.
Gian J. Morici
Magna Grecia Conquisto il Mondo nn tanto con le guerre quanto col Commercio…
MERAVIGLIOSAMENTE VERO
Se fossi al postodel sindaco, dopo aver letto una lettera del genere, mi vergognerei persino ad uscire per strada.
In questo appello/rimprovero c’è milto più di quanto non si sarebbe potuto scrivere in cento articoli critici.
Complimenti!!!
Direttore,metterei anche la mia firma anche io in fondo a questa tua lettera.Grazie.
la politica è scollegata dalla realtà territoriale agrigentina.