Intervista a cura di Gian J. Morici
Proseguiamo con le interviste a Salvatore Martorana, l’allora sottufficiale dei Carabinier che per anni lavorò con Paolo Borsellino.
Dottore Martorana, nel corso della prima intervista raccontò di come da ausiliario dei Carabinieri fuori servizio, da solo e disarmato, inseguì uno scippatore, che poi si scoprì avere sulla moto anche una pistola, e dopo una breve colluttazione lo trasse in arresto. Un arresto che le valse un encomio…

Sì, fu da quella prima azione e dall’opera di persuasione del Generale Siragusano, Comandante della Legione Carabinieri Sicilia, che mi convinsi a rimanere nell’Arma. Non mi chieda perché da solo e disarmato inseguii quello scippatore… Incoscienza di un giovane al secondo giorno di servizio? Coraggio? Posso solo dirle che aver sentito le urla di una donna e vedere un giovane che, salito a bordo di una Vespa truccata, fuggiva via, suscitò in me una reazione che forse non mi aspettavo neppure io. Erano gli anni di una Palermo calda che in quelli a venire sarebbe diventata ancora più calda…mafia, omicidi, scippi, rapine… mondi distanti anni luce dall’educazione che avevo ricevuto, così come per tanti giovani perbene nati e cresciuti in una città intrisa di violenza e omertà, che sognavano un cambiamento. E così scelsi da quale parte stare…
Non fu quella l’unica volta che si trovò a mettere a rischio a sua incolumità per trarre in arresto persone armate, senza stare troppo a pensare…
Come le dissi fin dalla prima intervista, non mi piace narrare di operazioni effettuate, arresti e quanto altro. Non spetta a noi appartenenti, o ex appartenenti, alle Forze dell’Ordine o alle Forze Armate raccontare le nostre gesta. Qualche volta, per la verità rare volte, vengono riportate dalla stampa, il più delle volte le narrano gli atti interni, gli encomi, gli elogi…Della mia vita professionale “parlano le carte”…
E le ciance, dunque, stanno a zero? Per una volta ci racconti una “chiacchiera”, una di quelle storie di una Palermo calda come quella che ha vissuto…
No, le racconto una storia di dedizione al dovere, di sangue freddo e forse anche di fortuna nel non essere uccisi e nel non dovere uccidere… Una sera del mese di febbraio del ’79, mentre facevamo servizio antirapina con l’auto civetta, io e il collega La Colla notavamo, in una zona buia, dei giovani a bordo di una 500 Fiat e tre vespini. Scesi per fare un controllo due dei giovani, pistole in mano, si davano alla fuga, e mentre io bloccavo i quattro sull’auto, il collega La Colla affrontava il quinto che estraeva una pistola. La Colla, senza perdersi d’animo né lasciarsi impaurire, estratta l’arma d’ordinanza sparava un colpo in aria intimando al giovane di buttare la pistola. Inutile dire che in quel momento poteva accadere di tutto…essere costretti a sparare o farci uccidere… Andò bene, arrestammo cinque rapinatori che poche ore prima avevano portato a segno altri colpi. Portati in Caserma, gli arrestati fecero i nomi dei due fuggitivi che poco dopo vennero arrestati.

Anche questo le valse un encomio… Quanti altri soggetti, legati alla criminalità organizzata ha indagato e arrestato?
Ho preso parte a diverse operazioni…condotto indagini ed effettuato arresti, ma non mi piace parlare e enfatizzare quello che ho fatto durate gli anni di servizio. Morici, sono certo che a lei in tanti anni non sono mancati contatti e amicizie nel mondo delle divise…Quante volte i suoi amici si fanno vanto di ciò che fanno nell’esercizio delle loro funzioni? Quante volte lei parla della sua attività e loro di quella che svolgono, entrando nei particolari o raccontando gli aspetti più reconditi delle vicende?
Martorana, e che facciamo, vuole invertire i ruoli e intervistare me? Comunque è vero quello che dice, ognuno di noi non parla mai della propria professione, di cosa fa o non fa o di cosa ha fatto o non fatto… Deve esserci una ragione particolare per affrontare determinati argomenti, e quelle rare volte che è stato necessario lo si è fatto nelle sedi deputate… Un mio fraterno amico della Polizia di Stato soleva dire: “Quando le ciance sono troppe, i fatti sono quasi inesistenti”. Ma torniamo a noi, di un arresto molto importante, di un uomo ai vertici di Cosa Nostra, un accenno lo ha dato…
So a chi si riferisce… Non sto qui a raccontare la storia, le indagini e quanto altro, voglio sperare non se l’abbia a male se anche a tal proposito lascio “parlare le carte”… le indagini e successiva cattura di un pericolosissimo latitante, responsabile di efferati delitti e ritenuto “esponente massimo” di Cosa Nostra. Non è neppure il caso di farne il nome, la data del febbraio 1986 è sufficiente a identificare il Capo dei Capi di Cosa Nostra dell’epoca…

È stata questa la cosa che l’ha gratificato di più nel corso della sua carriera?
Sicuramente è stata una bella gratificazione…ma quello che ricordo sempre con piacere , è quanto le ho detto la volta precedente rispetto le lettere che il Giudice Borsellino scrisse a tutte le autorità dicendo che rinunciava alla vigilanza sotto casa, alla scorta a Palermo, e di volere accanto solo me…
E se le dicessi che la sua vicinanza a Borsellino era stata messa in dubbio?

Potrei risponderle che poco m’importa dei dubbi di chi non sa nulla…e comunque non credo che ancora oggi qualcuno abbia il coraggio di aprire becco a tal proposito… Persino nel ringraziamento, pubblico, da parte del Presidente della Repubblica, per aver espresso solidarietà nei suoi riguardi, si fa riferimento ai quindici anni durante i quali lavorai con il Giudice Borsellino…Pensa veramente che mi possa importare delle ciance?
No Martorana, dinanzi i fatti le ciance stanno a zero…

