L’11 luglio 2019 è stato approvato in Senato il disegno di legge costituzionale in materia di riduzione del numero dei parlamentari, che prevede il passaggio dagli attuali 630 a 400 deputati e dagli attuali 315 a 200 senatori, riaprendo di fatto il dibattito attorno a una questione già affrontata durante le passate legislature.
In particolare, in molti sostengono che una riduzione dei parlamentari garantirebbe un Parlamento più snello ed efficace, oltre a un risparmio per le casse dello Stato di circa mezzo miliardo di euro a ogni legislatura. Il taglio di 345 poltrone andrebbe a contrastare l’immagine anacronistica di un Parlamento che ignora le nuove esigenze dei cittadini e che mantiene i propri interessi in una sorta di auto-conservazione che sa di immobilismo. Una riforma che darebbe maggior prestigio ai due rami del Parlamento, rafforzandone il ruolo, poiché in un Parlamento più snello si decide prima ed è possibile riconoscere maggiormente le competenze.
Il disegno, inoltre, permetterebbe di adeguare l’Italia agli altri Paesi europei, dal momento che l’Italia ha il numero più alto di parlamentari d’Europa, maggiore persino rispetto agli USA. Da ciò ne consegue un numero spropositato di leggi, spesso inutili.
Al contrario, secondo il parere di altri, la riforma avrebbe il solo l’effetto di aumentare la distanza tra rappresentanti e cittadini. L’effetto del taglio sarebbe quello di allentare i legami umani della rappresentanza politica e favorire la selezione dall’alto dei candidati, trasferendo il diritto e la responsabilità di eleggere i parlamentari dai cittadini agli apparati politici.
Il semplice taglio dei parlamentari non incide sul problema di fondo del meccanismo istituzionale italiano, ovvero il bicameralismo “ripetitivo” delle Camere. È altresì una riforma che altera le soglie di sbarramento, in quanto per eleggere meno parlamentari in collegi più grandi serviranno più voti.
Il risparmio, inoltre, sarebbe minimo in confronto a una così drastica azione limitativa sulla rappresentanza democratica nel nostro Paese: sarebbe intorno ai 57 milioni di euro all’anno, pari allo 0,007% della spesa pubblica, ovvero una somma irrisoria, se paragonata al bilancio dello Stato.
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