Marco Birolini, autore del libro “Stato canaglia”, non è uno dei tanti giornalisti che scrivono diffondendo le proprie opinioni alla stregua di un detersivo da vendere.
Autore di inchieste giornalistiche su criminalità organizzata, traffico d’armi, droga e rifiuti, ha collaborato con diverse testate nazionali e scrive attualmente su “Avvenire”.
“Stato canaglia” è un libro frutto della raccolta di diverse testimonianze, del confronto con documenti e del riscontro dei fatti narrati.
Grossi affari che vedono il coinvolgimento di personaggi legati alla criminalità organizzata, ma anche a quel mondo sommerso che è rappresentato dai servizi segreti il cui operato spesso apre a domande – quasi sempre senza risposta – su connivenze tra uomini che avrebbero il dovere di garantire la sicurezza dello Stato e quel mondo della criminalità che allo Stato ha dichiarato guerra con le stragi di mafia.
Il motivo ispiratore del libro “Stato canaglia” trae origine dalla desecretazione di atti relativi all’omicidio di Ilaria Alpi uccisa il 20 marzo 1994 a Mogadiscio insieme al cineoperatore Miran Hrovatin.
Un libro nudo, crudo, quello di Birolini, che in maniera scrupolosa e senza voli pindarici narra di fatti che vedono coinvolti personaggi privi di scrupoli in quello che definisce “il grande gioco”.
I retroscena di un fenomeno spesso ignorato dall’informazione italiana.
Sono argomenti che lasciano il lettore interdetto, quasi incredulo, ma che suscitano anche domande alle quali oggi più che mai si dovrebbe trovare il coraggio di dare delle risposte.
Intervista a Marco Birolini:
- Ho iniziato studiando documenti desecretati del caso Alpi – spiega l’autore del libro – Sono partito da rifiuti tossici e da lì sono entrato in contatto con Aldo Anghessa…
- Chi è Aldo Anghessa?
- Un personaggio controverso dei servizi segreti. Ho fatto un’intervista per Avvenire e da lì ho aperto con lui un canale. Ci sentivamo spesso, fin quando un giorno mi dice: ” Come quando negli anni Ottanta facevamo arrivare gli aerei carichi di droga a Trapani“
Cosa significa?
Mi spiega quindi che erano aerei che viaggiavano a pelo d’acqua, sotto quota radar, aggiungendo che “erano cose che faceva anche la CIA, e lo facevamo anche noi”
Una storia grossa, ragion per cui mi sono messo a cercare riscontri.
Ci ho messo un po’ ma li ho trovati.
- Dalle parole di Marco emerge un intreccio di interessi economici e di carattere geopolitico che sembrerebbero far parte di un romanzo. ;a l’autore del libro non lavora di fantasia e racconta nei dettagli gli affari sporchi che vedono coinvolti i servizi segreti italiani e stranieri in operazioni clandestine che riguardano il “Centro Scorpione” a Trapani. Il Centro d’addestramento speciale creato in funzione anticomunista e poi utilizzato dal Sismi.
- Tra i riscontri alle parole di Anghessa, anche quello che raccontò un ispettore di polizia che aveva incontrato un confidente di mafia il quale aveva riferito di come la droga arrivasse nelle casse delle bombe.
L’ispettore denuncia i fatti al Viminale, ma la storia non ha alcun seguito.
Poi c’è anche la testimonianza di un ex collaboratore dei servizi che parla di fatti diversi ma sovrapponibili.
Le stesse cose le narra anche un ex agente al giudice Carlo Palermo.
Sono tre testimonianze che parlano di aerei che arrivavano e scaricavano il carico su piste abbandonate.
Anghessa seguiva il traffico di armi e a un certo punto si imbatte in quello del rifiuti.
Una storia di scambi, un po’ come in Libano dove mandavamo le scorie e in cambio i miliziani palestinesi chiedevano armi.
Questo viene fuori da vari documenti che sono nel dossier Ilaria Alpi.
- Qual è il ruolo della mafia in tutto questo?
- I servizi si servono delle mafie come appoggio logistico e per condurre affari in comune.
La cosa che mi ha colpito la racconta il giudice Palermo che incontra un ex uomo del Comsubin il quale fa parte di Gladio.
È quest’uomo che gli parla del Campo Milo, vicino a Trapani.
Nel libro del giudice Palermo questo passaggio è raccontato.
L’ex uomo di Gladio gli dice che per capire il patto tra Stato e mafia – non la trattativa – bisogna capire a cosa serviva l’aeroporto di campo Milo che era ufficialmente in disuso, e che però all’occorrenza, se serviva, la famiglia Virga lo riattivava.
Questo trova riscontro in vari documenti in cui si parla del Centro Scorpione.
La mafia veniva dunque utilizzata per appoggio logistico, un do ut des.
Francesco Elmo, ex collaboratore dei servizi segreti, afferma che quelli del Centro Scorpione si sarebbero certamente accorti dell’arrivo di questi voli ,e di conseguenza sarebbero stati avvisati per favorirli dandogli copertura.
Quando si parla di servizi segreti si rischia la fiction, sembra quasi la Spectre di James Bond.
Ma i servizi segreti sono fatti di uomini , di correnti e di gelosie.
Ogni istituzione non è un monolite.
All’interno dei servizi, come in un’azienda, ci sono varie anime e vari pensieri.
Non si tratta di servizi deviati , all’interno delle strutture ci sono dei personaggi… alcuni dei quali magari ritenevano di ricevere degli ordini e di doverli eseguire.
Ci sono tante sfumature.
- Tu in “Stato canaglia” citi i nomi di questi personaggi, racconti i fatti…
- Io per scelta mi sono attenuto alle testimonianze, a fatti il documentati , senza fare voli pindarici.
Da quello che ho capito il traffico di droga potrebbe essere stato usato per finanziare fondi neri… Secondo il racconto di Elmo, questi fondi neri venivano realizzati con il traffico di droga in Sicilia e poi mandati in Svizzera.
Elmo parla di una finanziaria Svizzera che avrebbe avuto un ruolo chiave, e guarda caso, era la stessa finanziaria dalla quale passò il pagamento della partita di droga che arrivò con il Big John.
Quel traffico lì fu organizzato da Rosario Naimo, che anche il procuratore di Trapani, Intervistato da Report, disse essere vicino alla CIA.
Questi flussi di denaro provenienti dal traffico di droga arrivano in Svizzera e poi vengono utilizzati, per ipotesi, per finanziare operazioni clandestine.
Quando ci fu il mancato attentato all’Addaura, nella spiaggetta antistante la villa di Giovanni Falcone, c’erano i suoi colleghi svizzeri Carla del Ponte e Claudio Lehmann.
Francesco Elmo sostiene che stavano lavorando su questi fondi neri e che gli hanno dato un avvertimento…
L’idea che mi sono fatto, io è che dietro molte vicende ci fosse l’interesse del traffico di droga.
Una marea di soldi.
La Sicilia a quell’epoca era l’hub del narcotraffico.
Su traffici di questa dimensione è chiaro che coperture e complicità istituzionali non sono mancate.
Il narcotraffico è un flusso continuo di denaro e di fronte le cifre del traffico di droga le altre vicende impallidiscono.
Falcone fa il Maxiprocesso e dice mettiamo dentro chi riusciamo a mettere dentro, poi penseremo al dopo, a dove finiscono i soldi…
Ucciso Falcone del dove finiscono i soldi però non se ne parla più..
Già il giudice Chinnici – di questo ne ho parlato nel libro- a ogni incontro pubblico diceva che a Palermo stanno costruendo palazzi, negozi ,ristoranti… tutto attorno c’è la crisi e tutto attorno c’è gente che muore di overdose…
Lo diceva anche in faccia agli imprenditori siciliani: “E’ anche colpa vostra che non vi chiedete da dove vengono tutti questi soldi”, sostenendo che dietro tutta questa ricchezza c’era il traffico di droga.
- Oggi?
- Secondo me è così anche oggi, solo che le notizie in merito scompaiono o vengono minimizzate, quasi si trattasse di vicende marginali… storie locali…
- Tu nel tuo libro narri i fatti citando i personaggi ai quali si riferiscono. Nomi cognomi date… è un mondo di 007 e mafiosi …
- Non scrivo soltanto di loro.
Per decifrare questi intrecci è fondamentale capire il ruolo di alcune figure opache, trafficanti e informatori al tempo stesso.
Anche qui do ut des: io ti do informazioni ma tu mi lasci fare i miei affari. emblematico il caso del trafficante d’armi siriano al Kazaar, il “principe di Marbella”
Quando gli americani lo catturarono, al processo lui chiamò a sua difesa il direttore dei servizi spagnoli, che in aula disse: Ci ha aiutato in varie operazioni, aveva anche un nome in codice…
Il libro di Marco Birolini non è un libro qualsiasi.
È un documento rivolto a chi ha interesse a conoscere alcune verità oscure, che invita a riflettere e a porre e porsi domande.
Di proposito nella lunga intervista – della quale alcune parti mi riservo di utilizzare nei prossimi articoli – non ho inserito tutti gli aspetti enunciati, i tanti nomi citati, il riscontro documentale e le testimonianze in merito, affinchè chi legge o leggerà “Stato canaglia”, abbia modo di farsi una propria idea senza essere influenzato da questo articolo.
Scorrendo le pagine del libro, non si può fare a meno di avvertire quella rabbia che nasce dall’apprendere di come “Stato canaglia” non poteva essere un titolo più appropriato per un libro che mette a nudo una devastante crisi valoriale che coinvolge uomini appartenenti alle Istituzioni, senza sconti e falsi buonismi per nessuna delle persone citate, ma senza neppure cadere in quelle teorie complottiste, mai documentate, che troppo spesso affascinano il pubblico.
Gli omicidi, le stragi, altro non sono se non l’effetto collaterale di un’avidità spregiudicata che accoppiandosi con il potere e interessi anche di carattere sovrannazionale, genera mostri.
Un libro da leggere con la massima attenzione.
Gian J. Morici