La domanda, in sé, non appare per nulla strana.
State già immaginando un paziente che si rivolge al medico di famiglia per un consiglio o per farsi prescrivere un farmaco, nulla di diverso da ciò che accade quotidianamente decine di migliaia di volte.
Questa volta, invece, il “dottore” non è un medico, non rappresenta e non appartiene a una struttura ospedaliera, né a un ente scientifico sanitario, la cui competenza in materia di epidemie e sanità pubblica dovrebbe essere indiscussa.
No. A intervenire su una questione prettamente sanitaria è un Dipartimento del Ministero della Giustizia, il DAP (Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria).
Immaginate di trovarvi in piena emergenza Covid con migliaia di decessi.
Immaginate di dover affrontare una simile emergenza e dover dare delle direttive volte alla salvaguardia della salute di soggetti ristretti in luoghi chiusi e spesso sovraffollati, nei quali tanto il personale penitenziario che i detenuti sono esposti a maggiori rischi di contagio senza la possibilità del distanziamento sociale o altre misure idonee a ridurre il pericolo di contrarre il virus.
Immaginate di dover valutare le misure da adottare per contenere l’epidemia all’interno di una struttura penitenziaria, con particolare riguardo ai soggetti maggiormente a rischio (anziani, malati ecc).
Cosa fareste?
Ovvio che in casi del genere, ci si rivolga a enti qualificati per avere delle linee guida da adottare.
In Italia, l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) è il principale centro di ricerca, controllo e consulenza tecnico-scientifica in materia di sanità pubblica, che con il Ministero della Salute, delle Regioni e dell’intero Servizio Sanitario Nazionale (SSN), orienta le politiche sanitarie da adottare sulla base di evidenze scientifiche.
Dalla mascherina al vaccino, alla distanza sociale, il nostro governo si è avvalso delle indicazioni provenienti dall’Istituto Superiore di Sanità.
Nulla di più inutile, visto che da quanto emerge dalla richiesta di archiviazione di una denuncia presentata a seguito del decesso di un detenuto, la decisione delle misure da adottare in materia di prevenzione e contrasto alle malattie – compreso quelle infettive – poteva essere assunta dal Ministero della Giustizia.
Avete letto bene, proprio al Ministero della Giustizia.
Questo è quanto avvenuto nel caso del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, quando al diffondersi della pandemia da Covid19, un detenuto di oltre 70 anni, affetto da gravi problemi cardiologici, presentava più volte istanza di concessione di arresti domiciliari, in particolare dopo la diffusione della notizia di un focolaio di Covid nella struttura penitenziaria presso la quale era ristretto.
Tutte istanze rigettate, fin quando l’uomo non ha contratto il virus che lo ha ucciso.
Val la pena di precisare che il detenuto in questione era stato condannato – non con sentenza definitiva – a sei anni di carcere.
Niente stragi, omicidi o cosucce del genere…
La richiesta di archiviazione della denuncia per la morte dell’uomo, nel riportare come la Casa Circondariale presso la quale si trovava ristretto aveva soltanto eseguito le indicazioni di una circolare del DAP che non includeva il caso clinico del defunto, in quanto le patologie cardiache da segnalare erano limitate allo scompenso, e non a ogni patologia cardiaca, evidenzia come “le indicazioni dell’Istituto Superiore di Sanità fossero, al contrario, nel senso di ritenere le patologie dell’apparato cardio circolatorio fra quelle che rendono più vulnerabili le persone che contraggono l’infezione da Sars-Cov-2 e fra loro aumenta la possibilità di decesso per Covid 19.
In altre parole, vi è uno scollamento fra quanto valutato dal DAP ai fini della predisposizione dei soggetti a rischio e quanto indicato dall’ISS.”
In altre parole, l’Istituto Superiore di Sanità (e forse anche lo stesso Ministero della Salute) – che impiega 1800 persone tra ricercatori, tecnici e personale amministrativo per il primo centro di ricerca, controllo e consulenza tecnico-scientifica in materia di sanità pubblica in Italia, che dispone di 6 Dipartimenti, 16 Centri nazionali, 2 Centri di riferimento, 5 Servizi tecnico-scientifici e un Organismo notificato per la valutazione dell’idoneità dei dispositivi medici – non serve a nulla, se poi a decidere il da farsi è il Ministero della Giustizia con i suoi dipartimenti.
Domanda: Per prendere un’Aspirina, da domani in poi mi consulto con un procuratore, con un pubblico ministero (ai vertici del DAP sono magistrati), con un giudice (vedremo poi se onorario o togato) o potrò continuare a rivolgermi al mio medico (sperando che nessuno con una toga indosso decida di trasformare le sue conoscenze giuridiche in conoscenze sanitarie)?
E se devo fare un elettrocardiogramma, mi consulto direttamente con il Ministro della Giustizia?
Volendo parafrasare Galileo Galilei, potremmo dire “eppur si muore!”
Gian J. Morici
P.S. Tempo fa ho dovuto fare una cistoscopia, chissà se il Signor Ministro non sia interessato a conoscere lo stato di salute della mia vescica…