“È, nel gesto, la lingua che la natura ispira in ogni individuo e che tutti riescono a comprendere…” (Arthur Schopenhauer)
L’immensa anima artistica di Michelangelo ne aveva compreso la forza evocativa tanto da porlo al centro della Cappella Sistina.
Nel pennello del sublime Buonarroti, Dio crea Adamo con un atto che mai si fa contatto, perchè il gesto dà vita silenziosamente alla materia e alla verità.
Il gesto non ha necessità di parole per farsi carne.
Ecco… mai espressione fu più consona e icasticamente attagliata al gesto compiuto dal portiere dell’Argentina nella notte qatarina del 18 dicembre 2022.
La sua squadra ed il suo Paese avevano appena vinto il campionato mondiale all’esito di una leggendaria e rocambolesca partita (mai così disputata da quando esiste il gioco del Calcio…).
Lui, “the goalkeeper” della provvidenza, era il primo premiato tra quegli uomini della vincente compagine sudamericana.
Era il portiere più bravo del mondo.
Inutile dire che il trofeo – scolpito da ignota mano d’artista – ponesse in rilievo lo specifico dinamismo del gesto atletico con qualcosa (invero indistinguibile…) in turgida elevazione.
Sarà stata la concitazione felice del momento o, forse, la costumanza in uso ai “gauchi” della pampa argentina, accadeva che il premiato portiere – in luogo di elevare il trofeo sopra la sua testa – lo abbassava ben sotto l’ombelico emulando un gesto icasticamente creativo.
Tutto ciò sotto lo sguardo annichilito dell’Emiro di Doha, Khalifa Al Thani.
È probabile che il gesto dell’invitto portiere dell’Argentina passerà alla storia e simbolizzerà – per il tempo a venire – il primato del mondo arabo unito al “sangre” del macho latino.
Altro che segno dell’infinito costruito tutto attorno all’evento mondiale.
E poveri francesi, rimasti liquefatti in campo come una ratatouille…
Lorenzo Matassa