“Lottare per la Giustizia è un nobile ideale.
Lottare contro una ingiustizia conosciuta è preciso dovere civile…”
(Pietro Calamandrei)
Da più di cinque anni mi occupo, a tempo pieno, del “Codice Rosso”.
Forse non tutti sanno cosa sia e cosa esattamente un giudice possa fare in questo scenario.
Cercherò di essere chiaro e sintetico al tempo stesso.
Dal 9 agosto 2019 il nostro Paese ha reso applicative delle norme che cercano di arginare il sempre più cruento contesto che riguarda “le vittime di violenze domestiche e di genere”.
La Legge deve il suo nome alla misura che prevede una specie di corsia preferenziale (chiamiamola atecnicamente: veloce) per le denunce e le indagini relative a casi di violenza contro donne e minori.
Se un accostamento può essere fatto, si tratta di un qualcosa che ricorda il pronto soccorso per i pazienti per i quali si imponga un intervento immediato.
Se si attiva il “Codice Rosso”, gli inquirenti devono agire con estrema tempestività (entro tre giorni dalla notizia di reato).
Le indagini devono essere svolte, con priorità su ogni altra, da una polizia giudiziaria competente e specializzata.
I reati contestabili (maltrattamenti, stalking, violenza sessuale e non solo) sono stati aggravati.
Altri nuovi reati possono essere oggetto di contestazione: sfregio al volto, illecita diffusione di immagini pornografiche, costrizione al matrimonio e violazione del provvedimento di allontanamento con arresto immediato.
Per la prima volta, in Italia, si introduceva l’allontanamento con bracciale elettronico.
Con quell’arnese applicato alla caviglia l’avvicinamento alla vittima è segnalato alla centrale e da lì la possibilità di un tempestivo intervento della polizia giudiziaria (essendo la violazione prevista come reato punibile fino a tre anni di reclusione).
Comprendo che la sintesi che ho fatto potrebbe sollevare più di una domanda, ma non è questo il tema di adesso.
Anche perché i lettori più accorti si saranno chiesti come mai io possa occuparmi di “Codice Rosso” da cinque anni se è vero – come è vero – che solo nell’agosto 2019 la norma è entrata in vigore…
Ecco, sta in questo la prima stranezza del contesto del quale parliamo.
L’Italia si è accorta che le “violenze domestiche e di genere” esistevano solo nel 2019 allorchè il fenomeno era socialmente esploso già da qualche decennio.
Anzi, con un certo dolore della memoria, ricordo di avere trattato fascicoli di violenze inaudite ai danni di donne e bambini fin dal mio primo incarico di Giudice Istruttore (correva l’anno 1987).
E allora come mai, solo adesso, il “femminicidio” ha assurto all’importanza giudiziaria connotata dal colore del sangue?
Bella domanda questa.
Difficile rispondervi.
Mi viene da pensare che un fenomeno si afferma agli occhi di una collettività quando fuoriesce dal silenzio in cui è avvolto.
Come in molte altre realtà di un Paese in cui la Verità riesce ad imporsi solo dopo che il popolo ne prende coscienza.
Ma questa è una risposta generica che non risolve i vostri dubbi.
Una parte della Verità sta nella circostanza che della violenza ci si fa vergogna.
E la vergogna – come fosse la sporcizia di una casa – è più facile metterla sotto il tappeto che rimuoverla facendo sì che dalla casa esca per sempre.
Ecco, se una metafora delle cose può essere posta in questo scenario, essa ha questa attinenza da pulizia domestica.
Il Paese, consapevolmente, ha scelto di fare entrare la civiltà e il Diritto dentro le case e aiutare il silenzio a farsi grido.
Vi sembrerà una trasposizione enfatica delle cose, ma è l’unica che davvero racconta il perchè del “Codice Rosso”…
Adesso, però, dovrò trovare un epilogo a questo articolo e al suo problematico titolo.
Se la violenza sui soggetti deboli vi è sempre stata (e pessimisticamente sempre vi sarà…) a ragione del fatto che essa è l’esito ed il frutto dell’ignoranza che governano il mondo, la regola che deve essere imposta ragiona di cultura.
Occorre illuminare le menti dei deboli e dei derelitti con le parole che il grande giurista Pietro Calamandrei ci ha lasciato.
Si deve spiegare loro che la lotta contro l’ingiustizia è un nobile ideale.
Ma lottare contro una ingiustizia subita e conosciuta è un preciso dovere civile.
Ecco… da questa consapevolezza e questa reazione personale al male deve muoversi il nuovo scenario.
Immaginate un popolo consapevole di questa necessità.
Un preciso dovere civile moltiplicato per milioni di persone.
Una forza inarrestabile per consolidare la Giustizia di un Paese…
Lorenzo Matassa