Sul boccascena si chiudeva il velluto rosso.
Al silenzio della sala, dietro il sipario, facevano da contraltare i bisbigli delle cordoniere d’oro e d’argento.
“Sarà piaciuto lo spettacolo?”
Avvolti dai neri costumi di scena, gli attori attendevano il momento dell’inchino, ma il sipario non si apriva.
Improvviso, come rombo di tuono a ciel sereno, dalla sala partì l’applauso.
Il gobbo, che non aveva ancora lasciato il buco del suggeritore al centro della ribalta, disse alla compagnia: “L’applauso non è per noi, è per il sipario che si è chiuso!”
Il Consiglio dei Ministri aveva dato il via libera definitivo al decreto legislativo con il quale recepiva la Direttiva europea sulla presunzione di innocenza, vietando alle “autorità pubbliche” di indicare pubblicamente l’indagato come colpevole.
Da quel momento, il Procuratore della Repubblica avrebbe potuto comunicare con la stampa solo tramite comunicati stampa, salvo i casi di «particolare rilevanza pubblica dei fatti» per i quali era prevista la possibilità per il Procuratore, o un magistrato delegato, di indire conferenze stampa ma la cui decisione doveva essere assunta «con atto motivato in ordine alle specifiche ragioni di pubblico interesse che lo giustificano».
Mesti showman lasciavano in silenzio la scena, mentre gli applausi della sala coprivano i singhiozzi di qualche giornalista timoroso del fatto che da quel momento in poi avrebbe dovuto lavorare senza veline, inviti e suggerimenti.
Acta est fabula, plaudite!
Gian J. Morici