A fare riferimento al tonno, era stato il presidente emerito Cossiga nel corso di un programma, quando la giornalista Maria Latella gli chiese il perché di un giudizio negativo espresso nei riguardi del magistrato.
“Ha la faccia da tonno – aggiunse Cossiga – I nomi esprimono realtà. Lui si chiama Palamara come il tonno. La faccia intelligente non ce l’ha assolutamente”.
Evidentemente un siffatto paragone non dev’essere piaciuto al mondo delle toghe, che, seppur a distanza di tanti anni, sembra aver voluto sottrarre l’ex presidente dell’Anm Luca Palamara al mondo dei pesci, per riportarlo tra i mammiferi terrestri.
Eppure Palamara, nella sua versione ittica, aveva raggiunto traguardi notevoli, diventando punto di riferimento di molti magistrati che per molti anni hanno nuotato negli stessi mari.
A mettere la parola fine alla carriera di Luca Palamara, è la sentenza emessa dalle Sezioni unite civili della Cassazione, che ha rigettato il ricorso presentato dall’ex presidente dell’Anm, confermando definitivamente la sua radiazione dalla magistratura.
Palamara, come riportato in sentenza, avrebbe posto in essere manovre strategiche al fine di collocare in alcuni uffici giudiziari sensibili taluni magistrati, in danno di altri candidati, non per meriti oggettivi, bensì per sue convenienze personali e/o dei suoi interlocutori.
Nelle azzurre e cristalline acque del mondo delle toghe, non era accettabile tutto questo.
Di diverso avviso lo stesso Palamara, che a suo dire paga per aver sostenuto una candidatura non gradita a “qualcuno”, in merito alla nomina del procuratore di Roma, successore dell’uscente Pignatone.
Una vicenda che ha fatto molto discutere – e che certamente farà ancora discutere – viste le tante anomalie in effetti verificatesi a seguito di fughe di notizie che di fatto hanno portato al “siluramento” di Marcello Viola, procuratore in pectore, che peraltro risultava estraneo ai fatti addebitati a Palamara.
Palamara alle accuse non ci sta, e pubblica il libro “Il Sistema”, con il quale l’ex presidente dell’Anm spiega le dinamiche delle nomine di magistrati ai vertici degli uffici giudiziari.
Durissime accuse alle dinamiche con cui le correnti dei magistrati hanno per anni determinato e nomine ai vertici di uffici giudiziari, in barba ai criteri di merito, favorendo candidati che avevano meno titoli di tanti altri colleghi.
Se Palamara era il “tonno”, c’era da aspettarsi un’autentica mattanza di altri tonni, più o meno grandi, che avrebbero dovuto seguire nella camera della morte il presunto capobranco.
C’era da aspettarsi un cambiamento delle regole che in futuro impedisse a tonni, squali e anche a scorfanetti, di poter proseguire con un sistema che non premiava i meriti ma soltanto le appartenenze.
Cosa è cambiato?
Palamara ha pagato, ma cosa ne è stato dei tanti pescetti che gli chiedevano favori?
Cosa ne è stato di chi in precedenza – tonno, squalo o scorfano che fosse – aveva ottenuto una nomina che non gli spettava?
A giudicare da quanto ad oggi avvenuto, nulla.
Ognuno di costoro è rimasto al proprio posto, nessuna radiazione, nessuna rimozione.
La mattanza non c’è stata.
E se anziché un magistrato nominato a dirigere un ufficio giudiziario avendo meno titoli di altri colleghi, fosse stato un qualsiasi cittadino a ottenere un vantaggio ingiusto in una graduatoria, cosa sarebbe successo?
Nella migliore delle ipotesi, il “fortunato vincitore” sarebbe stato rimosso e la graduatoria annullata o rivista.
Sarebbe accaduto tutto ciò a cui non stiamo assistendo oggi.
Se chi amministra la giustizia, è frutto di chi ai vertici ha esercitato soltanto mero potere, come può un cittadino varcare la soglia di un tribunale confidando nell’equità di un giudice?
Come non chiedersi quale sia la contropartita che il beneficiario della nomina ha pagato o dovrà pagare ai suoi padrini?
Palamara non è più un tonno, ormai fa parte del mondo dei mammiferi.
Trasformato in capro espiatorio, monderà dai peccati l’intero mondo di quelle toghe che chiedevano e talvolta ottenevano favori.
Giustizia è fatta?
Gian J. Morici
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