Ancora un anniversario.
Ancora uomini sull’attenti e corone d’alloro.
Ancora le note del silenzio militare a colonna sonora di un ricordo…
In questa ricorrenza vi è qualcosa che il tempo ha saputo trasformare in dolorosa saggezza.
Come se la strage – volendo cancellare un uomo e la sua idea – ne avesse, invece, iscritto per sempre il nome nel firmamento della storia umana.
Ma la domanda è ancora lì, in tutta la sua esplosiva importanza: “Perché fu ucciso Giovanni Falcone?”
Non mi interessa una risposta di tipo giudiziario, questa la lasciamo alle corti ed ai tribunali.
D’altronde, qualcuno di voi conosce, forse, il nome dei militari romani che inchiodarono il Nazareno sulla croce?
Ben altro occorre conoscere di quell’annunciato e tragico sacrificio.
Ad esempio, occorre conoscere come mai il sud dell’Italia – territorio di immense risorse – sia stato abbandonato, dal dopoguerra in poi, ad una deriva sociale ed economica che, alla fine, lo ha visto preda delle criminalità (mafia, ndrangheta o camorra o qualunque altro fosse il loro nome).
Oppure, è necessario sapere perché – a fronte di questa deriva – lungi dal potenziare le risorse e porre una proporzionata reazione militare al sanguinario fenomeno si è, per decenni, siglata una specie di silenziosa convivenza in cui il sacrificio dei singoli era parte del feroce gioco sociale.
Ancora, occorrerebbe accertare come la politica italiana abbia interagito con questo sistema di connivenza criminale.
Per farvi capire bene di cosa sto parlando vi racconterò dell’aeroporto di Palermo che – per nemesi storica – è titolato proprio ai due eroi siciliani sacrificati sull’altare di questa inconfessabile catastrofe sociale.
L’aeroporto di Palermo non doveva nascere a Punta Raisi.
Un altro luogo era stato individuato per realizzare questa importantissima opera: una immensa pianura a circa trenta chilometri dalla città.
Le ragioni di questa scelta erano tante e andavano dalla sicurezza aerea (non vi erano montagne nelle vicinanze), alla prossimità con tutti i centri di possibile sviluppo urbano (sia costiero che interno).
Ma altre ancora ve ne erano.
Un aeroporto a pochi passi da un immenso litorale sabbioso avrebbe fatto da volano per insediamenti turistici facilmente raggiungibili e quel luogo sarebbe diventato la Costa Azzurra siciliana.
Accadde, invece, che le famiglie sicule-americane di “Cosa Nostra” vollero un aeroporto sotto il loro controllo.
E quel luogo impossibile ed impraticabile – da tutti i punti di vista (e di pista…) – divenne area di decollo e di atterraggio.
Il futuro della Sicilia mutò a ragione dei criminali interessi delle “Famiglie” da una parte e l’altra dell’oceano.
Se non ci credete, verificate gli antichi atti della Commissione antimafia del Parlamento Italiano.
Ecco, la prossima volta che arriverete o partirete dall’aeroporto “Falcone e Borsellino”, per piacere, meditate sugli eroi siciliani e sul loro sacrificio quale esito finale di un lungo, consolidato ed inconfessabile patto con il diavolo…
Lorenzo Matassa