1… Sembrerà strano, ma nel momento in cui i governanti israeliani, responsabili della nuova ondata di attacchi, micidiali e asimmetrici, che hanno provocato centinaia di morti (fra cui molti bambini e anziani) fra la popolazione di Gaza, incassano il massimo sostegno dei governi e dei media di quasi tutti i paesi occidentali, nel mondo si realizza, a livello di sensibilità popolare, un sentimento di rifiuto che alimenta e rafforza la solitudine della posizione annessionistica d’Israele. Le tantissime manifestazioni spontanee in tutto il mondo a favore dei diritti alla vita e alla dignità nazionale del popolo palestinese, (quasi del tutto ignorate dai soliti media occidentali) hanno messo a nudo un altro elemento da non sottovalutare ossia che la solidarietà elitaria a favore di Netanyahu si traduce, sempre più, in isolamento nel cuore della gente comune, dei lavoratori, degli intellettuali liberi.
Da qui la solitudine anche all’interno d’Israele, dove la grande maggioranza del popolo non condivide tali, impietosi atti di guerra e continua a far sentire la sua contrarietà (anche con il non voto) la sua volontà di pace. Tutto questo e altro non fa che debilitare la manovra, la credibilità dei capataz al potere, osannati all’estero e sempre più isolati anche in patria. .Una condizione anomala, poco rassicurante e, alla fine, perdente. Fino a quando potrà essere sopportata?
Forse gli strateghi trascurano due fattori rilevanti di novità: l’entrata in campo, a fianco dei palestinesi, della Turchia di Erdogan che potrà mettere in crisi i fumosi e venali “accordi di Abramo” con le petro-monarchie arabe del Golfo e la prospettiva (a medio/lungo termine) che la partita più grande, decisiva del nuovo ordine mondiale, potrà giocarsi nell’area del Pacifico, da cui Israele é assai lontano.
E, davvero, non ci si può consolare- come fa qualcuno- che questa sia la solitudine “dei numeri uno” o quella classica del potere. No. Questa è la solitudine di chi prevarica e non rispetta i diritti dei più deboli.
La tragica asimmetria dei morti fra palestinesi e israeliani. (fonte “Haaretz”)
Tabella riassuntiva pubblicata dal più diffuso quotidiano israeliano “Haaretz” e ripresa da “Internazionale” https://www.internazionale.it/opinione/amira-hass/2021/05/20/gaza-palestinesi-famiglie
2… Tutto ciò spiega anche la deprimente realtà politica ed elettorale d’Israele, dove il signor Netanyahu continua a governare, imperterrito, senza una maggioranza parlamentare.
E per farlo deve cedere alle pretese delle forze più retrive e reazionarie. Antisemitismo? Queste e tante alte cose le hanno denunciate con manifestazioni imponenti parti importanti della popolazione israeliana e tantissime personalità ebree della cultura, della politica, perfino militari, e la gran parte della stampa israeliana, fra cui il prestigioso, e letto, quotidiano “Haaretz”.
In molti casi la condanna degli ebrei, residenti all’interno d’Israele e/o all’esterno, (vedi le coraggiose parole di Moni Ovadia) è più dura e netta di quella assai blanda, inesistente della stampa e dei governanti occidentali. Evidentemente. loro conoscono meglio di altri i loro avversari politici.
Comunque si giri la “frittata” questa non è strada che spunta. Dopo l’accanimento contro la popolazione di Gaza, ma anche contro le famiglie palestinesi di Gerusalemme Est, può sembrare che Netanyahu abbia il mondo intero dalla sua parte e si stia godendo la sua imbarazzante impunità.
Così non è se vi pare. In questa situazione bizzarra si può applicare il saggio detto “Dai nemici mi guardi Iddio, dagli amici mi guardo io”, poiché questi leader che oggi si spellano le mani per applaudire i bombardamenti di Netanyahu sono pronti a cambiare parere e cavallo al primo stormir di vento.
Oltre a Orban, a Biden e altri loro omologhi, ha fatto impressione la penosa sfilata elettoralistica vista in Italia, dove a difendere gli ebrei c’erano i neofascisti, i leghisti, e taluni personaggetti che debbono nascondere le loro ascendenze familiari, per poter partecipare a simili raduni.
3… A parte alcuni casi estremi da isolare, in generale si può affermare che l’ampio fronte dei movimenti pacifisti non agisce per odio, per “antisemitismo”, ma per amore di pace, appunto, per garantire al popolo palestinese il diritto, sancito dall’Onu, ad avere, finalmente, una patria e uno Stato sovrani.
Giusta o sbagliata che sia, la decisione dell’Onu del 1947 sulla partizione della Palestina oggi è accettata dall’opinione pubblica mondiale e pertanto va rispettata e soprattutto attuata.
Nel corso di questi 75 anni, ci sono stati errori da entrambe le parti, tuttavia chi oggi ostacola tale progetto è soprattutto il potere dominante d’Israele che- di fatto- ha modificato l’obiettivo dei padri fondatori: dai due popoli e due Stati all’annessionismo (ancora in corso) di parti fondamentali dei territori assegnati al popolo palestinese. Che esiste e resiste!
Chiunque oggi nel mondo, dentro e fuori la Palestina storica, ha senso della responsabilità politica e morale non può che sostenere la decisione dell’Onu. Diversamente, si mette contro la volontà del massimo organo della legalità internazionale. Punto.
Perciò cresce, a vista d’occhio, la solidarietà con il popolo palestinese, con i suoi morti (molti bambini e vecchi) e in contemporanea cresce l’isolamento, la solitudine dei gruppi dominanti israeliani e dei loro sponsor.
4… No. Non si tratta di odio, ma di rifiuto della violenza, di desiderio di pace (in base alle risoluzioni dell’ONU) di giustizia per tutti, in primo luogo per i più deboli. Un nuovo sentimento popolare sta rinascendo, in Italia e nel mondo. Le opinioni pubbliche occidentali e d’altri angoli del Pianeta solidarizzano con i palestinesi di Gaza e chiedono la fine dell’occupazione dei territori palestinesi. Senza dimenticare il Golan siriano.
In questi territori deve nascere il loro Stato, dopo 75 anni i palestinesi ne hanno il pieno diritto, nella libertà e nella democrazia e nella sicurezza di entrambi gli Stati che dovrebbero provare a convivere in cooperazione reciprocamente vantaggiosa.
Perciò sono da disapprovare sia gli attacchi aerei israeliani sia quelli missilistici di Hamas che- bisogna ricordarlo- fu creata con lo zampino d’Israele per rompere l’unità palestinese- guidata da Yasser Arafat- e oggi se la ritrova contro. Noi vogliamo la pace fra israeliani e palestinesi, per rafforzare la pace e la cooperazione economica e culturale in tutta l’area mediterranea e mediorientale che rischia di entrare in un vortice assai pericoloso. .
Desidero concludere ricordando un detto saggio che usiamo dalle nostre parti: se un tuo amico sta sbagliando non devi elogiarlo, sostenerlo, ma devi richiamarlo, aiutarlo a correggere l’errore.
Nel mio passato di parlamentare del Pci, ho seguito da vicino talune vicende e, soprattutto, le giuste lotte del popolo palestinese. Lo abbiamo sostenuto perché era dalla parte del giusto. Oggi è la parte debole del conflitto e noi solidarizziamo con i più deboli: ieri con gli ebrei massacrati dai nazifascisti, oggi con i palestinesi.
Tutto ciò l’abbiamo fatto in coerenza con la nostra concezione politica e ideale secondo cui nel mondo vive una sola razza: quella umana. Che ci comprende tutti. Anche coloro che, in base alle favole bibliche (smentite dai più prestigiosi storici e studiosi ebrei) si auto-compiacciono di essere “popolo eletto”, ritenendo, evidentemente, gli altri popoli “primi dei non eletti”. (a.s)
Segue un mio articolo del 2010 (https://www.agoravox.it/La-solitudine-di-Israele.html ) contenente alcune considerazioni che, dopo quasi 11 anni, si attagliano benissimo alla situazione attuale del conflitto israelo – palestinese. Segnalo alcuni brani:
Le vittime ci sono più care dei loro oppressori.
Ho scritto queste note né per la gloria né per un padrone, ma solo per dovere civile e morale verso la tragedia umana e politica del popolo palestinese. Per tali materie mi è negato l’accesso alla “carta stampata”.
Ci accontentiamo del web che possiede grandi potenzialità comunicative, in crescita, e soprattutto consente il privilegio d’interloquire con i giovani i quali, prima o poi, si desteranno dal torpore alienante del consumismo e chiederanno conto e ragione di tutte le ingiustizie del mondo.
Perciò, per quanto difficile sia il tempo presente, ognuno dovrebbe far sentire la propria voce. In ballo ci sono il destino, il benessere di tanti popoli, il futuro della pace nel Mediterraneo e nel mondo.
Parlare e agire, anche a costo di attirarci il facile anatema dell’antisemitismo, come qualche volta (mi) è accaduto. Sì, perché, da un certo tempo, in Italia e non solo, è invalsa la cattiva abitudine di bollare come “antisemita” chi dissente e osi criticare certe scelte e condotte dei governanti israeliani.
Un’accusa ormai abusata, vagamente intimidatoria e, per altro, imprecisa. Secondo il racconto biblico, “semiti” dovrebbero essere anche gli arabi.
In ogni caso, tale accusa non mi tange perciò la respingo al mittente. Io sono onoratissimo di seguire le idee di Kartl Marx (uno degli ebrei più importanti del mondo, realmente esistiti) e in quanto tale considero il razzismo una delle più miserabili espressioni della subcultura umana.
Rivendico la mia, la nostra, libertà di pensiero e di critica secondo i principi della Costituzione italiana e non secondo i canoni di questa o quell’altra religione. La mia cultura e pratica di vita non è razzista ma solidaristica verso tutti gli uomini e le donne che costituiscono l’unica razza di questo Pianeta.
Se in questa dolorosa vicenda spesso mi sono spesso ritrovato dalla parte dei palestinesi e dei loro leader più prestigiosi (fra i quali l’indimenticato Yasser Arafat) non è per contrarietà preconcetta verso il popolo israeliano, ma per solidarietà verso il popolo martire di Palestina ancora occupato, assediato dagli eserciti di Netanyahu.
Insomma, le vittime ci sono più care dei loro oppressori. Capita. Come sempre mi è capitato, e con grande commozione, di fronte alle immagini, anche cinematografiche, della “shoah”, della terribile tragedia degli ebrei massacrati dai nazisti e dai fascisti europei. E se tutto ciò non dovesse bastare, aggiungo che sono orgoglioso di essere figlio di un operaio siciliano, insignito della Medaglia d’onore del Presidente della Repubblica italiana, che fu ristretto in alcuni lager della Germania nazista per essersi rifiutato, dopo l’8 settembre 1943, di combattere con gli eserciti nazi-fascisti.
DOCUMENTAZIONE: Gerusalemme: la lunga lista delle violazioni israeliane
Questi i fatti recenti che giornali e tv hanno illustrato, anche se non si son presi la briga di spiegare perché si è giunti a un punto così critico.
Per giustificare le nuove colonie ebraiche nella “città santa” Netanyahu ha detto in Usa, e continua a ripetere in patria, che “Gerusalemme non è una colonia, ma la capitale d’Israele”.
Una bella frase a effetto che però sorvola sull’iter doloroso, sanguinoso che ha segnato questa città negli ultimi decenni e sulle numerose decisioni di condanna assunte dall’Onu, da altri organismi intergovernativi, dallo stesso Vaticano.
Il discorso sarebbe troppo lungo, perciò ci fermiamo. Del resto, chi desidera documentarsi sulla materia può consultare la vasta documentazione prodotta dalle Nazioni Unite e da altri organismi internazionali.
Per agevolarne l’approccio, segnaliamo, di seguito, i passaggi più significativi di un documento elaborato e diffuso dall’Onu (“Le statut de Jérusalem”, New York, 1997) che ricostruisce l’exursus storico e politico della questione di Gerusalemme.
Pag. 1: Un regime internazionale speciale per Gerusalemme
“L’Onu, che tende a dare una soluzione permanente al conflitto (arabo-israeliano n.d.r.), adotta nel 1947 un piano di spartizione della Palestina che prevede la divisione della Palestina in uno Stato arabo e uno Stato ebraico e la costituzione della città di Gerusalemme in corpus separatum sotto regime internazionale speciale, amministrata dal consiglio di tutela dell’Onu.”
Pag. 2: La comunità internazionale considera nulla l’annessione della “Città santa”
“Dopo la guerra del 1967, Israele s’impadronisce di Gerusalemme-est (settore arabo n.d.r.) e dei territori palestinesi e fa sparire la linea di demarcazione fra i settori est e ovest…Israele che ha già annesso Gerusalemme – est, proclama, nel 1980, “Gerusalemme intera e riunificata la capitale d’Israele”…
“Tuttavia, la pretesa israeliana su Gerusalemme non è riconosciuta dalla comunità internazionale che condanna l’acquisizione dei territori mediante la guerra e considera come nullo e non avvenuto ogni cambiamento sul terreno”.
Pag. 9: Gli arabi disposti ad accettare il regime internazionale su Gerusalemme
“La commissione di conciliazione (di cui alla risoluzione n. 194 adottata dall’Assemblea generale dell’Onu l’11 dicembre 1948) fa sapere che le delegazioni arabe erano, nell’insieme, pronte a accettare il principio di un regime internazionale per la regione di Gerusalemme a condizione che l’Onu ne garantisse la stabilità e la permanenza. Israele, dal suo lato, riconoscendo che la Commissione è legata alla risoluzione 914 dell’Assemblea generale, dichiara che non può accettare senza riserve che i Luoghi santi siano posti sotto un regime internazionale o sottomessi a un controllo internazionale.”
Pag. 11: Gerusalemme, corpus separatum
“…l’Assemblea generale (dell’Onu ndr) riafferma le disposizioni del piano di ripartizione secondo il quale Gerusalemme sarà un corpus separatum amministrato dalle Nazioni Unite, l’Assemblea invita il Consiglio di tutela a concludere la messa a punto dello Statuto di Gerusalemme…e chiede agli Stati interessati d’impegnarsi formalmente a conformarsi alle disposizioni della risoluzione…(n. 333)”
Giordania e Israele contrari all’internazionalizzazione di Gerusalemme
“Il Consiglio di tutela adotta uno Statuto dettagliato per la città di Gerusalemme nel gennaio 1950… Il consiglio fa sapere che la Giordania non è disposta a discutere alcun progetto d’internazionalizzazione. Per parte sua, Israele si oppone all’internazionalizzazione della regione, ma resta disposto a accettare il principio di una responsabilità diretta dell’Onu sui Luoghi santi…”
“Israele dichiara che lo Statuto non può essere applicato a causa della creazione dello Stato d’Israele e del fatto che la parte occidentale di Gerusalemme fa parte ormai del suo territorio..”
Pag. 12: Dayan, occupa Gerusalemme
Il generale Moshe Dayan, vincitore della guerra lampo detta dei “sei giorni” dichiara il 7 giugno 1967: “le forze armate israeliane hanno liberato Gerusalemme. Noi abbiamo riunificato questa città divisa, capitale d’Israele. Siamo rivenuti nella Città santa e non ce ne andremo più”
Pag. 13: le autorità d’occupazione sciolgono il consiglio municipale di Gerusalemme est
“Secondo un rapporto di M. Thalmann, (rappresentante personale del segretario generale dell’Onu per Gerusalemme) il 29 giugno 1967 un ordine della difesa militare (israeliana ndr) ha sciolto il Consiglio municipale composto di 12 membri che assicura la gestione di Gerusalemme – est sotto l’amministrazione giordana…Il Consiglio municipale di Gerusalemme – ovest, composto da 21 membri tutti israeliani, assorbe il vecchio consiglio, il personale tecnico arabo del municipio di Gerusalemme- est viene incorporato nei servizi corrispondenti della nuova amministrazione.”
Pag. 15: la Knesset proclama Gerusalemme riunificata capitale d’Israele
“Il 29 luglio 1980, malgrado l’opposizione della comunità internazionale, la Knesset (parlamento israeliano ndr) adotta la “Legge fondamentale” su Gerusalemme che proclama Gerusalemme, intera e riunificata, capitale d’Israele, sede della presidenza, della Knesset, del governo e della Corte suprema.”
Pag. 20: nuove colonie ebraiche nelle terre dei palestinesi
“Si apprende che la gran parte dei beni palestinesi di Gerusalemme – est e dei dintorni è stata sottratta dalle autorità israeliane (mediante espropri e confische) in cinque tappe:
Gennaio 1968, circa 400 ettari nel quartiere Sheikh Jarrah dove vengono impiantate le prime colonie ebraiche per un totale di 20.000 persone;
Agosto 1970, circa 1.400 ettari in favore delle colonie di Ramat, Talpiot-est, Gilo e Neve Ya’acov dove vivono attualmente circa 101.000 ebrei;
Marzo 1980, circa 440 ettari destinati all’impianto della colonia di Pisgat Ze’ev destinata ad accogliere 50.000 ebrei;
Aprile 1991, circa 188 ettari per la realizzazione della colonia di Har Homa per un totale di 9.000 appartamenti;
Aprile 1992, circa 200 ettari sono destinati alla creazione della nuova colonia di Ramat Shu’fat per un totale di 2.100 nuovi appartamenti.
Pag. 27: il Consiglio di sicurezza dell’Onu esige il ritiro d’Israele dai territori occupati
“Nella famosa risoluzione n. 242 del 22 novembre 1967, il Consiglio di sicurezza dell’Onu… sottolinea l’inammissibilità dell’acquisizione di territori mediante la guerra e afferma che il rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite esige il ritiro delle forze armate israeliane dai territori occupati e il rispetto della sovranità, dell’integrità e dell’indipendenza politica di ogni Stato della regione.”
Pag. 28: Israele non applica la Convenzione di Ginevra
“Israele non ha riconosciuto l’applicabilità della Convenzione di Ginevra ai territori occupati dopo il 1967 col pretesto che non esiste alcuna sovranità legittima su questi territori dopo la fine del mandato britannico…”
“Il Consiglio di sicurezza nel 1979 ribadisce che la quarta Convenzione di Ginevra era applicabile ai territori arabi occupati da Israele dopo il 1967, compresa Gerusalemme…La decisione presa da Israele nel 1980 di promulgare una legge per l’annessione ufficiale di Gerusalemme est e che proclama la città unificata come capitale d’Israele è stata fermamente respinta non solo dal Consiglio di sicurezza e dall’Assemblea generale dell’Onu, ma anche da diverse organizzazioni.
Pag. 30: l’Europa riconosce il diritto dei palestinesi all’autodeterminazione
“I Paesi europei hanno avanzato proposte che riconoscono il diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese; essi hanno sottolineato che non accettano “alcuna iniziativa unilaterale che ha lo scopo di mutare lo statuto di Gerusalemme” e che “ ogni accordo sullo statuto della città dovrà garantire il diritto di libero accesso per tutti ai Luoghi santi”
(Dichiarazione di Venezia del 13 giugno 1980 dei vertice dei Capi di stato e di governo della Cee)
Pag. 31: l’OLP, dichiara l’indipendenza della Palestina e riconosce lo stato d’Israele
Nel 1988, dopo la decisione della Giordania di rompere i suoi legami giuridici e amministrativi con la Cisgiordania, il Consiglio nazionale palestinese (Parlamento palestinese in esilio) ha adottato la Dichiarazione d’indipendenza e pubblicato un comunicato politico dove dichiara di accettare la risoluzione n.181 dell’Assemblea generale dell’Onu (sulla divisione del territorio ndr) e la risoluzione n. 242 (del 1967) del Consiglio di sicurezza e proclama “la nascita dello Stato di Palestina sulla terra palestinese, con capitale Gerusalemme”
Pag. 33: il consiglio di sicurezza chiede a Israele di smantellare le colonie
“La risoluzione n. 465 del 1 marzo 1980 contiene la dichiarazione più dura che il Consiglio di sicurezza ha adottato sulla questione delle colonie di popolamento. In questa dichiarazione, il Consiglio deplora vivamente il fatto che Israele ha rigettato le sue risoluzioni precedenti e rifiutato di cooperare con la Commissione ( Onu)…
Il Consiglio qualifica la politica e le pratiche volte a impiantare nuove colonie di popolamento una “violazione flagrante” della quarta Convenzione di Ginevra e dice che sono “un grave ostacolo” all’instaurazione della pace in Medio Oriente; chiede al governo e al popolo israeliani di revocare le misure prese, di smantellare le colonie esistenti e di cessare subito ogni attività di colonizzazione. Chiede anche a tutti gli Stati di non fornire a Israele alcuna assistenza che sarà utilizzata specificamente per le colonie di popolamento dei territori occupati”.