Una bufera che sembra non doversi calmare, quella che ha investito il Consiglio Superiore della Magistratura.
Quello che dovrebbe essere l’organo di autogoverno della magistratura si è trasformato in un’istituzione politica impegnata nelle lotte per il potere fine al potere stesso.
A causa del Palamaragate, il Csm è finito nell’occhio del ciclone per le vicende politiche e per lo strapotere che hanno le correnti nel determinare le carriere dei magistrati.
Nonostante la stampa nazionale – tolte poche eccezioni – tenda a sottacere il dramma che sta vivendo quella magistratura che non ha fatto parte del “Sistema” di Luca Palamara (oggi vista alla stessa stregua di ingranaggio del meccanismo) lo scandalo sembra inarrestabile, tanto da portare alcuni magistrati a rivolgersi al Presidente della Repubblica affinchè intervenga perché siano rimosse le cause che hanno condotto alla grave delegittimazione di articolazioni essenziali dell’Ordinamento Giudiziario e del Sistema di autogoverno della magistratura.
La mancata nomina di Marcello Viola
Al centro di quella che potrebbe diventare la tempesta perfetta, la nomina del procuratore di Roma che vide fatto fuori l’attuale procuratore generale di Firenze, Marcello Viola, favorendo di fatto la nomina di Michele Prestipino, nonostante il primo il 23 maggio 2019 fosse risultato il candidato più votato dalla Quinta commissione del Consiglio Superiore della Magistratura.
Una nomina dunque certa, solo in attesa che venisse ratificata.
Poi fu il momento della fuga di notizie – quelle sì riportate da quei giornali che oggi sull’argomento preferiscono tacere – e di scoop il cui unico scopo fu evidentemente silurare un magistrato “sgradito” ai vertici della procura capitolina.
E che fosse sgradito, lo dice oggi il magistrato Andrea Mirenda (Il Riformista), il quale senza troppi giri di parole evidenzia come il Tar Lazio, nell’accogliere il ricorso di Viola e annullare la nomina di Prestipino, rileva l’ennesimo abuso commesso dai signori del Csm.
Parole dure quelle di Mirenda, che parla di errore intenzionale e di un Tar che “mette al cospetto del più intollerabile degli illeciti che un consesso a prevalenza togata possa mai commettere, riassumibile nel “è cosi perché è così”. È così perché lo dico io, il Csm, con tutta la violenza morale di un’istituzione deragliata dai binari costituzionali nell’erigersi ad entità regolatrice del diritto”.
Una versione togata del Marchese del Grillo e quel suo “perché io so io, e voi non siete un caxxo, tanto da portare il magistrato a sostenere che assistiamo all’ennesima conferma dell’ottimo stato di salute di quel mondo parallelo che – lungi dall’essere venuto meno insieme a Palamara – riconferma la sua natura di “sistema” illegale sul quale bene farebbero a prestare attenzione le Procure competenti.
In attesa che qualche procura voglia adoperarsi in tal senso, ipotesi alquanto improbabile, rimarrebbe la possibilità di una commissione d’inchiesta che faccia chiarezza sul perché Viola (che il pm Luigi Spina, all’epoca consigliere del Csm, intercettato nel corso dell’inchiesta di Perugia, indicò a Palamara come “l’unico che non è ricattabile”) venne inspiegabilmente silurato.
L’ipotesi che il Csm confermi Prestipino
La prima ipotesi la si deve al lancio di agenzia dell’Ansa che annunciava una possibile conferma del Csm nella scelta compiuta a favore di Prestipino, seguito dal blog di Liana Milella e Maria Elena Vincenzi – blogautore di Repubblica – che ipotizzava come il Csm potrebbe optare per una misura semplice e rapida, la riconferma di Prestipino come procuratore, con una motivazione più ampia di quella presa il 4 marzo 2020.
Un’ipotesi che stando all’autrice dell’articolo trovava riscontro nella reazione che si può cogliere ai piani alti del Csm.
A confermare i fermenti all’interno del Csm e i tentativi di salvare capra e cavoli in questo scandalo che sta coinvolgendo la magistratura, l’articolo a firma di Giulia Merlo (Domani) dal titolo “La nuova ‘pax romana’ può confermare Prestipino al vertice”.
“La sentenza del Tar Lazio che ha annullato la nomina di Michele Prestipino a capo della procura di Roma – scrive la giornalista – ha spiazzato i ranghi della magistratura e il Csm, che però ora sta ragionando su come gestire i prossimi passi. E l’esito considerato più plausibile è quello di una conferma del braccio destro di Giuseppe Pignatone a capo dell’ufficio più importante d’Italia, nonostante la decisione dei giudici amministrativi”.
La “pax romana”
Udite udite, la “pax romana” potrebbe passare attraverso una mediazione “a cui si starebbe lavorando – che è anche quella che viene data come più plausibile – è che Prestipino venga confermato perché, nel frattempo, sia Lo Voi (altro candidato il cui ricorso al Tar è stato accolto – ndr) che Viola dovrebbero perdere interesse a ottenere il suo posto”.
E perché mai Lo Voi e Viola dovrebbero perdere interesse?
È presto detto. Ce lo spiega la giornalista la quale valuta il pensionamento del procuratore capo di Milano, Francesco Greco, e lo scadere del mandato di Federico Cafiero De Raho alla procura nazionale Antimafia, come possibilità per Lo Voi di insediarsi alla direzione nazionale antimafia, a cui punta anche Nicola Gratteri, mentre Viola potrebbe prendere il posto di Lo Voi a capo della procura di Palermo.
“Dunque, se Viola e Lo Voi venissero soddisfatti nelle loro domande di assegnazione ai vertici dirigenziali di altre sedi, entrambi non avrebbero più ragione di concorrere per Roma e Prestipino potrebbe rimanere al suo posto” – scrive Giulia Merlo.
La tempesta perfetta
In passato la magistratura ha vissuto già momenti difficili, ma mai come questa volta.
Le beghe, le lotte tra correnti e le vicende legate alle nomine dei magistrati, prima del Palamaragate rimanevano una questione interna al mondo delle toghe, non raggiungevano l’opinione pubblica che comunque al riguardo avrebbe mostrato poco interesse.
La fuga di notizie sul caso Palamara – che mandò in fumo anche le indagini – se è pur vero che fu funzionale a evitare la nomina di un magistrato “sgradito” (Viola) alla procura di Roma, oggi si ritorce contro chi l’architettò.
Troppo clamore, magistrati che si ribellano e un’opinione pubblica più attenta e che segue quei pochi giornali che ne scrivono, difficilmente permetteranno a chi cerca di evitare di essere trascinato nell’arena di uscirne totalmente indenne.
Ma la tempesta perfetta si raggiungerebbe nel momento i cui il Consiglio di Stato dovesse dare torto al Tar, o se il Csm, a prescindere, ignorando le determinazioni degli organi deputati a dirimere la controversia, assumesse una decisione alla Marchese del Grillo.
La presunta mediazione alla quale fa riferimento la Merli, è un chiaro indice di inquietudine che serpeggia all’interno del Consiglio Superiore della Magistratura.
La stessa ipotesi che Lo Voi e Viola, soddisfatti nelle loro domande di assegnazione ai vertici dirigenziali di altre sedi, dovrebbero rinunciare alla poltrona romana lasciando posto a Prestipino, appare pura fantascienza.
Chi potrebbe infatti garantire ai due magistrati che verrebbero soddisfatte le loro richieste?
La Merli si pone inoltre il problema dell’ultima incognita che fa propendere le componenti del Csm per evitare una nuova decisione del plenum su una rivalutazione della nomina romana, ovvero che la maggioranza e gli equilibri interni sono cambiati rispetto a quelli che hanno permesso l’elezione di Prestipino, dunque l’esito di una eventuale nuova votazione sarebbe del tutto imprevedibile.
Un’incognita che non ci si dovrebbe neppure porre, visto che proprio Prestipino non era neppure tra i candidati votati il 23 maggio 2019, quando Viola fu il candidato più votato dalla Quinta commissione del Consiglio Superiore della Magistratura.
In qualsiasi Stato democratico e di diritto, la via più breve sarebbe la via maestra, quella di rispettare le sentenze di un tribunale, in questo caso quello amministrativo.
La storia, però, ci insegna che questo vale per noi comuni mortali.
Chissà che questa volta un ulteriore atto di arroganza, già definito dal magistrato Andrea Mirenda come l’ennesimo abuso commesso dai signori del Csm, e il più intollerabile degli illeciti che un consesso a prevalenza togata possa mai commettere, non scateni quella tempesta perfetta che obblighi anche il Parlamento ad attuare una riforma della giustizia che non può più attendere.
Gian J. Morici
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