Per sapere se i caricatori sparati al TAR del Lazio durante la discussione dei tre ricorsi che mirano a disarcionare Michele Prestipino hanno fatto centro bisognerà attendere ancora qualche settimana. Inizia così l’articolo a firma di Fabio Amendolara pubblicato sul La Verità, dal titolo “A rischio la poltrona di Prestipino – I candidati sconfitti (Viola Lo Voi e Creazzo) ricorrono al TAR Lazio contro la nomina del procuratore alla guida dell’ufficio giudiziario della Capitale: violate norme del CSM”.
In attesa del pronunciamento da parte dei giudici amministrativi, è sufficiente verificare la “casualità” temporale per rendersi conto di come la fuga di notizie date in pasto alla stampa fu funzionale a bloccare la nomina di Viola, il quale il 23 maggio 2019 aveva ottenuto dalla V Commissione del Csm con quattro voti favorevoli per la nomina a capo della procura di Roma, contro un voto favorevole per Francesco Lo Voi e uno per Giuseppe Creazzo.
Appena sei giorni dopo, gli “scoop” dei giornali “La Repubblica” e “Il Corriere della sera”, prima che la procura di Perugia comunicasse al Csm le vicende legate al “caso Palamara”, all’inchiesta sulla presunta corruzione di magistrati (ancora coperta da segreto istruttorio) alle intercettazioni nel corso dell’incontro all’hotel Champagne e alle nomine di magistrati ai vertici di tribunali e procure di tutta Italia secondo logiche correntinzie, la testa di Viola veniva servita su un piatto d’argento all’opinione pubblica.
Dopo lo scandalo, infatti, la commissione fu annullata.
Cosa c’entrava Viola con le indagini su Palamara, sulla presunta corruzione e sulle nomine di magistrati? Nulla! Viola non prese parte all’incontro all’hotel Champagne, non c’è traccia di incontri con Luca Lotti, Cosimo Ferri e altri per promuovere la sua candidatura, il suo nome – a differenza di quello di altri – non compare neppure nelle chat con Palamara dalle quali si evincono le pressioni e gli accordi per sponsorizzare candidature finite nel mirino degli inquirenti.
Gli “scoop” non riportarono come la Guardia di Finanza avesse intercettato le parole pronunciate dal pm Luigi Spina, all’epoca consigliere del Csm, secondo il quale Marcello Viola era “l’unico che non è ricattabile”. Il suo nome venne fuori sì dalle intercettazioni della Finanza, ma solo grazie a un “errore” di trascrizione della frase pronunciata da Luca Lotti la notte tra l’8 e il 9 maggio 2019 nell’hotel Champagne di Roma. Una frase che se fosse stata riportata da politici o giornalisti avremmo tranquillamente definito “schizzi di fango”, visto che a Lotti venne attribuito di aver detto “Si vira su Viola” – lasciando intendere chissà quali trame oscure in merito alla sua nomina – e non “Si arriverà su Viola, sì ragazzi”, che altro non era se non una constatazione di fatto.
Sarebbe stato ovvio che il Csm – che riconosce la totale estraneità di Viola a qualsiasi tipo di accordo lecito o illecito che fosse – dopo aver annullato la commissione bloccando la nomina di Viola, lo riproponesse successivamente. Invece no, l’ovvio non è mai scontato, tant’è che il suo nome non venne più riproposto. La commissione propose una diversa terna: Michele Prestipino, Francesco Lo Voi e Giuseppe Creazzo. Il successivo ballottaggio tra Prestipino e Lo Voi, consegnò la vittoria al primo, attuale procuratore di Roma.
Perché il Csm non ripropose Viola? Certamente non per il fatto che il suo nome fosse stato pronunciato nel corso di quell’intercettazione. Viola era inconsapevole delle trame, ed era vittima delle stesse, così come accertato dai magistrati. Ma v’è di più, anche i nomi dei magistrati proposti nella successiva terna, risultavano dalle chat e dalle conversazioni di Palamara, con motivi ben diversi da quelli riferiti a proposito di Viola. Dunque? Gli “scoop” – che hanno distrutto le indagini su Palamara – hanno ottenuto il risultato di far fuori Viola dalla procura di Roma.
La vicenda è approdata giorno 16 al TAR del Lazio a seguito del ricorso presentato da Viola, Creazzo e Lo Voi, contro la nomina di Prestipino.
Viola è assistito dagli avvocati Girolamo Rubino e Giuseppe Impiduglia, che sostengono la contraddittorietà della decisione del CSM, che pur avendo riconosciuto la totale estraneità del loro assistito a qualsiasi tipo di accordo, aveva illegittimamente revocato la proposta a favore del procuratore generale di Firenze senza spiegarne la motivazione, facendo prevalere l’esperienza di Prestipino, e non tenendo in considerazione quelle di Viola quale componente della DDA di Palermo, quale GIP presso il Tribunale di Palermo e quale procuratore di Trapani.
A sostenere la parziale valutazione dei curriculum, anche gli altri due concorrenti. A opporsi ai ricorsi, oltre Prestipino, il consiglio. La partita rimane comunque aperta, visto che i giudici amministrativi si sono riservati di pronunciarsi.
In attesa di sapere se i caricatori sparati al TAR del Lazio facciano centro, non rimane altro che prendere atto che le raffiche di mitra caricate a fango il centro riuscirono a farlo, bruciando le indagini su Palamara e bloccando la nomina di Viola. Un caso?
Gian J. Morici
Articoli correlati:
Un indizio è un indizio… – Palamara, il Csm, Viola e la Procura di Roma
Csm – Tra intrighi di palazzo, tradimenti e vendette personali
Pignatone, Lo Voi e la “trama zero” a Palermo
–