«Giurami che il porco cade subito». Inizia così un articolo a firma di Paolo Comi pubblicato dal Riformista. “Il porco, come si capirà nei messaggi successivi, è Giuseppe Creazzo, l’attuale procuratore di Firenze” – prosegue il giornalista che riporta uno dei messaggi di Alessia Sinatra, sostituto della Dda di Palermo, inviato a Luca Palamara. Un giudizio espresso nei confronti di un collega, che potrebbe avere gravi conseguenze per la magistrata siciliana.
L’epiteto riferito al procuratore di Firenze va ben al di là dei giochi delle correnti per la nomina del successore di Giuseppe Pignatone al vertice della Procura di Roma. Quello che traspare dai messaggi della chat tra la Sinatra e Palamara è un odio profondo da parte della Sinatra nei confronti di Creazzo. Cosa spinge la magistrata a scrivere «sono pronta a tutto e lo sai», «Porco mille volte» e «Sono inorridita. Sento kazzate su valori e principi fondanti ed elevatissimi. E su queste basi il gruppo per il quale io mi sono spesa stando nell’angolo, farà di tutto per mettere sulla poltrona di Roma un essere immondo e schifoso»?
“Si riferisce a Creazzo – scrive Comi – Perché tanta rabbia? E perché, poi, lo definisce sempre “porco” e non con altri epiteti?”
Le chat di Palamara finiscono nelle mani degli investigatori del Gico della guardia di finanza che sequestrano il suo cellulare.
Sono centinaia i messaggi che i magistrati scambiano con il deus ex machina delle nomine. Raccomandazioni per sé stessi o per altri colleghi, giochi di correnti, informazioni sui tempi delle commissioni, persino richieste di aiuto per trovare un appartamento in affitto. Le chat di Palamara sono un universo misterioso nel quale passato, presente e futuro, si alternano, si mischiano e si sovrappongono offrendo uno spaccato desolante di cosa sia diventato il mondo di quella magistratura che dovrebbe essere sinonimo di diritto, di legalità e di giustizia per il cittadino e che invece si trasforma in un’autentica corte dei miracoli popolata da nani e ballerine in un clima avvelenato da intrighi e vendette.
È un salto nel futuro (quello che a seguito dello scandalo porterà Michele Prestipino Giarritta, già incaricato come ‘facente funzioni’, a raccogliere il testimone di Pignatone, del quale era considerato l’erede, ponendosi alla guida dei della Procura di Roma). Un presente, quello di Marcello Viola che al 23 maggio 2019 è in pole position per la nomina a capo della procura di Roma, il candidato più votato dalla quinta commissione del Consiglio Superiore della Magistratura, che aveva ricevuto 4 voti, contro il singolo voto che era andato agli altri due candidati, Francesco Lo Voi e Giuseppe Creazzo. Quel Viola che definito “l’unico che non è ricattabile” si ritrova messo al palo grazie a una fuga di notizie che vede comparire il suo nome nella vicenda Palamara, nonostante dalle chat non emerga nulla su di lui che, come appurato, sarebbe soltanto vittima degli intrighi di palazzo.
È un salto nel passato. Quel passato che avrebbe visto l’attuale procuratore di Palermo, Francesco Lo Voi, indicato come uno dei pupilli di Pignatone. Quello stesso procuratore di Roma del quale il quotidiano La Verità scrive che quando l’ex membro del Csm Luigi Spina chiese se Pignatone fosse ricattabile, Palamara rispondeva “Andiamo avanti a un’altra storia. Lo Voi lo fa Pignatone… il ricorso di Lo Forte c’è pure Pignatone in mezzo… vabbè è meglio che non ti racconto…”, lasciando così intendere che tra i segreti che custodiva c’era la nomina a procuratore di Palermo di Francesco Lo Voi.
Segreti che sembrano emergere anche dalla conversazione via chat tra la Sinatra e Palamara, quando – come riporta Il Riformista – “La Repubblica pubblica lo scoop sull’indagine a carico di Palamara. “Corruzione al Csm”, il titolo dell’articolo.
Palamara e Sinatra all’alba hanno già letto il giornale e si scrivono subito.
«È una guerra. E noi non possiamo mollare ..», esordisce Palamara.
«Perché farti questo?», risponde Sinatra.
«Perché c’è chi mi vuole molto male. Ma io sai ho tanti argomenti», la risposta sibillina di Palamara”.
Quali erano gli argomenti di Palamara? Non si sa e forse non lo sapremo mai. Così come non sappiamo nulla del perché la Sinatra nelle sue conversazioni riservate con Palamara dava del porco a Creazzo. Palamara, dal canto suo, pur acconsentendo alle esternazioni della Sinatra, pur condividendole e pur rassicurandola («Non mi dire che Creazzo ci crede?», scrive la Sinatra a Palamara – facendo riferimento alla sua possibile nomina a capo della procura capitolina «sono pronta a tutto e lo sai». «Io insieme a te. Sempre…», risponde Palamara) è un ottimo mediatore e stratega. Sa bene che deve mantenere i rapporti con tutti, nonostante le trame che tessute dietro le quinte. Tant’è che i rapporti tra il procuratore di Firenze e lo zar delle nomine restano ottimi, così come dimostra la chat tra i due.
“Sinatra e Palamara comunque, non temono solo Creazzo – scrive Comi in un secondo articolo – I due ipotizzano anche possibili colpi di coda di Michele Prestipino, in quel momento il vice di Giuseppe Pignatone, con il quale ha condiviso gran parte della carriera, da Palermo a Roma, passando per Reggio Calabria. Anche Prestipino ha fatto domanda per diventare procuratore di Roma.
«Il veleno che Prestipino aveva per Giuseppe (verosimilmente Pignatone, ndr) quando arrivò a Palermo era feroce. Poi si sono uniti per convenienza, quando Prestipino ha fregato tutte le indagini ad Alfonso Sabella (ex assessore alla Legalità del Comune di Roma con Ignazio Marino, ndr). E arrivò Grasso (Pietro, ex procuratore nazionale antimafia ed ex presidente del Senato per il Pd)», scrive la dottoressa Sinatra. Per poi aggiungere: «Luca ricorda sempre.. per quanto il nostro ambiente possa essere crudele.. nessuno è più spietato di Prest».”
Manovre politiche, strategie correntizie, capricci e vendette personali che non cambiano solo le vite dei protagonisti, ma anche il percorso della giustizia in un Paese nel quale il cittadino si ritrova oggi ad avere meno fiducia nella magistratura che non nella tanto vituperata classe politica.
Al centro di questo girotondo, di questo Circo Barnum all’italiana, anche le vendette personali trovano spazio. Ad oggi la realtà è una, Marcello Viola, il magistrato definito non ricattabile, rimane al palo in attesa di un pronunciamento del Tar che possa restituirgli quel ruolo a capo della procura di Roma che aveva conseguito se una provvidenziale – per altri – fuga di notizie non ne avesse bloccato la nomina.
C’è chi ancora ha troppo potere e troppo tempo per esercitarlo.
Venghino Signori venghino al Barnum all’italiana, c’è posto per tutti, tranne per chi non ricattabile…
Gian J. Morici
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complimenti per l’articolo. Davvero interessante