Dal 2000 al 2017 ogni cittadino calabrese ha ricevuto pro capite 15,9 euro per investimenti fissi in sanità dal bilancio della Repubblica italiana. Ogni cittadino piemontese tre volte tanto (44,1), chi è nato in Emilia-Romagna cinque volte di più (84,4), ai cittadini veneti la dote personale (61,3) è pari a quattro volte la spesa pubblica attribuita a un abitante di Vibo Valentia o di Reggio Calabria. Campani e pugliesi si devono accontentare della metà esatta di quanto ricevono i lombardi e di un terzo di quello che incassano i veneti. Al colmo dell’equità in Valle d’Aosta dove il Governatore si è dimesso perché indagato per scambio elettorale politico mafioso e il Comune di Saint-Pierre è stato sciolto per ‘Ndrangheta ogni cittadino riceve 89,9 euro: i suoi diritti di cittadinanza sanitaria pubblica sono di quasi sei volte superiori a quelli dei concittadini calabresi e valgono quattro volte di più di quelli dei suoi concittadini campani e pugliesi. Questo certificano i Conti Pubblici Territoriali della Repubblica italiana voluti da Carlo Azeglio Ciampi per cercare almeno di capire a che cosa avrebbe condotto, anno dopo anno, la scelta di abolire il servizio sanitario nazionale e la nascita dei venti staterelli in guerra tra di loro chiamati Regioni. Che cosa si intende, mi chiederete, quando si parla di investimenti fissi in sanità? Per capirci, sono attrezzature scientifiche e sanitarie, macchinari, respiratori, posti letto di terapia intensiva, unità ospedaliere pubbliche. Tutto ciò che abbiamo scoperto mancare drammaticamente come dimostra l’ecatombe di vite umane da Coronavirus di questi giorni.