“Antonio fa caldo… Antonio fa caldo… Antonio fa freddo…”. Ad Agrigento evidentemente fa così caldo che persino le zanzare prima di succhiarti il sangue ti chiedono di bere un paio di litri di tè freddo… anzi, di tè ghiacciato (meglio se è al limone – ndr).
Come dar torto, dunque, a quel povero Cristo che al centralino dell’Inps deve far lo sforzo sovrumano di alzare la cornetta del telefono, rispondere farfugliando qualcosa con la bocca secca, magari a uno scocciatore che chiede informazioni o la prenotazione (a quanto pare obbligatoria) per risolvere un problema?
Il telefono squilla. Tredici squilli, per l’esattezza. Meglio far finta di nulla, almeno per un po’ si potrà star tranquilli. Invece no, ecco che puntuale, trentotto minuti dopo, lo scocciatore ci riprova. Ancora tredici squilli. Sbuffi, non sai se rispondere, fai finta di nulla.
“Undici minuti dopo. Ah, eccoci di nuovo! Sarà lo scocciatore delle due telefonate precedenti o uno di quei venti o trenta che presumibilmente hanno chiamato invano stamattina?
Il tè ghiacciato non arriva e io non rispondo, che m’importa se anche da Roma gli hanno detto che deve rivolgersi all’Inps di Agrigento e che deve prenotare l’appuntamento? A Roma hanno idea del caldo che c’è qui?
Neppure dieci minuti esatti ed ecco che costui, il molestatore telefonico, ci riprova. Beh sarà l’ultima volta, poi, anche lui accaldato e stanco deciderà di rinunciare. Ma perché la gente con questo caldo non va al mare e la smette di rompere? Invece no, questa volta non passa un minuto ed ecco altri tredici squilli. E poi ancora un minuto e la storia si ripete. Breve pausa, due minuti prima che ci provi nuovamente.
Eh no, questo tizio è una persecuzione. Chissà se nel suo comportamento non si possa ravvedere un caso di Stalking. Faccio una ricerca veloce, (su Wikipedia) e leggo: “Stalking (pronunciato IPA: /’stolking/ in italiano, [‘stɔːkɪŋ] in inglese) è un termine di origine inglese utilizzato in italiano per indicare una serie di atteggiamenti tenuti da un individuo, detto stalker, che affliggono un’altra persona, perseguitandola, generandole stati di paura e ansia, arrivando persino a compromettere lo svolgimento della normale vita quotidiana.”
Ecco, ci siamo. È uno stalker, non compromette forse lo svolgimento della mia normale vita quotidiana? Come può pretendere che con questo caldo io risponda al telefono? E se a causa della fatica morissi? Ci penso un attimo, quasi quasi lo denuncio per tentato omicidio… Chiamo l’avvocato. Il tentato omicidio lo scarta a priori. Valutiamo lo stalking.
Vediamo dunque un po’… Perché il mio avvocato vuol sapere dove avviene il “delitto”? Perché mi chiede che lavoro faccio e da contratto quali sono i miei doveri? Ma guarda un po’ questo qui, più che il mio avvocato mi sembra tanto il difensore dello scocciatore. Quasi, quasi, mi dice che il torto è mio. Che io non sto facendo il lavoro per il quale vengo pagato. Ma che ne sa lui del caldo che sento oggi, del tè ghiacciato che non mi ha portato nessuno, del fastidio di un telefono che non fa altro che squillare?
Ho capito, lasciamo perdere, non mi resta altro che continuare a ignorare lo squillare del telefono e far finta di nulla. Che poi, che bisogno ha questo rompiscatole di farlo squillare fin quando non cade la linea (13 squilli esatti – ndr) non può chiudere prima la chiamata?
Mentre sorseggio la mia Coca Cola ghiacciata – non è tè, quindi continuo a sentir caldo – metto i tappi che ho nel borsone e che uso per andare al mare. Adesso, brutto deficiente, continua a telefonare pure, tanto non ti sento.
Alle 12:30, e dopo quattordici telefonate, finalmente smette di rompermi le scatole. Ci proverà nuovamente domani, devo soltanto ricordarmi di mettere nel borsone i tappi per le orecchie e il gioco è fatto.
Guardo il borsone. Il costume c’è, il telo spugna pure, le infradito anche. Tra non molto finisce il mio turno di lavoro. Un pasto leggero e veloce – devo stare attento ai tempi della digestione – e poi, mare mio aspettami, che domani si torna a lavorare…
Oh oh… ma guarda un po’, il tè ghiacciato nel borsone c’era… nella busta termica e con il contenitore da freezer del ghiaccio… Voi pensate già che lo porterò domani in ufficio… Sono mica scemo io. Anche domani sarà: “fa caldo… fa caldo… fa caldo…”
E chi se ne frega se ti chiami Antonio, Filippo o Francesco, domani continuerà a far caldo…”
La scena è immaginaria, le quattordici telefonate senza risposta sono invece reali…
Gian J. Morici