Con tante cazzate che si son dette e si dicono in fatto di cittadinanza agli immigrati o, come per lo più si usa, tanto per parlare a vanvera, in fatto di “jus soli” (che così come lo si dice non significa un cavolo) non ci starebbe male applicare alla questione il rimprovero del detto popolare “a chi tanto e a chi niente”, con un conseguente formale invito ad Antonino Di Matteo di far dono di un buon numero di cittadinanze di villaggi e di città della Repubblica, di cui ha fatto incetta per anni (poi ha smesso, ma non risulta che le cittadinanze le abbia restituite) ad un pari numero di immigrati. Non si risolverebbe così il problema, perché, se innumerevoli sono le “cittadinanze” dell’intrepido “condannato a morte dalla mafia”, i migranti clandestini, con gran chiasso immigrati nel nostro Paese, sono di certo assai di più.
Le cittadinanze di Di Matteo sono “onorarie”, termine che, più che aver a che fare con l’onore, sostituisce la parola “inutile”, “senza effetto” e, grazie proprio a Di Matteo “senza valore perchè inflazionato”.
Ma, lo dicevamo all’inizio, qui si tratta di cazzate. Cazzate più, cazzate meno, ci scapperebbe l’occasione di fare un bel gesto.
In materia di parole a vanvera se ne dicono tante. A cominciare dallo “jus soli”. Che, come istituzione, e come “cosa” che si dà e si riceve, non esiste. Tra i modi con i quali, nei vari sistemi e secoli di leggi dei vari Paesi si acquista la cittadinanza (non meramente onoraria) c’è anche quello “jure soli” abbreviazione dell’espressione “per il diritto nascente dal luogo”. Che poi si dovrebbe intendere “luogo di nascita”.
Il Sindaco di Milano ed il coro dei pennivendoli che “vogliono dare” all’Eroe dello scuolabus e agli altri ragazzini compresi quelli che con lo scuolabus dell’attentato di strage non hanno nulla a che fare, nientemeno che lo “jus soi” e che dall’episodio vogliono trarre addirittura una “legge dello jus soli”, hanno evidentemente una incompatibilità con la lingua latina e, soprattutto con il buon senso ed il parlare corretto.
Ma al bando la filologia.
Voler conferire a quel ragazzino ben sveglio e, sicuramente coraggioso, simpatico e capace di cavarsela, lo “jus soli” è null’altro che una espressione di ignoranza e di disinvoltura nel parlare per sentito dire. E dal punto di vista giuridico è quasi un’esortazione ad un falso in atto pubblico perchè significa questo: il ragazzo è bravo, simpatico, coraggioso, quindi facciamo vedere che tanti, tantissimi altri nati o meno in Italia, sono come lui, anche se non è così. Si è salvato la pelle ed ha salvato quella dei suoi compagni “come un Italiano doc” (!!!) ma non ha però cambiato le cose, le condizioni di migliaia di altri.
Ma non è impossibile che l’idea di premiare il coraggioso salvataggio di sé stesso (e di altri) con un solenne, generale “jus soli”, sia stata suggerita dalle cittadinanze onorarie di Antonino Di Matteo, premiato, invece, da Consigli Comunali sballati di tutta l’Italia, e che le cittadinanze se le è prese assai più a buon mercato.
Che ve ne pare?
Non rispondete a questa proposta con il solito “mi piace” (di cui, in ogni caso, vi ringrazierei). Se vi frullerà per la testa un giudizio, comunicatelo direttamente a Di Matteo. Dovrebbe stare a Roma, perché è addetto alla Direzione Nazionale Antimafia. Ma, anche se non va più a fare incetta di cittadinanze onorarie, credo sia ancora assai spesso impegnato in manifestazioni e convegni in giro per l’Italia. Con la scorta. Naturalmente. Gli potreste lasciare un messaggio.
Mauro Mellini