Scorro le 121 pagine della relazione della Commissione Regionale Antimafia. Non sono così ipocrita da nascondere di provare una certa soddisfazione del mio amor proprio. Vedere scritte a chiare lettere parole come “mafia dell’antimafia” che io ho gridato al vento per anni ed anni con altre, come “Terzo Livello Sicindustriale” della nuova mafia, sentir affermare che l’oltranzismo antimafia è stato usato come strumento di minaccia e di persecuzione per imporre i voleri ed i metodi del “Sistema Montante”, della vera, grande mafia, potenza parallela e sostitutiva di quella legale, sono cose che, in qualche modo mi consentono di affermare che quella mia petulante insistenza non è stata tutta predica al vento.
Ma, lo scrivevo anche ieri, c’è un aspetto di questo inusuale successo di una Commissione Parlamentare di indagine che sembra aver attinto ai miei scritti dimenticati, in realtà dando loro valore ancor maggiore perché sicuramente gli estensori di quella relazione, gli autori di quel documento raccolti a migliaia hanno assolutamente ignorato la mia mendicità di verità e il mio parlare al vento che mi turba e mi preoccupa.
Scoppia la questione “mafia dell’antimafia”, è sotto gli occhi di tutti il “Terzo Livello della mafia” costituito da Sicindustria. Viene denunciato l’oltranzismo antimafia come “lupara giudiziaria”. Ma mentre la Commissione scrive tutto questo, Montante resta in galera, ma la magistratura gli risparmia per questa sua costruzione del sistema di potere, l’imputazione del 416 bis. Non sarebbe “mafia”.
Se non è mafia il “Sistema Montante” non so proprio quando possa essere applicato il disposto del nebuloso 416 bis (ed il ter, il quater).
Sono sempre stato convinto che la formulazione del reato di associazione di stampo mafioso fosse imperfetta, “aperta”, tautologica, e, come tale, incostituzionale. Ora che di quell’articolo sembra che questi signori di Sicindustria si siano valsi come di un canovaccio per disegnare la struttura della loro macchina di potere, la magistratura dice che no, Montante sarà colpevole di corruzione, reato che oggi si contesta anche a chi versa l’obolo in Chiesa. Ma non è mafioso.
Assoluzione. Assoluzione per chi? E’ chiaro per gli stessi magistrati che per anni, presentandosi come eroi e paladini dell’antimafia, hanno visto il malaffare ed i misfatti, hanno assistito al crescere ed al perfezionarsi del “Sistema Montante”, le bojate dei suoi scherani, Lumia (accusato apertamente dalla Commissione) ma anche Crocetta il Presidente della Regione, “parte lesa” nella diffusione di una falsa intercettazione telefonica che diceva, tutto sommato, la verità etc. etc.
Sono tanti i mafiosi del “Sistema Montante” cui la relazione allude ma non nomina.
C’è una schiera grottesca e perversa di magistrati, alcuni dei quali si sono lasciati andare a far pappa e ciccia con personaggi oggi marchiati a fuoco per il loro ruolo nel losco “Sistema”, che non vogliono definire mafioso, che hanno cantato le litanie dell’antimafia con i Lumia, con i giornali e giornalisti oggi sputtanati non da un vecchio brontolone ma da una Commissione Parlamentare una volta tanto non inutile.
Ci sono magistrati dediti all’archeologia giudiziaria, pronti ad elevare imputazioni alla memoria di Andreotti, a perseguitare sconciamente Mannino perché “aveva paura”, quindi “sicuramente” voleva venire a patti con la mafia etc. etc.
Ma Montante, Catanzaro, Lumia, niente. Loro non sono oggi mafiosi, benché ieri, con i magistrati andavano a braccetto.
Di fronte alle conclusioni, che concludono solo a metà, della Commissione Regionale Antimafia, il Parlamento Siciliano e quello Nazionale dovrebbe porre immediatamente il problema di far saltare dai loro posti diecine di magistrati “distratti” in Sicilia. Per aver chiuso beatamente gli occhi votandosi ad una assurda odiosa “antimafia strumentale”.
Non si può parlare come si deve del “Sistema Montante” se non si apre subito la questione della cacciata dai loro scranni di diecine e diecine di magistrati. Per non parlare che di quelli che soltanto “non hanno visto”.
C’è sicuramente di peggio.
Mauro Mellini