“Pulcinella si confessa cantando” si dice a Napoli. Il “Cittadino di Cento Città”, il magistrato più costoso del mondo, dotato di ubiquità e di relativa indennità, si è confessato esultando.
Esultante per la demenziale sentenza di Palermo, l’ho visto in televisione, in toga tra altri togati. Eloquio, al solito, non brillante, spiega, cioè tenta di spiegare, il contenuto ed il valore di cotanta sentenza.
“Gli uomini politici ed i Carabinieri sono stati condannati PER AVER TRASMESSO LE MINACCE DELLA MAFIA”. Proprio così: “trasmesso”, riferito, a chi di dovere la minaccia (stragista) della mafia. Una frase che da sola avrebbe potuto rappresentare, nella peggiore delle ipotesi, la motivazione dell’assoluzione di un reato tanto poco chiaramente ipotizzabile per Mori, i Carabinieri, Dell’Utri etc. etc.
Poi è tornato, a ribadire (così sembrava voler fare) il concetto (si fa per dire) “hanno concorso alla minaccia allo Stato…”. Invece di specificare la delittuosità (impossibile) della “trasmissione” (che sarebbe stata, semmai, delitto non compiere) è invece ritornato al generico, all’ipotesi astratta di ogni correità.
Se non avessi avuto ben chiaro avanti agli occhi il volto del “Cittadino di Cento Città”, il gran magistrato tale proclamato dalla ipotetica “condanna a morte” di Totò Riina, avrei detto che in televisione era apparso un Tizio, in toga, forse uno dei Difensori, a sfottere, con nemmeno tanta sottile ironia, la tesi dell’accusa e della condanna.
E invece…
“Si confessa cantando, anzi, esultando….”.
Mauro Mellini