DIECI MILIONI PER FINIRE SU UN MARCIAPIEDE
EDIZIONI “LA VITA FELICE”
A cura di Anonimo B.M. Veneziano.
Amici lettori, finalmente abbiamo l’occasione di rivolgere qualche domanda a Sandro Biffi, l’Autore del “roman-diario” “Io piangio a Brescia – Auschwitz” delicata storia d’amore e, al contempo, atto d’accusa verso la nostra società colpevolmente cieca e sorda di fronte alla morte fisica, morale e spirituale di migliaia di ragazze innocenti.
Signor Biffi, innanzi tutto grazie per il tempo che, gentilmente, ha deciso di concederci. Partiamo dall’inizio: è noto che “Sandro Biffi” sia, diciamo così, un nome d’arte. I lettori chiedono: perché la scelta di usare uno pseudonimo e, quindi, chi è in realtà l’Autore di “Io piangio”?
La scelta di utilizzare lo pseudonimo mi è stata suggerita da Alberto Pantani ed è dovuta a motivi di sicurezza, data la pericolosità della malavita nigeriana. L’autore di “Io piangio” è una persona normalissima, un insegnante di scuola secondaria superiore, che ha raccolto l’invito di romanzare vicende strazianti che un caro amico aveva avuto l’accadimento di vivere.
Il protagonista maschile di “Io piangio” è Alberto. Nelle note introduttive del libro descrive il suo rapporto con lui, la richiesta di questi di aiutarlo a pubblicare la sua esperienza con Alexandra. Ma Alberto esiste davvero o, come spesso accade in letteratura, trattasi di un suo alter – ego utile alla causa?
Posso garantire al lettore che Alberto Pantani non solo esiste ma che è anche vivo e vegeto! I drammatici fatti descritti nel libro lo hanno indotto a lasciare il nostro Paese e oggi lavora per una compagnia petrolifera britannica. Ci sentiamo spesso telefonicamente e si tiene aggiornato con grande interesse sull’andamento del “nostro”, come dice lui, romanzo.
Il tema trattato da “Io piangio” è scomodo, sporco: è solo il suo rapporto con Alberto che l’ha spinta a scrivere il libro o c’è dell’altro?
Ho scritto questo libro, che è dedicato ad Alexandra e a tutte le donne che hanno avuto il medesimo destino, anche per gettare un sasso nello stagno, nella speranza di smuovere l’indifferenza di quel legislatore che ha abbandonato centinaia di migliaia di ragazze schiavizzate nelle fauci dei clienti. Mi rendo conto che ciò in ogni probabilità è del tutto velleitario, ma, siccome sono credente, un giorno, quando dovrò rendere conto dell’utilizzo della mia vita, potrò almeno dire di non essere rimasto sordo, cieco e muto di fronte a questi fatti.
Nel libro, Alberto prende posizione contro la politica italiana dichiarando che non vota in segno di protesta contro il “sistema”. Lei è d’accordo con lui? Lei Vota?
In quelle ormai lontane elezioni politiche del 2001, Alberto raccolse l’invito di don Oreste Benzi, fondatore della Comunità Giovanni XXIII, che suggeriva di annullare le schede per protestare contro l’ottusità del ceto politico su queste problematiche. Anch’io condivido il pensiero di don Benzi e mi pare che da allora le cose non siano affatto cambiate. Nelle elezioni amministrative mi sforzo di premiare le persone, indipendentemente dalle appartenenze politiche.
Nel libro si sottolinea il giogo mistico-religioso-superstizioso al quale vengono sottoposte le ragazze per costringerle a prostituirsi e, nel 2018, ciò può suonare strano. Ѐ, quindi, tutto vero (come pare anche da articoli pubblicati qua e là) o la vicenda è stata, diciamo così, adattata per esigenze narrative?
Purtroppo, è tutto vero; queste ragazze sono completamente soggiogate dai riti vudù ai quali vengono sottoposte prima di partire per l’Italia. Le nigeriane sono davvero convinte di morire fra le sofferenze, qualora si rifiutassero di scendere in strada. Quelle che riescono a sottrarsi al vudù sono meno dell’uno per cento. Come Agatha Christie fece dire al suo più famoso personaggio, “il potere della superstizione è un potere terribilmente grande”.
A suo giudizio, le forze dell’ordine sono davvero impotenti di fronte al fenomeno prostituzione o, detto tra noi, ricevono “pressioni” per limitare i loro interventi?
Io nutro profondo rispetto per le forze dell’ordine. Il problema è rappresentato da una normativa insulsa che prevede la denuncia , o comunque la conferma, da parte di ragazze che per via dei riti vudù non sono, e non saranno mai, in condizione di poterla fare. E’ però molto strano che non si abbia notizie di processi a carico dei clienti, considerato che il sesso in auto è reato come pure è reato il procurare vantaggi economici a minori di 16 anni in cambio di prestazioni sessuali.
Si dice che la prostituzione sia il “mestiere più vecchio del mondo”. In Italia, la cosiddetta “Legge Merlin” del 1958, ha, di fatto, fallito; in altri paesi sono state istituite zone dedicate a quella “professione”. Lei ha suggerimenti al riguardo?
Il libro non ha il fine di entrare nelle tematiche legate alla prostituzione volontaria e nemmeno di proporre soluzioni in merito alla tratta sessuale. Per cercare di contrastare quest’ultima si potrebbe, per esempio, colpire il racket prescindendo da qualsiasi conferma da parte delle ragazze. Potrebbero essere anche introdotte serie sanzioni civili e soprattutto penali nei confronti dei clienti sui quali dovrebbe cadere l’onere sia di dimostrare la maggiore età della ragazza sia la circostanza che quest’ultima agisca senza essere soggiogata da terzi. Non dimentichiamoci, poi, che vittime dell’Aids sono sempre più spesso donne con relazioni affettive stabili, evidentemente contagiate da mariti o compagni clienti.
Ultima, provocatoria, domanda: c’è mai stata una Alexandra nella sua vita?
Come ho detto, non ho scritto questo libro per motivi di ordine personale, che rimangono sempre secondari e poco rilevanti, ma per cercare di smuovere il legislatore. Io sono profondamente legato ad Alberto e, nei suoi panni, mi sarei comportato come lui: anche per le modalità tecniche di costruzione del romanzo, c’è una profonda identità di vedute tra l’autore del libro e l’io narrante di Alberto.
Ringraziamo Sandro Biffi per la sua disponibilità e raccomandiamo la lettura di “Io piangio a Brescia – Auschwitz”: ha molte cose da insegnarci.