La fuga dei jihadisti dalla Libia, preoccupa i paesi vicini e quelli dai quali è partito un elevato numero di foreign fighters che oggi potrebbero far ritorno nella loro nazione. Mentre in Libia continua la caccia ai terroristi dell’Isis – ieri, 9 gennaio, le forze speciali di Tripoli hanno annunciato l’arresto di due combattenti dell’Is – Mohammed Abdullah Balah (Abu Ayoub) e Siraj Khalifa Ali Abdul Rahman al-Jahawi (Abu Huraira) – la presidente dell’Associazione degli operatori della sicurezza e della sicurezza industriale della Nigeria, la dottoressa Ona Ekhomu, ha invitato il governo nigeriano a essere cauto nell’accogliere cittadini provenienti dalla Libia, per timore che sotto le mentite spoglie di falsi migranti, si possano nascondere combattenti dello Stato Islamico in fuga e pronti a portare a termine attentati nei paesi d’origine.
Lo stesso timore viene avanzato da funzionari di governo del Marocco, preoccupati nel rimpatriare i propri cittadini attualmente intrappolati in Libia, per il timore che gli stessi possano essere stati reclutati dall’Isis o da altri gruppi terroristici.
Un timore fondato, anche in considerazione del fatto che già in passato le forze di sicurezza marocchine hanno smantellato, all’interno del paese, numerose cellule legate ai networks internazionali dell’ISIS, di al-Qaeda nel Magreb islamico (AQIM) e di al-Nusra Front, alle quali appartenevano anche soggetti provenienti da Algeria, Ciad, Francia e Italia. Tra gli arrestati, alcuni erano in possesso di materiale chimico ed esplosivo, mentre altri si erano addestrati allo scopo di unirsi allo Stato Islamico in Libia, in Iraq o in Siria.
Secondo le autorità marocchine, simpatizzanti dello Stato Islamico e di altri gruppi estremisti, potrebbero favorire il potenziale ritorno in Marocco di foreign fighters, offrendo loro appoggio logistico per portare a termine attentati nel paese o nell’Europa occidentale. Secondo le stime delle autorità di Rabat, oltre 1.600 marocchini sono partiti per unirsi ai gruppi terroristici all’estero, in particolare in Siria e Iraq. La metà di loro sarebbero rimasti uccisi nel corso dei combattimenti, mentre altri sarebbero in viaggio per raggiungere il paese di provenienza, dove 300 jihadisti avrebbero già fatto ritorno.
Una stima che arriva a un migliaio di foreign fighters di ritorno, se a quelli rientrati in Marocco, si aggiungono le centinaia che si ritiene abbiano fatto ritorno in Tunisia dai campi di battaglia dello Stato islamico.
Si tratta di valutazioni che allarmano anche i funzionari delle intelligence occidentali, che vedono nel ritorno dei falsi migranti una seria minaccia alle porte dell’Europa, a causa della vicinanza delle coste nord africane con quelle della Spagna e dell’Italia, da dove potrebbero infiltrarsi ulteriormente nel continente per vendicare le sconfitte subite dallo Stato Islamico sui territori di battaglia.
Sia in Spagna che in Italia, cittadini marocchini hanno svolto in passato attività terroristiche. La Spagna ha anche subito attentati, come quello di Barcellona nell’agosto 2017, pianificati e portati a termine da una cellula composta da cittadini marocchini. Così come cittadini marocchini sono Abderrahim Moutaharrik, il campione di kickboxing che viveva a Lecco, arrestato nell’aprile 2016 per terrorismo internazionale, insieme al 23enne Abderrahmane Khachia, di Brunello (Varese) fratello di Oussama, morto in battaglia a Ramadi nel 2015, dopo essere stato espulso dall’Italia. Insieme a Moutaharrik e Khachia, nel 2016 vennero arrestate altre quattro persone, anche loro di origine marocchina.
Il timore da parte dei funzionari occidentali, è accresciuto dal fatto che le stesse autorità del Marocco affermano di aver impedito numerosi attacchi terroristici su larga scala a Casablanca e Rabat, ma di avere mezzi limitati per impedire ai loro cittadini – che spesso hanno passaporti libici falsi – di condurre operazioni al di fuori del paese.
Gian J. Morici