Dal maggio 2017, l’Arabia Saudita siede nella Commissione dei Diritti delle Donne dell’ONU e non è un fake. Dobbiamo anche ricordare che, nel 2015, Sua Eccellenza Faisal bin Hassan Thad, ambasciatore dell’Arabia Saudita presso le Nazioni Unite è stato eletto al gruppo consultivo sui Diritti Umani sempre dell’ONU.
Stiamo sereni, Riad sta applicando un piano di riforme che prevede ben l’abolizione del divieto di guida per le donne e pure la riapertura dei cinema! Ma le donne restano sotto tutela di un uomo che sia marito, padre, fratello.
Abbiamo già dimenticato il blogger Raif Badawi, sbattuto in carcere, un carcere saudita, il 17 giugno 2012 e condannato a 10 anni di prigione oltre che ad una punizione di 1000 colpi di frusta? Apparentemente ne avrebbe ricevuti “solo” 50 ad oggi, ossia quelli del 9 gennaio 2015 in una piazza pubblica di Gedda. La sua colpa? Apostasia e la creazione del Free Saudi Liberals.
Ma di Badawi non si parla praticamente più. Oggi i titoloni li fa Trump con la sua decisione di tagliare fondi all’ONU. Premesso che non sostengo Trump, anzi mi preoccupa, mi chiedo cosa stiano facendo all’ONU e non solo all’ONU. Stringiamo la mano ai Sauditi che hanno chiuso le frontiere al Qatar per finanziamento del terrorismo e legami con l’Iran ma che poi invitano i qatarioti ai campionati di scacchi lasciando fuori i giocatori israeliani…
Già meglio la monarchia saudita della democrazia israeliana, che piaccia o no, e che prevede anche il bikini in spiaggia. Che c’entra il bikini? C’entra eccome. Perché l’unica ad avere le idee chiare in questo contesto geopolitico a dir poco schizofrenico è la campionessa ucraina Anna Muzychuk che rinuncia al titolo pur di non indossare l’abaya, il velo integrale.
Un’idea per il 2018: vogliamo finalmente prendere in mano la spinosa questione dei Diritti Umani o continuiamo ad abbaiare ed a gridare al lupo al lupo secondo il giorno dimenticando le vere vittime ed i veri carnefici?
Luisa Pace