C’è un agitarsi degli esponenti dello sciacallaggio politico “antimafia” che non è espressione del crescere delle pretese di questa piovra, stimolata dal successo ottenuto in questi anni sulle strutture liberali e democratiche del nostro Paese. Ne avrebbero ragione, perché i danni arrecati, cioè il loro successo, sono stati graditi. Ma se i loro appetiti sono cresciuti in proporzione, qualcosa ha cominciato ad andare storto nei loro piani eversivi.
Questi signori hanno contribuito in modo determinante alla distruzione ed all’asservimento della classe politica. Ma averne sfregiato e, poi cancellato il prestigio e le stesse funzioni, ha creato un moto che comporta conseguenze che rischiano di travolgere gli stessi esponenti, la stessa categoria dello sciacallaggio antimafia.
Le umiliazioni inflitte al potere politico, rischiano di consegnare alla voracità dei campioni dello sciacallaggio, che si manifesta con un significativo scalpitare per “scendere” (cioè, “salire”) in campo elettorale dei più grotteschi esponenti di quella categoria il classico pugno di mosche.
L’effetto più rilevante dello squadrismo giudiziario e del più massiccio e coerente fenomeno di giurisdizionalizzazione delle istituzioni e dello Stato comincia a produrre il suo più naturale effetto: una rabbia crescente tra le popolazioni più colpite, un ribellismo anarcoide che giova solo alla creazione di “poteri paralleli” ed antagonisti della sgangherata ed insostenibile legalità dello Stato. Cresce così lo spazio del potere mafioso e non solo di quello.
Che i sommi sacerdoti (e sacerdotesse!) dell’Antimafia riescano a capire tutto ciò è certamente da escludere. Un fondamento di stupidità caratterizza la subcultura e la loro forma mentis. Non saranno tutti al livello di una Rosy Bindi, ma non c’è tra loro che la rozzezza di una tradizione illiberale e repressiva.
Sentono però che qualcosa, malgrado tutto, comincia per loro ad andare storto. Si affannano a predicare l’importanza della loro missione esagerando fino al grottesco la potenza del “pezzo di mafia” che hanno di fronte nelle loro sedi. Gratteri si prodiga a sostenere che è la ‘Ndrangheta la mafia più potente, Di Matteo riscappa fuori a dare l’allarme per una svolta di ulteriore “adeguamento” della mafia in conseguenza della morte dell’ex Capomafia Totò Riina, Grasso non si sa bene cosa voglia dire, Scarpinato rivendica il ruolo centrale di Cosa Nostra Palermitana…
E il Governo scioglie i Consigli Comunali in cui i mafiosi sarebbero entrati in minoranza perché battuti da una maggioranza “per bene”.
Il servilismo dei “Cinque Stelle” nei confronti del Partito dei Magistrati sembra tendere ad affrancarsi da questo ruolo per gestire un forcaiolismo “autonomo” nella sua singolare idiozia.
Il delinearsi del successo del Partito dei Magistrati, della sua strategia “antipolitica”, comincia a mostrare la sua intollerabile e sciagurata assurdità.
Finché Berlusconi aspetterà che da Strasburgo arrivi la soluzione dei guai italiani oltre che dei suoi, non c’è da sperare che qualcosa di diverso e di migliore venga fuori da questo gran casino. A meno che…
Mauro Mellini