Siamo oramai alla vigilia del voto della Sicilia per il suo Presidente e per il Parlamento Regionale.
Non sono un esperto di sondaggi sulle intenzioni di voto e non me ne dispiaccio troppo, perché, a parte l’esperienza di ripetuti errori, sono per sè stessi ingannevoli ed in certo senso fuorvianti.
Una cosa, peraltro sembra certa: l’arrogante insipienza di Crocetta e del crocettismo, con la sua retorica di una rivoluzione fasulla, che è stata solo uno sconquasso, e con essi il P.D. e quel che resta del renzismo pretenzioso, sono stati liquidati prima ancora del voto. Sono rimasti al palo, fuori della competizione.
Se il fatto in sé è sicuramente, se non rallegrante (che di allegrezza non è proprio aria) almeno tali da far tirare un sospiro di sollievo, non sembra che i veri mali dell’Isola, la stratificazione delle cavolate che hanno rovesciato il senso e le speranze della sua autonomia, siano oggi al centro del dibattito elettorale e che le forze politiche che succederanno al gaglioffo pseudorivoluzionario abbiano idee, impegni, mezzi per affrontarli veramente.
La Sicilia è una regione ricca. Ricca non solo di intelligenze, di storia, di esperienze anche positive. Sembra però che la sua ricchezza sia destinata, anziché a soddisfare fame e bisogni di ogni genere dei suoi abitanti, a divenire oggetto di depredazione e di vandalismi da parte di altri popoli, di altri Regni e Stati, ma soprattutto da parte dei suoi figli peggiori.
Spagnoli, Borboni, Sabaudi hanno fatto a gara per ridurre in povertà questa terra. E, poi, la mafia, distillato di antiche servitù e di attuali istinti predatorii nati e cresciuti all’ombra del potere straniero e sempre considerato in sé estraneo ha fatto il resto.
Poi la mafia è diventata antimafia: antimafia predatoria e mafiosa.
Oggi il vero problema dell’Isola è quello di questo regime oppressivo, vandalico e predatorio di un’Antimafia imposta come religione ipocrita dei profittatori, eredi della Santa Inquisizione e del deserto culturale e fisico da essa prodotto.
Se una forza politica consistente osasse affrontare questo problema centrale, potrebbe essere al momento sconfitta, ma darebbe inizio al cammino di una vera liberazione.
Purtroppo pare che la partita delle prossime elezioni regionali sia tra un Centrodestra composito e reduce da meschine lotte interne, già vittima di una sfacciata persecuzione giudiziaria, che peraltro, invece di fare di ciò il suo titolo storico di partito della riscossa, cerca di farlo dimenticare, di “evitare il peggio”, di non “provocare” il Partito dei Magistrati, di recitare le giaculatorie dell’antimafia, assicurandosi di non meritarne i fulmini e le depredazioni.
Di contro i Cinquestelle, pretesi ribelli contro il sistema, prigionieri della loro ignoranza e della loro antipolitica che è, in fondo, antistoria. Ma, soprattutto, stolti reggicoda dell’oltranzismo forcaiolo del Partito dei Magistrati, supporter, nientemeno, di un Di Matteo.
La prospettiva è che, chiunque vinca, sarà alla mercé del partito dei magistrati, dei suoi interventi. Partito dei Magistrati che, ricordiamolo, ha liquidato i precedenti governi regionali, salvo quello di Crocetta, il peggiore, che, invece ha “rispettato” e di fatto, sostenuto.
Se c’è una speranza è, dunque, nell’emergere dal silenzio, e dalla paura, la rabbia contro l’Antimafia mafiosa, lo strapotere del Partito dei Magistrati. La gente chieda ai candidati di reagire. Si defileranno, risponderanno che proporranno “miglioramenti”, manifesteranno fastidio. Ma se in qualche decina di casi ai candidati del Centro destra e dei Cinquestelle in cerca di voti sarà sbattuto in faccia qualche povero nostro scritto contro la depredazione pseudoantimafiosa, vedrete che un cambiamento di aria non apparirà più impossibile.
Amici Siciliani: Auguri!
Ma da soli avete sopportato la peggiore falsificazione della democrazia e da soli potrete liberarvene.
Mauro Mellini
P.S. La vignetta del calcio nel sedere al caimano, predatore togato potrebbe diventare il simbolo degli scritti e del passaparola di questa rivolta intellettuale.