C’è stato un periodo, nella storia recente italiana, in cui qualsiasi evento di cronaca vedeva allargare i suoi confini ogni giorno di più, e ogni giorno sempre più indistinti, fino a inglobare tutto il peggio di ciò che il nostro Belpaese ha saputo produrre: terroristi rossi e neri, politici, mafiosi, criminali semplici o raccolti in organizzazioni, servizi segreti nostrani ed esteri, alti prelati e addirittura Papi in regolare servizio.
Fu così per il caso Moro, con la P2 che governava il comitato di emergenza, la banda della magliana che scriveva comunicati falsi, la CIA che istruiva le BR, le BR che trattavano con i socialisti e il povero Paolo VI al balcone a dare il colpo di grazia inconsapevole a Moro.
Idem per la strage di Bologna, tra terroristi neri condannati probabilmente innocenti, servizi segreti pronti a depistare qualsiasi cosa, la mafia o la CIA come al solito pronti a fornire l’esplosivo, e i soliti vescovi a dire messa.
Non parliamo poi di Ustica.
Lì l’apoteosi, con MIG libici in vacanza sulla Sila, caccia francesi liberi di sguazzare nel Mediterraneo e sparare dove capita, tracciati radar che non si trovano e radaristi che invece si trovano, ma morti.
Potrei continuare per ore, ma vi risparmio.
In tutto questo il filo conduttore è una smodata passione della stampa e dei lettori per il fattaccio; il vizio di un popolo di machiavelli di cercare sempre cosa c’è dietro, il grande vecchio (che poi ogni tanto sto grande vecchio esiste davvero), di dubitare di tutto perché niente è a fuoco, e non è certo un caso.
Ma ad un certo punto qualcuno, sempre, riesce a superare il peggio del peggio.
E mai come nel caso di Emanuela Orlandi si è superato il limite della ragionevolezza, nell’ansia smodata di trovare il torbido ovunque, fino alla riesumazione della salma di Renatino, dei gossip sugli amoretti della ragazzina, sulla vita dei famigliari passata al setaccio da tutti, magistrati, polizia, stampa, dall’Amerikano che si divertiva a torturare la famiglia, fino a JohnPaulTwoWeloveyou che povero vecchio nell’ansia di fare secca l’Unione Sovietica non capiva oggettivamente niente di quello che gli accadeva dentro casa.
E ora, dopo 35 anni, sbuca fuori questa merda, questo documento che sembra falso come una moneta da tre euro, in cui la Santa Sede avrebbe speso non so quante centinaia di milioni delle vecchie lire per tenere segregata la Orlandi in un convento del cavolo a Londra.
E invece di farci un bel falò, c’è pure chi ci scrive un libro, e comincia a mandare i trailer dell’ennesima inchiesta gossippara a tutti i giornali.
E in tutto questo turbinio che rinasce periodicamente intorno ad una povera bambina innocente, nessuno, dico nessuno pensa alla famiglia.
A chi da 35 anni soffre per la scomparsa di quell’angelo, e che ne è morto senza aver più visto un giorno felice in vita sua.
A me questa Italia qua fa vomitare.
Rodocarda