Mentre il governo quasi renziano sembra deciso a non mandar spiccato l’ultimo anno della legislatura e della sua sopravvivenza per realizzare tutte le bojate, legislative e non che la scadenza potrebbe lasciare incompiute, un altro test elettorale è oramai assai vicino: entro l’anno si voterà in Sicilia per la Regione.
Credo che in nessun’altra circostanza come in questa l’Amministrazione “uscente” possa e debba definirsi, invece “estromessa”, secondo non i soliti “sondaggi” delle intenzioni di voto, ma dal sentimento diffuso e deciso dei Siciliani.
Crocetta, il “rivoluzionario” del P.D., ma non del tutto, col suo “Megafono” rumoroso e stridente non osa nemmeno ipotizzare una seconda candidatura. E’ riuscito a realizzare tutte le “riforme” delle quali la Sicilia non aveva bisogno e non poteva ricavarne che complicazioni ed ulteriori guai; quelle necessarie non è riuscito nemmeno ad immaginarle. L’etichetta antimafiosa della sua Giunta è riuscita a consegnare l’Isola ad una mafia rinnovata, al “terzo livello” rappresentato dagli “Sciacalli dell’Antimafia” (è questo il titolo di un mio librettino di un quarto di secolo fa) dei parassiti beneficiari della fine della stabilità dei presupposti dell’economia provocati dagli arbitri di una scriteriata repressione della (vecchia) mafia.
Il P.D. è andato mendicando candidature “indipendenti” che impersonavano una alleanza esplicita col Partito dei Magistrati.
Ricevendone, non certo per riserbo e timidezza un prevedibile rifiuto da parte, nientemeno, di Grasso.
Non mancheranno certo all’appuntamento elettorale le sigle vecchie e nuove di partiti esistenti e, soprattutto, inesistenti.
Tuttavia le elezioni regionali potrebbero produrre qualcosa di nuovo, vero.
Non parlo della novità oramai precocemente invecchiata, dei Cinquestelle.
La Sicilia ha l’elettorato più “mobile” e reattivo che vi sia in Italia. Una reattività non sempre saggiamente espressa, con scelte poi presto ripudiate e con manifestazioni di sfiducia e di sconforto attraverso l’astensionismo più marcato e frequente che altrove.
Vi saranno dunque queste novità? Probabilmente sì tratterà di qualche “ritorno all’ovile”, di rispolveratura di vecchie etichette e bandiere. Ma non è da escludersi che accada l’imprevisto di una novità che non sia già vecchia.
E’ in Sicilia che il Partito dei Magistrati giuocherà la carta dell’interventismo e delle “scorciatoie”. La mano tesa del più becero oltranzismo giudiziario alla più becera tifoseria forcaiola dei Cinquestelle è già cosa nota anche se non sembra facilmente realizzabile.
Potrebbe essere la novità catastrofica di queste elezioni. Ma non è escluso che, dopo che la crisi dello sciacallaggio antimafia, che è la più pesante zavorra contro ogni slancio economico dell’Isola, matrice di una imprenditoria essenzialmente parassitaria è fenomeno diventato evidente ed indiscutibile, anche se non apertamente denunciato per un non ipotetico rischio di incorrere nella vera e propria repressione, questo sentimento largamente diffuso venga ad esprimersi con una presenza elettorale che potrebbe rappresentarne la “novità nuova” e positiva di queste elezioni.
Sarebbe un fatto di enorme importanza, l’apertura di un nuovo orizzonte per tutta la Nazione. La Sicilia potrebbe funzionare “come metafora”, ma anche (e non sarebbe la prima volta) come avanguardia di scelte finalmente felici per tutti noi.
Sperare non nuoce, ma non si vive né si sopravvive di sogni. Specie quando quelli che prevalgono sono, invece i sogni da incubo.
Mauro Mellini