Lo abbiamo scritto qualche giorno fa: negli U.S.A., in Francia, in Gran Bretagna si vota e da noi non si riesce nemmeno ad avere una legge elettorale.
Avvicinandosi la data del ballottaggio presidenziale francese sembra che la campagna elettorale si debba farla in Italia e che, in mancanza di candidati, di partiti, di legge elettorali per la nostra Repubblica, chi vuol proprio fare politica debba vedersela col voto francese.
E poi l’ulteriore buffonata dell’auto-attribuzione delle parti. Una volta (adesso non lo so) i bambini prima di giuocare alla guerra litigavano per la parte da attribuirsi: “No! Io so’ il cow boy! L’Indiani sete voi! No noi siamo l’austriaci (così ancora avaro ai miei tempi) voi siete l’Italiani!…”. Anzi, non so perché si diceva io ero l’indiano…Voi eravate i cow boy. Il passato prossimo si prestava meglio alla mistificazione.
Oggi Salvini conduce la sua campagna al grido “Io ero Marine Le Pen!”. Berlusconi “Io ero Macron”.
Giuocano alla politica come i bambini giuocavano alla guerra. Solo che allora vinceva chi dava più busse e sassate. Oggi vincerà chi avrà scelto di essere (“che era”) il candidato francese giusto. Passata la data delle elezioni degli altri ed un paio di giorni di ridicole dichiarazioni dei vincitori nostrani, si tornerà a pensare di vincere le elezioni italiane. Come? Prendendo più voti? Nemmeno per sogno: ognuno pensa di vincere con i voti che ha o crede di avere, ottenendo una legge elettorale che lo favorisca.
“In virtù di nuove leggi – chi perde voti acquista seggi”, era la didascalia dell’indimenticabile vignetta di Maccari sul Mondo di Pannunzio, in occasione della prima modifica della legge elettorale per le Comunali.
Partiti autoreferenziali, legge elettorale autoreferenziata. E giuoco alla democrazia con le elezioni di altri Paesi.
Questo è il quadro desolante della nostra Repubblica democratica. Fondata sull’imbroglio.
Mauro Mellini