No, non mi dispiace di non aver fatto in tempo a inserire questa nello “Stupidario del SI”. Meglio non correre il rischio di sentirsi accusare di inventarsi cose impossibili che si scrivono in un libro o di “sparare sull’ambulanza”.
Ma è certo che a Benigni, quello della “Costituzione più bella del mondo”, spetta un secondo premio Oscar: quello delle cazzate, termine, nel caso, più calzante che non “stupidità”, “stupidaggini”.
Intervistato dalle “Iene” ha dichiarato: “Già i Costituenti hanno detto (!!!) di riformare la Costituzione. Lo hanno auspicato loro stessi…”.
Dove cavolo sia andato a pescare una tale strabiliante informazione storica non si riesce ad immaginarlo.
Mortati, Orlando (Vittorio Emanuele), De Gasperi, Ruini, Ambrosini, Saragat, Terracini, Togliatti etc. etc. avrebbero detto: “Noi non siamo riusciti che a tirar fuori questo pasticcio, accontentatevi, però, appena nascerà una veramente brava e grande costituzionalista che si chiamerà Boschi, con uno statista lungimirante e severo, che si chiamerà Renzi, mi raccomando riformatela! Lo auspichiamo noi stessi!”.
Questo illustre giullare deve aver letto (o qualcuno glielo ha detto) che nella Costituzione c’è un articolo 138 che stabilisce le regole per eventuali revisioni. “Se la revisione è prevista”, parrebbe abbia capito. “significa che quelli che l’hanno fatta, benché fosse “la più bella del mondo”, come lui è andato proclamando per anni tra una farsesca lettura della Divina Commedia e l’altra, “hanno detto che bisognava “rivederla” per farla diventare bellissima”. Veramente ammette che “certe cose” sono da rivedere (della riforma) cioè questa revisione dovrà essere rivista, perché i Padri Costituenti hanno auspicato la revisione e, quindi, anche la revisione della revisione. Non è uno scherzo.
Il resto dell’intervista è all’altezza di questa fondamentale proclamazione.
A questo giullare si dà più spazio nell’informazione che ai settanta Avvocati di Trieste che hanno redatto un documento di eccezionale puntualità che demolisce la riforma.
Ma, sapete com’è, un Oscar tira l’altro.
Mauro Mellini