Nel 1960, quando si svolsero le Olimpiadi a Roma, io non ero nato, ma è comunque un evento che mi appartiene, della mia epoca.
L’ho vissuto come se lo avessi visto, perché la mia infanzia è stata permeata da questo avvenimento epocale, sia per i ricordi che mi sono stati trasmessi, sia per le opere che ha lasciato visibili nella città.
Per le Olimpiadi a Roma si mossero i più grandi architetti, tra cui Nervi, si realizzarono impianti, ristrutturarono altri come lo Stadio Olimpico, si costruì un villaggio per l’epoca modernissimo.
Forse, come molti dicono, furono le ultime Olimpiadi innocenti, con le corse di Abebe Bikila a piedi scalzi tra le fiaccole, la lotta alla Basilica di Massenzio, l’Equitazione a Piazza di Siena, con Mohammed Alì che amoreggiava con Wilma Rudolph e Nino Benvenuti che insegnava la boxe a tutti.
Le Olimpiadi servirono a rimettere Roma e l’Italia al centro dell’attenzione internazionale, e a mostrare che le cose erano cambiate, anche se il Paese faticava a liberarsi dall’eredità del fascismo, mimetizzato nelle istituzioni Repubblicane, e il boom economico doveva ancora arrivare, facendo di noi quasi più un Paese da cartolina che una potenza internazionale.
Roma, e l’Italia, ebbe una grande visibilità, e un grande prestigio da questo evento, e per molti anni diventò il centro della vita mondana, e di un ritorno di fiamma di sfarzosità neo classiche che attirarono anche Hollywood e le sue falangi.
A distanza di oltre cinquanta anni le Olimpiadi sono un’altra cosa.
Un business megamiliardario, atleti professionisti strapagati, organizzazioni colossali.
Londra, dopo aver investito 12 Miliardi di Euro, è riuscita a chiudere in pareggio. Rio probabilmente ha sancito il declino economico del Brasile in via definitiva.
Negli ultimi trenta anni solo Los Angeles è riuscita a guadagnarci qualcosa, e a Pechino sono stati i soldi del regime comunista, che ha investito nella visibilità internazionale, a tenere in piedi la baracca, altrimenti in grave passivo.
L’Italia di oggi, mi spiace dirlo, non è in grado di reggere un evento del genere. Non lo possono fare le nostre casse disastrate, con un debito pubblico ai limiti del tollerabile, né le nostre istituzioni, divise e senza un progetto chiaro.
Non possiamo farlo noi cittadini romani, già alla presa con le emergenze quotidiane e impossibilitati a tollerare anche anni e anni di lavori in corso.
Né le esperienze recenti, ad esempio Italia ’90 o i Mondiali di nuoto del 2009, ci rinfrancano sulla capacità della nostra classe dirigente di portare a termine il compito affidatogli, senza pastette e con un minimo di efficienza.
Mi piange il cuore, perché vedere le Olimpiadi a Roma è un sogno che avrei voluto vivere, e non credo che avrò un’altra possibilità.
Però oggi, anche se con il cuore che mi duole, devo ammettere a me stesso che questo sogno non può realizzarsi, che Roma e l’Italia non possono ospitare le Olimpiadi, che dobbiamo pensare a progetti più vicini, più utili, più giusti.