Per gli anziani genitori, o amici di ex-giovani irriducibili, che si stiano chiedendo cosa sia questo Pokemon Go, suggerisco di non perdere tanto tempo.
Gli aficionados, a richiesta di spiegazioni, vi tedieranno con spiegazioni infinite su mostri, allenatori, poteri, evoluzioni, location, insomma tutti tecnicismi che non servono a capire, ma solo a confondere. In fondo Pokemon Go è il Godzilla dei giorni nostri, un mostro radioattivo nato dall’incrocio di molte bestie che alla fine del suo sviluppo evolutivo è venuto in mezzo alle nostre città per abbattere i grattacieli con la sua coda lucertolosa.
I giapponesi, che si sa non amano tanto gli animali, perché o li mangiano (e li mangiano TUTTI) oppure li tengono chissà dove dato che in dieci giorni tra Tokio e Kyodo non ho visto neanche UN cane o un gatto. E allora come fanno a stimolare l’istinto materno/paterno degli adolescenti? Si sono inventati il tamagochi, ve lo ricordate? Un animaletto virtuale che dovevi far mangiare, dormire, carezzare, come un cane insomma, e come un cane se non gli davi da mangiare prima o poi schiattava.
A questo punto, visto che la cosa funzionava, sono arrivati i Pokemon e i loro emuli. Non schiattano, però evolvono, diventano bestiole con poteri allucinanti che servono per vincere in giochi di carte di cui è impossibile capire le regole se non si è in possesso di doti divinatorie. Ma finora i Pokemon erano su un tabellone, su delle carte, all’interno di un video game.
Ora invece sono in giro. Perché grazie alle capacità di calcolo dei cellulari odierni, e della rete GPS, è possibile simulare la presenza di questi animaletti ovunque, ovviamente guardandoli attraverso lo schermo del cellulare, perché, amici, vi svelerò un segreto: i Pokemon NON esistono veramente!
Che poi, anche qui i giapponesi hanno copiato un giochino popolarissimo, il Geocatching. Anche nel Geocatching si usava la localizzazione per andare a trovare in giro dei messaggi, dei piccoli oggetti, nascosti da altri appassionati, un po’ una specie di caccia al tesoro più elaborata e con il supporto della tecnologia. Mi fermo qua.
Sono anziano, ricordo quando la caccia al tesoro si faceva nel parco, tutti insieme, si sudava, ci si inseguiva e poi si finiva a pane e nutella e coca cola. Adesso ci aspettano moltitudini di coglioni con un cellulare in mano per catturare il rarissimo Pokegnegnegne. Darwin aveva ragione, per fortuna.