Riceviamo e pubblichiamo*:
Bruno Vespa ha fatto il suo mestiere, almeno ci ha provato, portando a “Porta a Porta” un figlio di Totò Riina.
Apriti cielo! L’ “Antimafia Devozionale”, come con incomparabile acume e puntualità la chiama Vitiello, è insorta, ha gridato allo scandalo, alla memoria oltraggiata delle vittime. Non datemi del razzista se dico che ciò non mi sorprende affatto.
La dichiarazione più cretina in assoluto, ed anche la più coerente con le tradizioni della Santa Inquisizione, l’ha data un Tizio, credo, purtroppo, un Parlamentare, che ha detto: “questo non è giornalismo. Vespa non ha raccolto nemmeno un segno di pentimento”.
Come è da attendersi in tali occasioni, è emersa l’esistenza, la funzione e l’utilità della Commissione Parlamentare Antimafia. E l’intelligenza, benché non pari alla bellezza, della sua Presidente Rosy Bindi. Che, per qualificare l’insania del gesto di Vespa e per sintetizzarne implicazioni e pericoli, ha preso a prestito un termine che ha fatto un po’ della storia di altri ed opposti, tra loro, fanatismi: “negazionismo”. Questa presentazione al pubblico di un Riina, ancorché solo figlio, con le sembianze false ed artefatte di un essere umano, è una temibile e subdola forma di negazione dell’esistenza della Mafia, come razza, morbosità, entità al di là della umana percettibilità, che è e deve restare nell’immagine che ne è stata costruita dalla demonologia ortodossa (di cui la Bindi sente di dover essere custode).
Il “negazionismo”, si sa, è quella espressione, allo stesso tempo cretina ed arrogante, dei “nazisti per originalità” (ma non solo) secondo cui i sei milioni di Ebrei sterminati non è vero che siano stati uccisi. Sono, magari, andati a nascondersi per consentire la diffamazione di Hitler e dei suoi. A questa delirante negazione della ragione (prima che dei fatti) si è aggiunta, purtroppo, la pretesa di considerare reato tale “negazione”. Come se l’uso della ragione potesse esse imposta per legge e per legge potesse essere negata e repressa l’incapacità di ragionare.
Può darsi che la leggiadra signorina, anche per riaffermare l’utilità della Commissione da lei presieduta, colga l’occasione per proporre un’ulteriore amplificazione alla legislazione antimafia. che so, magari un 416 quater: “Chiunque in presenza di una o più persone nega l’esistenza della mafia nel presente o anche nel passato o ne mette in discussione i caratteri specifici così come risultante da numerose sentenze nonché dai verbali delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia attendibili, o ne afferma la mancanza o considerevole perdita di pericolosità, ne mette in discussione i legami con esponenti dei Servizi Segreti italiani e stranieri, le trattative con lo Stato ed il potere da essa esercitato su una parte consistente della classe politica, è punito con la reclusione non inferiore ad anni dodici. La pena è aumentata se i fatti sono commessi con il mezzo della stampa o di altre forme mediatiche etc. etc.”.
Scherziamo? Non c’è mica tanto da scherzare. Certo qualcosa bisognerà fare se, perché magari ad iniziativa di qualche volenteroso giovane giurista “impegnato nel sociale” e, magari, come tale andato a rappresentare il Popolo Italiano in Parlamento, una simile proposta o altra, anche più “significativa” potrà essere effettivamente presentata.
Che fare? Come rispondere ad una simile iniziativa? Proporre, affermare, dimostrare che “chiunque proponga l’introduzione del reato di negazionismo della Mafia” (così come preconizzato da questo vecchio matto o in modo analogo o equivalente) ,,, è punito? Ci mancherebbe altro!
… “E’ uno stronzo”.
Scusate, ancora una volta il mio senile turpiloquio. Invoco lo stato di necessità.
Mauro Mellini
*L’intervista a Riina junior, nel corso della trasmissione televisiva Porta a Porta, ha dato luogo a un dibattito sulla libertà d’espressione. Un diritto al quale mi sono sempre appellato, riconoscendolo anche a chi di diversa opinione rispetto la mia.
Libertà d’espressione, è quella dell’Avvocato Mellini, che analizza secondo il suo punto di vista i fatti accaduti ieri. Libertà d’espressione, e rispetto per quella altrui, è quella mia nell’aver scritto la mia modesta opinione e nell’aver pubblicato quella dell’Avvocato Mellini.
Detto questo, mi permetto di dissentire dall’articolo dell’Avvocato, in merito ad alcuni punti.
Bruno Vespa, a mio modesto parere, non ha fatto il suo mestiere. Non lo ha fatto non perché ha intervistato il figlio di un boss, semplicemente per il fatto che lo ha intervistato nel momento in cui lo stesso pubblicava un libro elogiando la figura paterna che, è necessario ricordare, è rappresentata da un uomo che innegabilmente ha le mani sporche del sangue di innocenti.
Non lo ha fatto, nel momento in cui, per quello che – più che un’intervista – chiamerei il lancio pubblicitario di un libro, è stato speso denaro pubblico e non quello del conduttore.
La mia apertura mentale in materia di libertà d’opinione, si spinge a tal punto che non osteggerei neppure la nascita di un giornale di Cosa Nostra, a due condizioni: la prima, che si sappia la provenienza della “qualità” dell’informazione; la seconda, che non benefici di denaro pubblico.
La libertà d’opinione, è un diritto che, in quanto tale, se portato all’estremo va a scapito dei diritti altrui, come quello di ogni cittadino che potrebbe pretendere, a buon titolo, di non dovere pagare di tasca propria quelli che considera programmi offensivi o indecorosi.
Anche i diritti, hanno dei limiti etici che non possono permettere che vengano disgiunti dalle responsabilità morali.
Non entro nel merito del cattivo gusto nel narrare momenti importanti e dolorosi, quali furono le stragi del ’92, ricordando come quello che è ritenuto il mandante, trascorresse le nottate con il figlio a guardare tranquillamente la tv, mangiando biscotti preparati per l’occasione.
Se si fosse trattato dell’Intervista a Riina Senior o ad altri soggetti, non avrei avuto nulla da obiettare. Io stesso in passato intervistai l’Avvocato Rosalba Di Gregorio, difensore di molti boss di Cosa Nostra, tra i quali Provenzano.
La intervistai in occasione della pubblicazione di un suo libro, dal titolo “Dalla parte sbagliata’”, nel quale raccontava i depistaggi sulle indagini per la strage di via D’Amelio. Il libro scritto da una seria professionista e non l’elogio a un boss.
La stessa Avv. Di Gregorio, in quella circostanza, si meravigliò del fatto che io, notoriamente vicino ai familiari delle vittime di mafia, fossi interessato a scrivere del suo libro.
La verità, non ha colore nè parte… purchè di verità si tratti… e in quel caso, si trattava di verità…
A questo aggiungo che non godo di finanziamenti, né pubblici né privati, e questo mi rende un uomo libero di esprimere la mia opinione e di rispettare quella di altri – che hanno il mio stesso diritto – pubblicando la loro.
Gian J. Morici
Risponde l’Avvocato Mellini:
Carissimo Morici,
ha fatto benissimo a pubblicare la sua chiosa al mio articolo sulla “Valle dei Templi.”
E’ accaduto, nella orribile confusione in cui sono costretto a dibattermi in questi giorni, che ho scritto quel pezzo ignorando che il passaggio di un figlio di Totò Riina a Porta a Porta avvenisse in occasione dell’uscita di un suo libro sul padre. Comportamento assai poco professionale, si direbbe, se fossi un professionista.
Questo, in effetti, cambia tutto o quasi, a parte l’effetto pubblicitario del libro.
Ritengo, per il resto, che conoscere la “vita privata”, familiare, di certe icone della malvagità serva non ad “umanizzare la “malvagità”, ma a renderla più incombente, ricordandoci che appartiene ad altri esseri umani.
Hitler che gioca con il cane ed altri consimili “quadri” di vita familiare, rendono tutta l’umanità partecipe in qualche modo degli orrori di certi personaggi. Impedire che certe figure diventino delle semplici astratte metafore del delitto, che invece appaiano come il “delinquente della porta accanto”, è un modo -a mio avviso- di cogliere il male che c’è anche in ciascuno di noi.
Mi dirà che, libro o non libro, questo non è Vespa che sappia e voglia evidenziarlo.
Aggiungo, poi, che, se può essere una solenne baggianata l’affermazione che Vespa “ha fatto il suo mestiere”, è anche vero, però, che certi ben noti commentatori hanno fatto il loro come se, anziché quella del libro, un’altra qualsiasi fosse la ragione di quella presenza in tv.
Nessuno di loro sembra aver mostrato interesse per il “come si vive accanto ad un assassino”.
Devo anche dire che anni fa rimasi fortemente e malamente colpito dalla bagarre di tutta l’Antimafia, sollevatasi per il fatto che la bambina di Totò Riina, scolara di scuola media, era stata eletta dai compagni “rappresentante di classe”. Elezione annullata per “mafiosità” (sic!!) Come volle, tra gli altri, la Boccassini.
Me ne vergognai: era quella l’“imbecillità della porta accanto”, la crudeltà retorica verso una adolescente, una espressione di autentico razzismo.
Forse anche io sono diventato un po’ “razzista” con la mia intollerabilità verso tutta l’antimafia”…..
La ringrazio assai e la saluto affettuosamente.
8 aprile 2016
Mauro Mellini
Caro Avvocato Mellini,
non posso che condividere e far mie le sue osservazioni su una certa “antimafia”, pronta a sterili e retoriche dichiarazioni, che nulla aggiungono a un dibattito che non si è voluto far nascere.
Riguardo l“Antimafia Devozionale”, che insorge e grida allo scandalo ad ogni piè sospinto, farebbe bene a recitare un mea culpa, vista la coerenza di taluni soggetti – come lei meglio di me ha saputo più volte evidenziare – che hanno utilizzato la loro presunta, in verità assai presunta, antimafiosità, a proprio vantaggio, nonostante una condotta di vita che spesso avrebbe dovuto portarli ad essere inseriti in una di quelle liste di proscrizione agli stessi tanto care.
Riguardo alle sua affermazione in merito al fatto che Vespa “ha fatto il suo mestiere”, non mi permetterei e non mi permetto di definirla una “baggianata”, ma soltanto una diversa opinione rispetto la mia.
Sulla funzione e l’utilità della Commissione Parlamentare Antimafia, mi permetta di stendere un velo pietoso e trincerarmi dietro un “no comment”, visto che se esprimessi la mia opinione, dovrei poi rivolgermi a lei per chiederle di volermi assistere in giudizio…
Nel ringraziarla per le sue puntuali e argute osservazioni, che mi onoro di poter pubblicare, ricambio affettuosamente i saluti.
Gian J. Morici