Che un figlio possa scrivere del padre, è un diritto che non può essere negato. Personalmente avrei fatto una scelta diversa. Anche quella di un editore, nel pubblicare un libro, è una scelta personale. Io non l’avrei fatto.
Quella che non è stata una scelta personale, è la decisione presa dai vertici della Rai di mandare in onda l’intervista al figlio di Totò Riina, nella trasmissione Porta a Porta, in occasione dell’uscita del suo libro.
Non è personale, perché fatta con denaro pubblico. Con soldi tolti dalle tasche anche dei familiari delle vittime del padre di Salvatore Riina junior, conosciuto anche come “Totò u curtu” o con il nomignolo de “la Bestia”.
Il figlio del boss, Salvatore Riina junior, nel corso dell’intervista condotta da Bruno Vespa, riferendosi alle stragi di Capaci e via D’Amelio, nelle quali trovarono la morte i Giudici Falcone e Borsellino, con gli uomini delle loro scorte, ha affermato di non voler rispondere perché ha rispetto per i morti. Per tutti i morti.
No, signor Riina junior, questo rispetto lei non lo ha mostrato né per i morti e neppure per i vivi.
Salvatore Riina junior racconta di suo padre, del suo eroe. Di quel mito che mentre si preparavano le stragi che avrebbero insanguinato la Sicilia, trascorreva con lui intere nottate davanti al televisore a seguire il Moro di Venezia gareggiare nell’America’s Cup.
Padre e figlio, sul divano, con i piedi su due sedie, a mo’ di poggiapiedi, a guardare la tv e mangiar biscotti…
Un bel quadretto familiare. Una scelta personale che manifesta solo il cattivo gusto del figlio del boss. Ma pur sempre una scelta personale che non ci riguarda.
Possiamo però dire altrettanto per un servizio pubblico pagato con i soldi dei cittadini? Si può permettere al signor Vespa e ai vertici della Rai di sponsorizzare il figlio di Totò Riina, pubblicizzandone l’uscita del libro? Lo si può permettere facendo pagare milioni di cittadini onesti e i familiari delle stesse vittime di “Totò u curtu”, di Totò “la Bestia”?
Se il novello Dante Alighieri, nella sua opera omnia, come fece il sommo poeta, avesse messo anche l’Inferno e il Purgatorio e non il solo Paradiso, forse, si poteva accettare, non senza un certo disgusto per una tv che da spazzatura si è trasformata in tv cloaca.
La scelta di scrivere del Paradiso, quello suo e di suo padre, scartando l’Inferno, vissuto dai familiari delle vittime, e il Purgatorio imposto a una regione, a una nazione, presentando l’opera di cotanto blasonato autore nella tv di stato (di proposito scritto minuscolo), va condannata senza alcun tentennamento.
Condannata come condannati all’ergastolo sono stati il padre dell’autore del libro e il fratello. Condannata così come condannato a 8 anni e 10 mesi per associazione mafiosa, è stato lo stesso Salvatore Riina junior, oggi letterato e, chissà, magari futuro Premio Nobel per la letteratura…
Potremmo già iniziare a proporre il suo libro affinchè la mafia diventi materia scolastica. Del resto, neppure l’Onorata Società è più la stessa. Cosa sono tutti questi pentiti? E un domani, i colletti bianchi, quel terzo livello della mafia, e una parte della stessa antimafia oggi sempre più sporca di fango, dove troveranno la bassa manovalanza che ha permesso loro di vivere, crescere ed arricchirsi in danno di milioni di persone oneste e perbene?
“C’è un confine tracciato col sangue tra il mondo del figlio di Totò Riina e il mondo dei figli delle vittime di mafia”, scrive su Facebook Emilia Dalla Chiesa.
Un confine che vogliamo segnare riprendendo dal social network alcune testimonianze dei familiari delle vittime dell’ “eroe”, in reazione alla scelta da parte della Rai di pubblicizzare l’elogio a quest’ultimo:
“Bruno Vespa – scrive Nico Miraglia – questa sera sta sputando in faccia a tutti i familiari delle vittime innocenti di mafia.”
“E questo è il libro da leggere…altro che figlio di Totò u curtu…” – scrive Angela Ogliastro commentando l’immagine di un libro sul Generale Dalla Chiesa.
“Porta a Porta? Cos’è, un programma sulla raccolta differenziata? – ironizza Giuseppe Ciminnisi frenando il moto di rabbia e la nausea che lo assale.
“Provo solo pena per certa gente – commenta Milly Giaccone – perchè non sa davvero cosa è l’amore fra un genitore ed un figlio. Io sono privilegiata, come figlia e come genitore.
“E giustamente, dopo i Casamonica, poteva mancare sotto i riflettori il figlio di Riina? Ma che razza di paese è diventato il nostro?” – si chiede Fabrizio Famà.
Una domanda alla quale sembra rispondere Ferdinando Domè: “perché è palese che la mafia si è fatto “stato”. Io non ci sto! Non ci sto, per chi ogni giorno mette a repentaglio la propria vita, o chi l’ha sacrificata, per rendere questo paese libero”.
“Da vittima della mafia dico che sono contenta che non mi invitano (riferendosi alle trasmissioni Rai – ndr), almeno non siamo uguali…” – scrive Dorotea Mondo.
Commenti e post invadono i social network. Soltanto a volerli riprendere, ci sarebbe da scrivere più di un libro. Ma la Rai di Vespa, pubblicizzerebbe mai un libro che narra del sangue e del dolore seminato a piene mani da” Totò u curtu”?
Gian J. Morici