Bruno Contrada, ex funzionario del Sisde, nel 1996 fu condannato ad una pena di dieci anni per concorso esterno in associazione di tipo mafioso.
La controversa vicenda, passata attraverso ricorsi con esiti diversi, arrivò infine alla Corte di Cassazione che confermò in via definitiva la condanna riportata in primo grado.
Contrada finì dunque con lo scontare la sua pena, non rinunciando però a far valere le proprie ragioni in altre sedi, tanto da rivolgersi, tramite il proprio legale di fiducia, l’avvocato Giuseppe Lipera, rivolgersi alla Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo, che stabilì che nel caso Contrada c’era stata la violazione di quanto dettato dalla Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo, visto che l’imputato era stato condannato per “concorso esterno in associazione mafiosa”, un reato non previsto da nessuna legge del Parlamento italiano e che secondo il principio “nullum crimen, nulla poena sine praevia lege poenali”, recepito e conclamato dall’art. 7 della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo, avrebbe dovuto avere come conseguenza l’assoluzione dell’ex funzionario del Sisde.
A seguito di questa ultima sentenza, Contrada aveva chiesto la revisione del processo.
Una richiesta respinta dalla Corte d’Appello di Caltanissetta, che ha ritenuto legittima la condanna inflitta all’ex numero tre del Sisde, in quanto il reato di concorso esterno era già previsto e conosciuto ai tempi cui si riferiscono le contestazioni mosse.
Una conclusione diametralmente opposta a quella alla quale erano arrivati i giudici della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) .
Della vicenda, l’avvocato difensore di Contrada ha voluto investire direttamente il Presidente della Repubblica, evidenziando come la decisione della Corte nissena potrebbe esporre il’Italia al rischio di sanzioni.
“Esimio Presidente – scrive l’Avv. Lipera nella sua lettera al Presidente della Repubblica – ritengo doveroso inviare alla S.V., quale Capo dello Stato nonché quale Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, copia delle motivazioni (depositate un mese dopo la scadenza del termine di novanta giorni) della sentenza emessa in data 18/11/2015 dalla Corte d’Appello di Caltanissetta, Prima Sezione Penale, che ha rigettato l’istanza di revisione proposta dal noto Dott. Bruno Contrada.
Mi preme portare la E.V. a conoscenza di detto provvedimento – continua Lipera – poiché la Corte territoriale, contravvenendo all’impegno assunto dal nostro Paese di conformarsi alle decisioni della Corte Europea, ha inopinatamente deciso di non recepire il preciso dictat fornito dalla nota sentenza C.E.D.U. del 14/4/2015 la quale, pronunciandosi proprio sullo stesso caso Contrada, ebbe già a dichiarare come il medesimo non andava condannato perché fino al 1994 (anno della sentenza “Demitry”) nel nostro ordinamento non era in alcun modo configurabile il reato di concorso esterno in associazione mafiosa.
La Corte d’Appello di Caltanissetta, giungendo ad affermare che: “Niente ha creato la sentenza Demitry…il fondamento legale del concorso esterno in associazione si rinviene pacificamente negli artt. 110 e 416 bis c.p” (sent. n. 924/15 del 18/11/2015, depositata il 17/3/2016), non si è in alcun modo uniformata al principio di diritto espresso dalla CEDU, la cui pronuncia, seppur impugnata dallo Stato Italiano, è stata peraltro confermata dalla Grande Camera.
Tale incomprensibile ed opinabile presa di posizione della Corte nissena – conclude il legale di Contrada – potrà, altresì, esporre il nostro Paese all’inutile rischio di incorrere in sanzioni per palese violazione dell’art. 46 della Convenzione, secondo cui “Le Alte Parti contraenti si impegnano a conformarsi alle sentenze definitive della Corte sulle controversie nelle quali sono parti”.