
Si riparla della telefonata Crocetta-Tutino. Quella che la Procura di Palermo, con fulminea e, poi, graduata” dichiarazione, dichiarò, che “non è agli atti” “non è stata intercettata”, “non c’è mai stata”, salvando così la vita di Crocetta, che aveva deciso di suicidarsi, ma poi, convinto di non averla fatta, ha continuato a “rimpastare” la sua Giunta ed a mandare in rovina (più di quanto già non lo sia) la Sicilia.
Le modalità della smentita del Procuratore Lo Voi (all’epoca in bilico per un ricorso contro la sua nomina a capo della Procura palermitana), la conoscenza dell’andazzo delle intercettazioni a valanga, specie per la cosiddetta lotta alla mafia, il fatto che quando tutti intercettano tutti è difficile che qualcuno, ed in particolare proprio i responsabili delle Procure, possa considerarsi “attendibile” quando, specialmente se lo fa troppo presto ed in favore di chi non sia uno già condannato allo sputtanamento mediatico, nega che ci sia una intercettazione ed addirittura che ci sia stata una telefonata, hanno reso scettico non solo me, ma molti che hanno fatto finta di non esserlo, sul candore delle conversazioni del Presidente “rivoluzionario” della disgraziata Regione con il bravissimo ed un po’ arrogante chirurgo plastico, specialista, del resto, in certe operazioni chiamate, non so perché, proprio di “sbianchettamento” o qualcosa del genere.
Il salvataggio di Crocetta dal (forse millantato) suicidio ha coinciso con una brusca frenata del Partito Democratico che sembrava aver “preso la palla al balzo” per far fuori l’oramai scomodo e screditatissimo Presidente, frenata imposta dall’esigenza di evitare ad ogni costo di consentire al corpo elettorale furente contro gli intrallazzi crocettiani ed il conclamato dissesto della Regione, di esprimersi con un voto, facilmente prevedibile come rovinoso non solo per Crocetta, ma, forse ancora di più, per il P.D. e per lo stessi Renzi.
Oggi il P.D. ritiene di aver tamponato le falle siciliane imbarcando i “Cuffariani”, il cui affluire sul carro renziano, approfittando, tra l’altro, della pausa di riflessione circa il suicidio assicurata a Crocetta dalla prontezza un po’ ottimistica del Procuratore. Nel frattempo sono stati realizzati (e demoliti) non so quanti “rimpasti” della Giunta e della Maggiroanza ed il disastro della bancarotta della Regione è divenuto ancor più grave, ma anche più “abituale”.
Così la telefonata che non c’era si è riaffacciata. Non ufficialmente. Ma il giornalista dell’Espresso che ne aveva scritto (in toni, sembra, meno crudi di quelli risultanti dalla versione stampata e dai titoli) non sembra disposto a fare la parte del capro espiatorio, ed ha ripreso a giurare che la telefonata c’è, o, almeno, c’era, che i Carabinieri ne propalarono il testo etc. etc.
Non credo che la questione tornerà a campeggiare nelle cronache politico-giudiziarie come allora. Ma sembra evidente che, se qualcuno vorrà far passare l’autore di quello scoop per un visionario ed un bugiardone, rischierà di far emergere quello che in troppi hanno interesse che non venga a galla.
Se è vero (e pochi si azzardano a smentirlo) che tutti intercettano tutti, se si arriva ad accettare, come sembra stia avvenendo in questi giorni, che quell’intercettazione era tra quelle “tramandate per tradizione orale” nell’ambiente giudiziario, che di essa “ne parlavano i Carabinieri”, Crocetta farà benissimo ad evitare di suicidarsi, ma gli altri, anche quelli che lo hanno “salvato” faranno bene a non pretendere la pelle di chi ha pubblicato quella notizia. Poi, chi sa, qualcuno troverà che l’intercettazione potrebbero averla fatta gli Americani.
E tanti saluti.
Mauro Mellini